lunedì, dicembre 08, 2014

LA METAMORFOSI DEL MALE

La metamorfosi del male
di William Brent Bell
con AJ Cook, Brian Scott O Connor
Usa, 2013
genere, horror
durata, 89'

Nella storia del cinema più recente ed in particolare in quella riguardante  il genere horror non c'è dubbio che il film di John Landis "Un lupo mannaro americano a Londra" rappresenti una sorta di pietra miliare per quando riguarda le storie di licantropia, sottogenere mai passato di moda - basti pensare ad un mainstream come "The Wolfman" con Benicio Del Toro, datato 2010 ma anche ad un BMovie come "Licantropia Evolution" diventato poi una trilogia- e che proprio questa settimana trova spazio sui nostri schermi con un film, "La metamorfosi del male", che fin dal titolo, allusivo ma generico, la dice lunga sulla sua volontà di mischiare le carte del genere in questione con soluzioni formali e stilistiche che pescano da più parti, non sempre necessariamente legate al cinema di riferimento. Un tentativo, quello del regista William Brent Bell, effettuato nell'ambito di una logica produttiva indipendente e low budget, e per questo più propensa a minare, un pò per gioco un pò per necessità, l'ortodossia del celebre filone.



Una destabilizzazione che inizia con la scelta della location in cui la storia si dipana, come quella di Landis europea, anche se in questo caso francese, e che poi continua con la struttura di un racconto che, dopo il prologo di sangue necessario a creare incipit e atmosfere, si trasforma -nella parte centrale- in un thriller legale, per assecondare i talenti di Kate Moore, avvocato americano incaricato di difendere dalla grinfie della giustizia Talan Gwynek, il presunto colpevole. Per non dire di un realismo ricercato a tutti i costi e realizzato mettendo insieme telecamera a mano, luci naturali e una certa rozzezza visiva derivata dalla volontà di trasformare la fiction in documento. Le citazioni si sprecano (da "Blair Witch Project" a "The Silence of the Lamb") cosi come le sottotrame, usate come espediente per creare la sensazione di un pantheon emotivo altrimenti ridotto al monologo tra la bella (Kate) e la bestia (Talan). A corto di effetti speciali, scarsamenti efficaci speciaimente per quanto riguarda la mutazione fisiognomica della creatura, "La metamorfosi del male" è debole proprio laddove non vorrebbe esserlo, e cioè in una naturalità che appare forzata tanto nell'assemblaggio del pot pourri citazionistico che in quello della progressione narrativa, costretta a subire  incongruenze come quella che costringe Francia e Stati Uniti ad un'alleanza - quella tra l'avvocato e la polizia- giustificata esclusivamente dal fatto che "La metamorfosi del male" è una produzione a stelle e strisce. Paura e tensione escono quasi subito dal film per lasciare il posto a routine e prevediblità.

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