I
sodalizi umano-artistici, in specie nel mondo dello spettacolo, attirano sempre
su di loro un'attenzione particolare poiché - al di la' della ovvia esposizione
che una società centrata sulla comunicazione concede o, per altri versi, impone
ai contraenti del rapporto - offrono, sovradimensionata (vale a dire, dilatata nelle
possibilità; appetibile nell'indeterminatezza delle gratificazioni; maliarda
nel fascino sfuggente), l'illusione che un legame non meramente materiale possa
davvero durare nel tempo. Al netto di, con ogni probabilità, inevitabili
generalizzazioni e del valore marginale da attribuire ad una prossimità fugace,
e' indubbio che, nell'ambito della serie d'incontri con il pubblico organizzata
dalla presente edizione del Film Festival romano e nell'occasione moderata dal
direttore artistico Monda, il caso rappresentato dal duo Joel Coen e Frances
McDormand brighi a favore del consolidamento della predetta illusione.
Conosciutisi
ai tempi della selezione del cast del film d'esordio di Joel (e del fratello
Ethan), "Blood simple" (1984) e riunitisi in coppia e quindi in un
nuovo nucleo familiare, più o meno, all'indomani dell'apparizione di
"Fargo", (1996), Frances e Joel sembrano, al tempo, completarsi ed
elidersi a vicenda, e non necessariamente solo per l'aspetto. Alto con
occhiali, riccioli bruni e un calibrato abbigliamento casual, per Joel; minuta,
una gestualità più evidente, corti capelli chiari e una morbida mise scura per
Frances - detta Fran - Apparenze che convivono, di fatto, con un Joel
palesemente introverso e un po' a disagio; dal fraseggio staccato e un tanto
mugugnante di chi magari vorrebbe trovarsi altrove e una Fran sorridente,
briosa, più loquace e disposta a dilungarsi. L'aplomb intellettuale dell'uno e
il vitalismo un po' impulsivo dell'altra, detto altrimenti, si sfiorano e si
distanziano spesso durante la conversazione inframmezzata da scene tratte,
diciamo così, dall'archivio di famiglia (i già ricordati "Blood
simple" e "Fargo", come pure brevi sequenze da "Miller's
crossing", 1990; "The man who wasn't there", 2001 e "Burn
after reading", 2008). Joel, in particolare, pur dicendosi, ad esempio,
disposto ad ammettere l'importanza della figura di Fran (e di almeno altri
quattro attori di peso utilizzati nel prodursi della filmografia sua e del
fratello) al momento d'immaginare e tratteggiare un certo tipo di personaggio,
ribadisce d'altro canto l'unicità del rapporto - sempre dialettico, peraltro -
con Ethan per ciò che attiene l'ideazione delle storie.
Fran ricorda, altresì,
con trasporto, le proprie trascorse esperienze teatrali e conferma il ruolo
decisivo giocato da un film come "Fargo" (nonostante il trascurabile
cruccio di vedersi sovente identificata con la poliziotta pasticciona Marge,
centro motore delle vicende narrate), piccolo spartiacque tanto professionale
quanto personale. Illustra, quindi, la sua passione per Anna Magnani, mentre
Joel non esita a scegliere tra le proprie interpretazioni preferite della
compagna quella costruita per la serie televisiva "Olive Kitteridge",
unica, a suo dire, per la perfetta commistione di senso dell'umorismo e
intensità passionale. Di rimando, Fran afferma che il suo film speciale diretto
da Joel e' "Inside Llewyn Davis", 2013, sorta, a suo parere, di
distillato di un intero Cinema (inteso come quello della ditta Coen), nel caso,
ritratto amarissimo ma onesto di un uomo di talento che il mondo sembra
rifiutare senza darsi troppa pena. Entrambi, infine, apprezzano "La storia
di Qiu Ju", 1992, di Zhang Yimou, visto insieme e ricordato per il lavoro
sul colore e il rigore espressivo dell'insieme.
Chiusura
degna, si potrebbe pensare, per una coppia non ascrivibile al cosiddetto star
system. A riprova, proprio il riservato Joel offre, in uno dei suoi non
numerosi interventi, un aneddoto al tempo divertente e illuminante: alle
perplessità avanzate dal divo Brad Pitt riguardo il suo ruolo da idiota
sorridente in "Burn after reading", Joel (ed Ethan) avrebbero
risposto senza batter ciglio: "Non preoccuparti. Puoi farcela".
TFK
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