L’attesa
di
Piero Messina
con Juliette Binoche, Lou de Laâge, Giorgio Colangeli
Italia, Francia, 2015
genere, drammatico
durata, 100'
Tra le tante
contestazioni rivolte al nostro cinema una delle più ricorrenti è quella che ne
sottolinea l’incapacità di cogliere l’essenza del paesaggio circostante, il più
delle volte presente nei film come semplice fondale o, ancora peggio, ricognito
nei suoi aspetti più scontati e risaputi. Fa quindi piacere constatare come,
accanto alla persistenza dell’antico difetto, rimarcato soprattutto nelle tante
commedie che imperversano nelle sale, ci sia ancora spazio per una visione
d’autore che, al contrario, fa dell’Italia e del suo territorio il punto di
partenza per un cinema di ricerca e di scoperta. Una tendenza che nell’ultimo
scorcio di stagione ha ricevuto nuovi stimoli grazie ai film di Pietro
Marcello, regista di “Bella e perduta” presentato a Locarno e speriamo presto
nelle nostre sale e poi, provenienti dal concorso ufficiale della 72 edizione
del festival di Venezia, da quelli
di Lucio Gaudino (Per amor vostro) e di Piero Messina (L’attesa) che, pur nelle
riconosciute diversità hanno fatto dell’universo in cui sono ambientate
qualcosa di più di un semplice riferimento topografico. Riferendoci a
“L’attesa” per esempio, capita che, accanto al formarsi del legame che unisce
la madre e la fidanzata del ragazzo di cui entrambe aspettano il ritorno, si
faccia strada la rappresentazione di un sentimento che corrisponde in tutto e
per tutto all’anima stessa della Trinacria, la terra dove si svolge la vicenda;
una peculiarità che trova, soprattutto nella centralità della villa posta sulle
pendici dell’Etna - emblema di quel senso di famiglia da cui, nel film cosi
come nella cultura siciliana, tutto nasce e ritorna - le radici più ancestrali
della sua riconoscibilità. Lungi dall’essere disgiunta, questa doppia valenza
non rimane una semplice dichiarazione d’intenti ma si concretizza nella
capacità delle immagini di farla diventare la materia del narrato; che, non per
nulla si muove su un doppio livello di percezione, in parte reale, in parte
immaginata, e poi di significati, continuamente in bilico tra la vita e la
morte.
Così, partendo dall'incontro delle due protagoniste e stabilendo come
unica certezza quell’attesa che progressivamente diventa la modalità con cui
Anna (Juliette Binoche) e Jeanne (Lou de Laâge) scelgono di allontanare il
momento in cui dovranno guardare in faccia alla verità e quindi alle ragioni
che impediscono al ragazzo di tornare, il film allenta le maglie narrative per
accogliere allusioni e rimandi che amplificano la risonanza del dato psichico;
pensiamo, a proposito di misteri, alla valenza cristologica stabilita dalla
simmetria tra l'immagine iniziale del volto della donna che si avvicina ai
piedi del crocifisso
con quella collocata subito prima dei riti pasquali, in cui il personaggio
della Binoche chiude il cerchio con il disagio della sua condizione ricorrendo
alle parole di uno struggente de profundis.
Oppure, ai fotogrammi riferiti a particolari della vita più minuta che fanno corrispondere l’epifania di un gesto al passaggio di un’emozione , oppure un angolo di casa e gli oggetti che l’arredano al ricordo della persona a cui quelle cose sono legate. Da vedere più che da raccontare, Messina realizza un film che può contare sull’indispensabile presenza di Juliette Binoche, letteralmente trasfigurata nel dolore di Anna e brava a tal punto da far sembrare normale l’ottima prova della giovane collega. Rispetto all’accoglienza ricevuta all’anteprima veneziana “L’attesa” è un esordio che avrebbe meritato miglior sorte critica e almeno un premio all’attrice francese.
Oppure, ai fotogrammi riferiti a particolari della vita più minuta che fanno corrispondere l’epifania di un gesto al passaggio di un’emozione , oppure un angolo di casa e gli oggetti che l’arredano al ricordo della persona a cui quelle cose sono legate. Da vedere più che da raccontare, Messina realizza un film che può contare sull’indispensabile presenza di Juliette Binoche, letteralmente trasfigurata nel dolore di Anna e brava a tal punto da far sembrare normale l’ottima prova della giovane collega. Rispetto all’accoglienza ricevuta all’anteprima veneziana “L’attesa” è un esordio che avrebbe meritato miglior sorte critica e almeno un premio all’attrice francese.
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