Nausicaa della Valle del vento
di Hayao Miyazaki
Giappone 1984
genere, animazione
durata, 117'
"... e fra loro Nausicaa braccio bianco il canto
intonava...
con le ninfe, con le figlie di Zeus egioco, abitatrici dei
campi
scherzano... lei più alto di tutte leva il capo e la fronte,
e si distingue assai bene".
- Omero, "Odissea" -
Sul sentiero ben tracciato della lungimiranza della Lucky
Red, volta alla riproposizione ad intervalli più o meno regolari dell'opera di
Miyazaki Hayao (da segnalare, inoltre, in relativa concomitanza, la
pubblicazione su DVD di buona parte del catalogo dell'autore nipponico),
incontriamo oggi - e nelle sale per soli tre giorni, il 5, 6, 7 ottobre
prossimi - "Nausicaa della Valle del vento", lungometraggio datato
1984, opera seconda e lavoro apripista - di li' ad un anno - per i fasti a
venire dell'arcinoto Studio Ghibli.
Trasfuso da vicende e personaggi appartenenti ad un manga
realizzato a partire dal 1982 dallo stesso Miyazaki e portato a termine oltre
un decennio dopo lungo linee di riflessione improntate ad un più amaro
scetticismo; coacervo di suggestioni disparate in cerca di superiore
composizione a cavallo tra reminiscenze classiche ed echi d'una antica
tradizione letteraria, "Nausicaa", il film, prodotto, ed e'
indicativo rilevarlo, dall'altro, elusivo, genius loci del Ghibli, Takahata
Isao, comincia con quella che può essere considerata una dichiarazione di
poetica tanto semplice quanto esplicita, espressa per il tramite di uno dei
suoi elementi fondativi e ricorrenti in grado di percorrere in lungo e in largo
una carriera pluridecennale fino al suo (apparente ?) epilogo, vecchio, oramai,
quest'ultimo, già di un anno: il turbinio del vento. "In principio era il
vento', si potrebbe cioè affermare, e seguendo l'inerzia di questo mutevole
confine di per se' inafferrabile e soggetto a continue perturbazioni (come
anche capriccioso e irriverente, tale da spingersi nel suo gioco assoluto a
lasciare addirittura intuire le nudità della protagonista), provare a cercare e
ad isolare ricorrenze (le mascherine dei piloti, per dire, scimmiottano qui,
anticipandolo, il grugno suino di "Porco Rosso"), analogie,
ingenuità, slanci, ossessioni, di un uomo (e di un Cinema) che, al di la' di
qualunque giudizio contingente - questo, in primis - sin dall'inizio s'è
mostrato persuaso del fatto che la fantasia non fosse solo un tentativo sovente
disperato di evasione - ossia, per quanto sublime, una forma di rassegnazione,
di resa - nei confronti della cosiddetta realtà ma, al contrario, quanto essa
spiccasse per l'insana sua impertinenza di porsi come osservatorio privilegiato
dal quale stilare resoconti inediti - e, si badi, non necessariamente benevoli
o tranquillizzanti - di essa, allo scopo di arricchirne la consapevolezza
negl'individui e, per certi versi, di conseguenza, migliorarla nel suo insieme.
In tale contesto, la figura di Nausicaa, giovane Principessa
di un piccolo regno incuneato tra i monti (in evidente conformità con la tipica
orografia insulare del sol levante), miracolosamente messo al riparo da una
provvidenziale brezza avversa ai miasmi che avvelenano, oltre mille anni dopo i
terribili "Sette giorni di Fuoco" (catastrofe con ogni probabilità
scaturita da un conflitto su scala globale), ciò che resta di un pianeta
morente, la Terra (qui chiamata ancora, tra nostalgia e afflizione, "Madre
Terra"), stupidamente retrocessa dagli uomini superstiti in lotta per una
supremazia tutta congetturale ad organismo inerte, inabile a rinnovarsi e quindi,
ancora e di nuovo, guardata nell'ottica di un'ennesima e suicida prospettiva di
sottomissione, si staglia da subito nella dimensione di un prototipo
umano/superumano (Nausicaa, nel caso, incarna ignara le fattezze di un
messianico avvento, un insperato fenomeno futuro) con gli anni variamente
sbozzato e via via definito dalla mano del Nostro entro il calco di successive
approssimazioni, a comporre, idealmente, le sembianze di un'indole costante
nelle sue diverse personificazioni, tanto eroica quanto, nel suo trasporto e
nelle sue contraddizioni, paradossalmente, terrena. Parliamo, in sintesi, di
giovani o giovanissime donne (mentre, in filigrana e per quanto in modo rozzo,
avviciniamo l'universo interiore dell'uomo/artista Miyazaki) a volte
splendidamente in bilico fra testardaggine e una abnegazione tutta femminile;
tra empatia ed intraprendenza ("Non avere paura"; "Non uccidere
ancora", ripete più volte l'avveduta ragazzina); tra comprensione e
fermezza, improntitudine e precoce lungimiranza. Parliamo di persone, altresì,
sempre e comunque curiose del mondo perché ad esso unite dal legame
privilegiato e primigenio della Vita intesa come premura per la stessa;
coraggiose e temerarie al limite dell'imprudenza o sull'orlo del sacrificio
personale: come che sia capaci di compassione e aperte all'Altro per amor di
conoscenza e per istinto.
Nessuno stupore, perciò, se Nausicaa palesa, al modo di
un'impronta genetica, caratteri che all'occhio complice del successivo
magistero miyazakiano risultano piacevolmente familiari, costituendo il primo
tassello psicologico di una lunga copia di coscienze - alcune volte chiamate
dal proprio lignaggio o da un marchio anomalo del destino; talaltre quasi
trascinate nel cuore di avventure che si muovono in alternanza tra il passo
meditato dell'itinerario intimo e la cadenza energica dell'incedere picaresco -
segnate magari da un'infanzia stranita da ombre dolorose (in tale interludio
per l'appunto non così fatato, Nausicaa sperimenta la durezza degli adulti e
matura il suo vincolo psichico con gli Ohmu giganteschi insetti-custodi
fraintesi nel loro proteggere, rendendolo possibile, il nuovo corso biologico
del pianeta) le quali, a loro volta, plasmano individui scissi tra un idealismo
intransigente e un contrastato desiderio di ambire ad un posto consono nel
mondo. In particolare, colpisce nel film, per chiarezza d'intenti e lucidità
della loro messa-in-opera, la sensibilità fuori dal comune della
Principessa-bambina, votata corpo e anima alla causa prima della comunione
armonica tra esseri viventi. Nausicaa, infatti, più di tutti i suoi pari
sapiens, sente (più che comprende) le forze ricostituenti della Natura
concepita eminentemente come Physis/Corpo Vivente; avverte lo scorrere
dell'acqua/linfa nuova negli alberi della Foresta Sotterranea; percepisce lo
sforzo curativo delle pseudo-nematoidi/appendici dorate degli Ohmu al momento
di avvolgerla e sondarla: tutto in un raro esempio di prossimità - pressoché
priva di attrito - tra organismi senzienti, un portato della quale sono, in un
delicato frangente, timide lacrime di gioia, a testimonianza di quell'animismo
totale sotterraneamente profuso dall'uomo di Tokio nel proprio lavoro (e di cui
avevamo già fatto cenno altrove) e che, al suo sommo grado, ventila il
raggiungimento di un equilibrio duraturo e salvifico in un leale scambio
reciproco uomo-ambiente; svela la trama segreta (nei fatti, spesso e volentieri
negletta) di un'identità condivisa dagli esseri che e' prima di tutto fisica
(quindi fragile, cioè da accudire, cioè già, nella sua essenza, di valenza
spirituale), quell'impercettibile filo rosso (anima mundi ?) che dischiude il
senso nascosto di una metonimia primaria legando doppio l'Uomo al Mondo, Parte
viva di un Tutto vivo. Su direttrici di base tracciate a formare uno schema siffatto,
assume allora un altro aspetto anche il sotteso tema ecologista, nel senso che,
almeno ai suoi prodromi, esso non implica in via esclusiva l'adozione di un
punto di vista (e, a seguire, di una prassi) meramente conservativo (a ben
vedere, spesso e più in generale, non esente da quell'ottimismo della volontà
più consolatorio che efficace) bensì un atteggiamento, una terza via, diciamo
così, più sofferta ma radicale, situabile in posizione tangenziale tra il
predetto afflato finalizzato ad una ricomposizione a lungo termine dello iato
Uomo/Natura e un impulso, misto di consapevolezza, fatalismo e accettazione,
che punta con una qual fiducia - anzi, disponendosi quasi ad una grata
aspettazione - su un'eventuale palingenesi naturale rigenerativa ("La
razza umana potrebbe anche sparire dalla faccia della Terra", avverte la
Somma Anziana - fisiognomica senile che ha già qualcosa, tanto per rimanere
alle somiglianze anticipate, della Yubaba de "La città incantata" - )
volta ad assecondare le spinte anche distruttrici tese a sostituire un ordo
rerum agonizzante (sommovimenti vieppiù sollecitati dalle esalazioni tossiche
delle spore spongiforme del "Mare Marcio") con uno come costretto a
nascere dalla decomposizione del primo.
Ciò che sorprende davvero, in ogni caso, ed ancor oggi, ad
oltre trent'anni di distanza, continuando a diffondere il fascino di una
pressoché intatta meraviglia, e' la relativa facilita', spontaneità, misura,
con cui argomenti complicati (di certo ambivalenti) che vanno dal già detto
scrupolo ecologista, al respiro sordo ma costante di una Fine sempre imminente
o, e non appaia un controsenso, persino accaduta diverse volte al punto da
sedimentare - una sconfitta dopo l'altra, verrebbe da aggiungere - grumi neri
di se' nell'animo di ognuno; dalla diffidente o perlomeno cauta interazione con
la Tecnica, alla presa d'atto che un rapporto lucido con la Natura non può
pretendere di risolversi in idillio; dai tormenti di una giovinezza talmente in
anticipo nel suo volgersi in problematica età adulta da non rimare quasi mai
con spensieratezza, ad una maturazione individuale che al termine del
superamento di prove impegnative non di rado offre come ricompensa una
variegata rosa di rinunce, si sposano ad una competenza artigianale, ad un
ventaglio di scelte stilistiche, ad un microcosmo di forme in continua
effervescenza, che di rado (ed a costi privati, come poi abbiamo appreso, non
indifferenti) ha protratto il suo sforzo di perfettibilità su una linea
temporale così lunga. In altre parole, al di la' di certi schematismi
narrativi, di alcune rigidità comportamentali e - qua e la'- di una
impercettibile macchinosità nella progressione dell'animazione (e per ciò che
attiene l'edizione italiana, di talune, in apparenza ineliminabili, pesantezze
lessicali), resta senza dubbio stupefacente in "Nausicaa" il connubio
ottenuto da Miyazaki tra grazia e pignoleria; ricerca sistematica del dettaglio
(anche scientifico) e squarci di puro lirismo cromatico e leggerezza di tratto
(nel paesaggio: più deciso nel registro realistico, a privilegiare il pastello
in quello onirico/sentimentale; nell'impalpabilità ialina dei cieli tersi;
nell'opulenza compatta dei prati vergini; nel nitore denso delle distese
desertiche; nei particolari degl'ingranaggi; negli stupori o nelle tristezze
appena accennate); la capacita' di far coesistere creature e oggetti diversi
per origine e foggia in una sorta di felice e creativo anacronismo di gusto
steampunk: gli enormi Ohmu, super tarli corazzati (anche loro a preconizzare o
ad affiancare tanto le mega-larve pensanti di "Starship Troopers",
quanto l'incombenza monumentale delle misteriose creature di "Dune")
e i bastioni blandamente fortificati di piccoli villaggi simil-medievali; gli
abiti e le armature in stile cavalleresco e i velivoli da battaglia che sfidano
di pura stazza la gravita'. Come pure scampoli di tecnologia avveniristica (i
motori che alimentano le macchine volanti) a far da contraltare a reperti di
archeologia industriale (gli schioppi a colpo singolo; i cingolati da guerra mondiale).
E su tutto, ancora una volta, il vento (insieme alla malinconia anch'essa
evoluente delle partiture di Joe Hisaishi - qui agli inizi della collaborazione
con Miyazaki -) e la magia inesauribile del volo (il proto-aliante/ala volante
di Nausicaa come cugino meccanico
del pellicano/pterodattilo arzachiano dell'amico Moebius), amore mai sfiorito
di Hayao e corollario all'altrettanto infinito desiderio, infantile e
ineffabile, di racchiudere per qualche istante, in un rapido colpo d'occhio, il
vago orizzonte dell'immaginabile, prima che la Terra chiami di nuovo a se' per
ridefinire e imporre, come sempre, pazientemente, i limiti del possibile.
TFK
1 commento:
E' uno dei miei film preferiti dello Studio Ghibli e, non poteva essere altrimenti, di Hayao Miyazaki.
Spero di poterlo andare a vedere mercoledì al cinema, perchè dopo "La principessa Mononoke", "Si alza il vento" e "Quando c'era Marnie" sarebbe il mio quarto film targato Ghibli visto al cinema (in attesa di "Una tomba per le lucciole", a novembre).
Bellissimo film!
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