lunedì, ottobre 03, 2016

INDIVISIBILI

Indivisibili
di Edoardo De Angelis,
con Angela Fontana, Marianna Fontana, Antonia Truppo
Italia, 2016 
genere, drammatico
durata, 100' 


Viola e Dasy sono due gemelle siamesi che cantano ai matrimoni e alle feste e, grazie alle loro esibizioni, danno da vivere a tutta la famiglia. Le cose vanno bene fino a quando non scoprono di potersi dividere. Il loro sogno, di una delle due in particolare, è raggiungere la normalità nella vita quotidiana: mangiare un gelato, viaggiare, ballare, bere vino senza temere che l'altra si ubriachi e avere rapporti sessuali. In "Indivisibili", più che una pulsione emotiva, il motore ed elemento decisivo della storia è una separazione, una lacerazione: fra due corpi, ma anche fra due anime, fra il bambino e l’adulto, fra l’indipendenza economica e decisionale e il legame viscerale con la famiglia. Il regista, che già ai tempi di "Mozzarella Stories" si era distinto per la cura delle immagini, qui sembra essersi addentrato, più che nel cuore, direttamente nella pancia e nei fianchi innaturalmente uniti di Viola e Dasy, di cui ha immortalato addirittura il respiro. Affidandosi, certo, anche al talento delle protagoniste, quasi sconosciute, De Angelis ha raccontato il legame gemellare, simbiosi incomprensibile per chi non la vive e perciò difficilmente narrabile. In effetti, forse, lo ha ammantato un po' troppo di una dolcezza tipicamente femminile, di forza di volontà e di bellezza, sconfinando nel romantico. Il film è una favola realistica: anche i genitori delle due gemelle sono persone vere, umili e ferite, che compiono scelte anomale, come restare a vivere in una villetta triste e disadorna, piena, però, dei più avanguardisti elettrodomestici esistenti. In fondo, per loro è rassicurante restare ancorati alle proprie radici piuttosto che andare a Los Angeles, come, invece, sognano di fare le gemelle. Edoardo De Angelis, come le ragazze, è animato dalla curiosità per mondi nuovi: cerca di spingersi altrove e ci riesce. Ma poi torna rapidamente a stilemi che gli sono più familiari.
Riccardo Supino

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