Assassin’s Creed
di Justin Kurzel
Michael Fassbender, Marion Cotillard, Brendan Gleason, Charlotte Rampling
Francia, USA, 2017
genere, azione, avventura, storico,fantascienza
durata, 116'
Secondo molti mass mediologi cinema e videogiochi sono destinati nel prossimo futuro a incontrarsi in una sintesi sempre più completa di forma e contenuto. Prendendo per buone queste teorie che peraltro non avremmo ne il tempo ne la competenza per affrontare si può affermare che fin qui il suddetto connubio, almeno in termini di incassi, non abbia prodotto i risultati sperati: valgano per tutti l’esempio proposto dal dittico tratto dalla serie di “Tomb Raider”, rimasto al palo senza aver messo a frutto le potenzialità di un Angelina Jolie al massimo della fama e, per tirare in causa un titolo di stagione, quello offertoci dal pur buono “Warcraft: l’inizio” che soprattutto sul territorio americano ha rastrellato un bottino (poco più di 47 milioni di dollari) di molto inferiore ai soldi necessari alla sua realizzazione. Questo per dire che sulla carta la decisione di Michael Fassbender di produrre e intepretare la versione cinematografica del videogame “Assassin’s Creed” presentava non poche incognite.
L’idea del nostro però era tutt’altro che peregrina perché a margine di un film che sulla carta doveva replicare l’intrattenimento totalizzante tipico dei lungometraggi dedicati ai super eroi, “Assassin’s Creed” presentava un cast tecnico e attoriale imperniato su artisti per la maggior parte provenienti dal cinema d’autore. A leggere il cast infatti i nomi di Marion Cotillard, Jeremy Irons, Brendan Gleason, Charlotte Rampling e dello stesso Fassbender (che però era stato Magneto nella saga degli X-Men) tutto viene in mente tranne il mondo portentoso e ultra dinamico dei personaggi della Marvel e della DC Comics.
La curiosità nei riguardi del lungometraggio diretto da Justin Kurzel (dopo “Macbeth” nuovamente regista della coppia Fassbender/Cotillard) stava quindi nel capire se l’unione tra universi cinematografici così distanti potesse funzionare. Si trattava cioè di verificare se esisteva un punto di contatto tra la performance di attori abituati a far “vivere” i personaggi attraverso il talento della propria recitazione e l’allestimento in salsa techno fantasy della Santa Inquisizione, chiamata in causa dalla trama del film quando si tratta di giustificare la lotta che vede gli assassini del credo impegnati a fermare i propositi della setta dei templari capeggiata da un mefistofelico Jeremy Irons dalla figlia Marion Cotillard in versione dark lady, determinati con il resto dei loro accoliti a impossessarsi dei codici che gli permetterebbero di avere il mondo ai loro piedi.
Nella considerazione della netta prevalenza degli elementi formali su quelli drammaturgico narrativi, la prestanza fisica di Fassbender così come il carisma degli illustri colleghi riescono a dare sostanza a un’operazione che, ove si faccia eccezione per una parte finale condizionata dalla necessità di costruire un finale aperto a una possibile trilogia, si mantiene per ritmo e tensione all’altezza delle aspettative. Se non si sbagliano i termini di paragone che, per una produzione come “Assassin’s Creed”, devono essere quelli di una serie come quella interpretata da Milla Jonovich, ciò che si vede sullo schermo vale di certo il prezzo del biglietto.
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