Suburbicon
di George Clooney
con Matt Damon, Julian Moore, Noah Jupe, Oscar Isaac
USA, 2017
genere, commedia
durata, 105'
Inizialmente era una sceneggiatura rimasta nel “cassetto” dei fratelli Coen, poi, grazie all’intervento dello specialista Grant Heslov a cui si deve lo spostamento dell’ambientazione negli anni 50 e l’aggiunta dell’appendice relativa ai subbugli razziali che fanno da sfondo alle vicenda principale, è diventata “Suburbicon”, quarta fatica regista del divo Clooney, il quale, non smentendo la sua fama di sostenitore delle forze democratiche del paese ne approfitta per mettere in scena una vicenda piena di rabbia e di risentimento che sembra fare il verso ai sentimenti prodotti in una parte della nazione dalla politica di Donald Trump.
In effetti Clooney attraverso la cittadina che da il titolo al film sembra voler riprodurre ciò che succede su larga scala nel resto della nazione. L’escalation di sangue e di violenza scaturito dall’uccisione della moglie di Matt Damon e dalle mire della sorella (un’imbacuccata Julian Moore) che fa di tutto per sostituirla dentro - e fuori - dalla camera da letto del di lei marito, altro non sono che la metafora di una comunità incapace di andare d’accordo anche all’interno del proprio nucleo famigliare, e che se non fosse per la speranza riposta nelle nuove generazioni (e quindi nel figlioletto della ex coppia) sarebbe destinata a non aver alcun futuro.
Se il debito nei confronti dei Coen è visibile nel tono surreale e grottesco nel quale il regista cala i suoi personaggi così come nella tendenza a fare il verso al cinema hollywoodiano degli anni d’oro, smascherandone la capacità di trasfigurare in maniera idilliaca le contraddizioni insite nella società del tempo, “”Suburbicon” colpisce per la precisione con il quale tratteggia la contemporaneità americana, restituendone tic ed umori, cosi come la spietata matematica del suo darwnismo sociale. Senza dimenticare la caratterizzazione dei personaggi, sulla cui maschera riesce a far risaltare tutte le deformazioni della loro malata psicologia.
Carlo Cerofolini
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