Identificazione di una mostra: la 69 edizione del festival di Venezia lontano dagli schermi - 9 giornata
C’è un cinema che bisogna andare a cercare ed un altro che puoi trovare dovunque. Da una parta Brillante Mendoza ed una coppia di registi belga americana, dall’altra Robert Redford, icona incontrastata del cinema liberal. Un accostamento di stili e di punti di vista come può accadere solo ad un festival del cinema. Basti pensare che se i primi due sono frequentatori abituali di questi appuntamenti per Redford quella di ieri a Venezia è stata una novità assoluta. L’occasione è stata la presentazione fuori concorso del suo ultimo film di cui è anche interprete oltre che regista dal titolo “The Company You Keep” thriller politico in cui c’è un ex militante del movimento pacifista radicale Weather Underground attivo negli anni della guerra in Vietnam boicottata con proteste ed attentati non sempre incruenti, organizzati per dissentire contro l'intervento americano in quei territori. Nel film Redford interpreta un componente di quel gruppo costretto a scappare per evitare il rischio di essere arrestato dalle autorità che hanno riaperto un caso di omicidio in cui è coinvolto il movimento. Sulle sue tracce anche un giovane giornalista (Shia le Bouf) in cerca di scoop. Riproponendo il confronto tra gli ideali della vecchia generazioni e le ambizioni delle nuove leve Redford continua il passaggio di consegne tra chi come lui vede il cinema come strumento di conoscenza ed una serie di giovani virgulti che aspirano a seguirne le orme gridando al miracolo per l’opportunità di poter lavorare accanto ad un uomo di tale carisma. Ancora in formissima nonostante abbia da passato da tempo i settanta Redford non ha perso il suo piglio di autore impegnato a parlare non solo di cinema ma anche di politica ripresa nel passaggio in cui afferma che Obama rappresenta per l’America l’unica possibilità di cambiamento al contrario del candidato repubblicano arroccato nella difesa dei privilegi dei più forti. Un modo di fare colloquiale ma per niente arrendevole che l’inossidabile mascella e lo sguardo di seducente intelligenza sono ancora qui a ricordarci.
C’è un cinema che bisogna andare a cercare ed un altro che puoi trovare dovunque. Da una parta Brillante Mendoza ed una coppia di registi belga americana, dall’altra Robert Redford, icona incontrastata del cinema liberal. Un accostamento di stili e di punti di vista come può accadere solo ad un festival del cinema. Basti pensare che se i primi due sono frequentatori abituali di questi appuntamenti per Redford quella di ieri a Venezia è stata una novità assoluta. L’occasione è stata la presentazione fuori concorso del suo ultimo film di cui è anche interprete oltre che regista dal titolo “The Company You Keep” thriller politico in cui c’è un ex militante del movimento pacifista radicale Weather Underground attivo negli anni della guerra in Vietnam boicottata con proteste ed attentati non sempre incruenti, organizzati per dissentire contro l'intervento americano in quei territori. Nel film Redford interpreta un componente di quel gruppo costretto a scappare per evitare il rischio di essere arrestato dalle autorità che hanno riaperto un caso di omicidio in cui è coinvolto il movimento. Sulle sue tracce anche un giovane giornalista (Shia le Bouf) in cerca di scoop. Riproponendo il confronto tra gli ideali della vecchia generazioni e le ambizioni delle nuove leve Redford continua il passaggio di consegne tra chi come lui vede il cinema come strumento di conoscenza ed una serie di giovani virgulti che aspirano a seguirne le orme gridando al miracolo per l’opportunità di poter lavorare accanto ad un uomo di tale carisma. Ancora in formissima nonostante abbia da passato da tempo i settanta Redford non ha perso il suo piglio di autore impegnato a parlare non solo di cinema ma anche di politica ripresa nel passaggio in cui afferma che Obama rappresenta per l’America l’unica possibilità di cambiamento al contrario del candidato repubblicano arroccato nella difesa dei privilegi dei più forti. Un modo di fare colloquiale ma per niente arrendevole che l’inossidabile mascella e lo sguardo di seducente intelligenza sono ancora qui a ricordarci.
Si
tutto altra pasta è invece il regista filippino Brillante Mendoza unico
esponente di un movimento cinematografico invisibile e di un paese che
conosciamo unicamente per la colonia di domestici e badanti che lavorano
nel nostro paese. Ma al contrario di quello che si potrebbe pensare
Mendoza non fa nulla per rendere le cose più facili producendo opere di
difficile fruizione, costruite sull’assenza di ritmo ed il più delle
volte senza una continuità narrativa. Un modo di fare che
non gli ha fatto mai mancare l’appoggio dei festival ma che gli ha
alienato il favore della stampa nostrana che alla vigilia della
proiezione del suo film, “The Womb”, ha sbandierato a destra ed a manca un'avversione che avrebbe portato molti di loro a saltare l'appuntamento. Una catastrofe mediatica in parte ridimensionata dopo
la visione del film accolto da alcuni con favorevole stupore e
frettolosi ripensamenti, giustificati in parte dal fatto che questa
volta il regista è riuscito a coinvolgere con la storia di una levatrice
sterile alla ricerca di un utero in grado di dare un figlio al proprio marito
(la religione musulmana ammette la bigamia). Apprendiamo che il nucleo
di finzione è frammentato con inserti documentaristici ed etnografici, e
che nonostante questa caratteristica sia piaciuto molto al pubblico che
ha riempito le sale. Intanto a Roma in occasione dell’uscita nelle sale
del precedente film di Mendoza, “Captive”, il primo presentato in Italia, ci sarà una rassegna sul regista dove si avrà modo di recuperare l’opera omnia in grado di fare giustizia su quanto è stato detto a proposito del regista. Per quanto ci riguarda consigliamo vivamente “Kinatay”, un film strano ma bello. Tra cinema, pittura (fiamminga) e video arte si muove invece l’altro film del concorso “La cinquième saison”di Peter Brosens e Jessica Woodworth
, favola nera che mette al bando lo sviluppo narrativo a favore di una
materia apprezzabile a livello sensoriale e dal punto di vista estetico.
C’è chi l’ha amato e chi invece l’ha detestato. Il classico film da
prendere o lasciare.
Abbiamo parlato di:
The Company you keep (Usa 2012)
di Robert Redford
con Robert Redford, Shia LeBouf, Susan Sarandon
Weather Underground
Weather Underground
The Womb (Filippine 2012)
di Brillante Mendoza
Badanti filippine
Badanti filippine
La cinquieme saison
di Peter Brosens e Jessica Woodworth
1 commento:
Al netto della possibilità, in fin dei conti "anagrafica", che Redford giri un film "datato", viene il sospetto che, oggi come oggi, con i Weatherman da due soldi che ci ritroviamo, ci tocca riflettere sul serio su cosa ci siamo persi per strada, su tutto quello che abbiamo barattato senza nemmeno scomporci troppo.
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