Miss Julie
di Liv Ulmann
con Jessica Chastain, Colin Farrell, Samantha Morton
Norvegia, Gran Bretagna, 2014
genere, drammatico
durata,
di Liv Ulmann
con Jessica Chastain, Colin Farrell, Samantha Morton
Norvegia, Gran Bretagna, 2014
genere, drammatico
durata,
Con Miss Julie Liv Ullmann, ultima musa di Ingmar Bergman, indossa per
la sesta volta i panni della regista per creare un film forte di quel sapore
intimistico e introspettivo tanto caro alla produzione del cineasta svedese.
Dopo La notte del piacere del 1951 di Alf Sjoberg, vincitore del Grand Prix al Festival di Cannes, e Miss Julie diretto nel 1999 da Mike
Figgis, l’omonima opera di Liv Ullmann è la terza trasposizione per il grande
schermo della pièce teatrale firmata
da August Strindberg, che nel 1888 gettò scandalo e scompiglio nella ben
ordinata e conformista società del tempo.
La signorina Julie,
figlia venticinquenne di un barone inglese (l’ormai onnipresente Jessica Chastain)
seduce e travia Jean (Colin Farrell), il fidato valletto del padre, sottraendolo
alle attenzioni della compagna Kristin (Samantha Morton), la cuoca di casa.
La storia è una di quelle
vicende universali e sovratemporali trasversalmente presente in ogni cultura e
società. Se si potrebbe malignamente osservare che il gioco di seduzione che
lega la capricciosa e annoiata ragazza al serio e responsabile uomo maturo, non
è certo nuovo al genere di storie che affollano la narrativa occidentale, bisogna
riconoscere come sia invece proprio questa presenza tematica a costituire uno
dei pregi dell’opera. L’ eterno gioco delle parti, calato qui nella querelle amorosa fra Jean e Julie, consente,
attraverso l’analisi della ricezione dell’opera da parte di pubblico e critica,
di evidenziare i tic e i feticismi della società cui essa si presenta. In
questo senso è antropologicamente interessante notare come al momento del suo
esordio l’opera di Sjoberg sia stata interpretata come un tentativo di minare le
fondamenta di una società classista fermamente convinta dell’invalicabile distanza
di popolo e nobiltà, mentre ora la critica americana si sia spesa in letture
più o meno originali di una perversa vicenda di dominanza sessuale che la
giovane attuerebbe nei confronti del malcapitato valletto.
Lo sguardo della Ulmann
alla complessità dell’animo umano è forte e originale, nella misura in cui la
decisa presenza di monologhi e scambi di battute – quasi sticomitie –, è
rafforzata dall’assenza di intervalli registici, che rendono necessaria una concentrazione
costante da parte del pubblico.
L’ horror vacui narrativo si estende anche all’assetto fotografico e
scenografico dell’opera, dominata da una fotografia fredda e analitica, come da
un impianto scenico ricco ed estremamente caratterizzato.
In perfetta armonia
spazio-temporale, la vicenda si sviluppa nell’arco di una sera di mezza estate,
la notte di S. Giovanni, nella cucina della villa e negli ambienti limitrofi,
contribuendo così a convogliare l’attenzione sulla creazione di personaggi
riccamente definiti e caratterizzati, costruiti l’uno sulle mancanze dell’altro:
mentre Kristin è ferma, senza sfumature, chiara nelle sue convinzioni circa la
classe di appartenenza; Jean è inquieto, alla ricerca di risposte che spera di
ottenere dalla figlia del padrone.
In una crescente climax
che condurrà all’ineluttabile tragedia, la storia si muove nella direzione di
uno svelamento dalla maschera, in cui ogni cosa si scopre essere il suo
contrario, tanto che, come la ferrea
arroganza della giovane è l’abito di una profonda fragilità, così, alla fedeltà
agli oneri del valletto subentrerà un’inarrestabile curiosità verso il
proibito.
Sotto più aspetti Miss Julie strizza l’occhiolino – senza riuscire
ovviamente a reggere il confronto – a Barry
Lindon. Se entrambe le opere sono forti di una preesistente sceneggiatura ben
strutturata, la fotografia si articola spesso sulla ricostruzione di famosi
quadri sette-ottocenteschi – se per Kubrick è ormai pleonastico ricordare le
citazioni di Constable, Fussli, Hogart e molti altri –, salterà subito all’occhio
come la scena finale di Miss Julie
sia una trasposizione per il grande schermo dell’Ophelia di John Everett Millais.
Pur senza inneggiare al
capolavoro Miss Julie è un’ottima
pellicola, minata solamente dalla recitazione algida e troppo impostata della
Chastain, adatta al palcoscenico più che al grande schermo, e dalla povertà
espressiva di Farell, forse a disagio nei panni del valletto sottomesso.
Erica Belluzzi
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