Unfriended
di Levan Gabriadze
con Shelley Hennig, Renee Olstead, Will Peltz, Courtney Halverson.
Usa, 2014
genere, horror
durata, 84'
L'idea di ambientare un film intero davanti allo schermo del pc di un'adolescente – sorta di ipermoderno mockumentary (e sua naturale evoluzione?) – ben si sposa con le tematiche che vanno sviscerandosi nel corso della narrazione, che avviene tutta su skype.
Protagonisti sono cinque ragazzi che si videochiamano insieme a un ospite sconosciuto. La forza del film è tutta nei dialoghi, che vanno a costituire un impietoso ritratto della moderna società americana.
L'antefatto è il tragico – e tristemente verosimile – suicidio di una studentessa, Laura Barns, oppressa dai pettegolezzi, vittima della distruzione della propria integrità pubblica in quel meccanismo che ricrea nel microcosmo liceale una sorta di degenerata “cultura della vergogna”, sistema di valori che emula quello del mondo adulto da cui proviene, e dunque vede al proprio vertice i capisaldi della cultura americana liberista: la realizzazione personale individuale – in tutte le sue declinazioni – e la difesa della propria reputazione pubblica, incastonata in un claustrofobico conformismo dei costumi che per le donne rivela un sostrato di matrice religiosa, imponendo una non-ben-definita “morigeratezza sessuale”.
Durante l'anniversario della morte della loro amica, i protagonisti si trovano a dover fare i conti con un misterioso ospite, che pretende di essere lo spirito della ragazza ed è intenzionato a operare un sadico contrappasso verso i cinque, colpevoli di aver ceduto alla logica del branco e di essere stati quindi complici degli aguzzini, in quella “dittatura della maggioranza” che evidentemente non si applica solo al contesto politico.
Alla graduale escalation di tensione si unisce il progressivo disfacimento della cortina di ipocrisia che avvolge i ragazzi in quel contesto sociale intessuto di contraddizioni che è la scuola, dimensione collettiva che si perpetua attraverso la piazza virtuale, dove la privacy non esiste e l'ineluttabilità del raffronto con la propria immagine pubblica porta a conseguenze tremende.
Un film interessante che unisce una narrazione coinvolgente a un sapiente utilizzo degli strumenti multimediali in chiave horror, trattando tematiche che, forse, sarebbe stato meglio avessero la preminenza rispetto all'ingombrante elemento soprannaturale.
Michelangelo Franchini
di Levan Gabriadze
con Shelley Hennig, Renee Olstead, Will Peltz, Courtney Halverson.
Usa, 2014
genere, horror
durata, 84'
L'idea di ambientare un film intero davanti allo schermo del pc di un'adolescente – sorta di ipermoderno mockumentary (e sua naturale evoluzione?) – ben si sposa con le tematiche che vanno sviscerandosi nel corso della narrazione, che avviene tutta su skype.
Protagonisti sono cinque ragazzi che si videochiamano insieme a un ospite sconosciuto. La forza del film è tutta nei dialoghi, che vanno a costituire un impietoso ritratto della moderna società americana.
L'antefatto è il tragico – e tristemente verosimile – suicidio di una studentessa, Laura Barns, oppressa dai pettegolezzi, vittima della distruzione della propria integrità pubblica in quel meccanismo che ricrea nel microcosmo liceale una sorta di degenerata “cultura della vergogna”, sistema di valori che emula quello del mondo adulto da cui proviene, e dunque vede al proprio vertice i capisaldi della cultura americana liberista: la realizzazione personale individuale – in tutte le sue declinazioni – e la difesa della propria reputazione pubblica, incastonata in un claustrofobico conformismo dei costumi che per le donne rivela un sostrato di matrice religiosa, imponendo una non-ben-definita “morigeratezza sessuale”.
Durante l'anniversario della morte della loro amica, i protagonisti si trovano a dover fare i conti con un misterioso ospite, che pretende di essere lo spirito della ragazza ed è intenzionato a operare un sadico contrappasso verso i cinque, colpevoli di aver ceduto alla logica del branco e di essere stati quindi complici degli aguzzini, in quella “dittatura della maggioranza” che evidentemente non si applica solo al contesto politico.
Alla graduale escalation di tensione si unisce il progressivo disfacimento della cortina di ipocrisia che avvolge i ragazzi in quel contesto sociale intessuto di contraddizioni che è la scuola, dimensione collettiva che si perpetua attraverso la piazza virtuale, dove la privacy non esiste e l'ineluttabilità del raffronto con la propria immagine pubblica porta a conseguenze tremende.
Un film interessante che unisce una narrazione coinvolgente a un sapiente utilizzo degli strumenti multimediali in chiave horror, trattando tematiche che, forse, sarebbe stato meglio avessero la preminenza rispetto all'ingombrante elemento soprannaturale.
Michelangelo Franchini
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