Via dalla pazza folla
di Thomas Vinterberg
con Carey Mulligan, Matthias Schoenaerts, Michael Sheen
genere, drammatico
Uk, 2015
durata, 119'
Il maggior rischio di fare un film in costume, solitamente, risiede nel perdere di vista il confine, per quanto marcato sia, che separa il dramma "letterario" dal meno consistente formato dello sceneggiato televisivo. In tal caso, la cosa più strana è che una premessa del genere introduca il discorso circa il film di un autore come Thomas Vinterberg.
di Thomas Vinterberg
con Carey Mulligan, Matthias Schoenaerts, Michael Sheen
genere, drammatico
Uk, 2015
durata, 119'
Il maggior rischio di fare un film in costume, solitamente, risiede nel perdere di vista il confine, per quanto marcato sia, che separa il dramma "letterario" dal meno consistente formato dello sceneggiato televisivo. In tal caso, la cosa più strana è che una premessa del genere introduca il discorso circa il film di un autore come Thomas Vinterberg.
"Via dalla pazza folla",
in effetti, lascia spiazzati perché non solo è la conferma che il
regista danese abbia ormai dimenticato i postulati fondamentali che
componevano il "dogma 95" - lista sottoscritta anche da Von Trier;
quest'ultimo, per fortuna, sembra essersi scostato poco dagli intenti
dichiarati in data 13/03/1995 - ma che sia andato - per ragioni
sconosciute, vista la resa finale - in direzione esattamente opposta
all'assioma fissato vent'anni fa. Accade dunque che la melodia della
colonna sonora, melensa e pomposa nel tentare un trasporto emotivo, si
sostituisca completamente al suono prodotto dalle immagini; che la
fluidità di staedycam e carrelli subentrino alla percezione
iper-realista della camera a mano; che la pellicola in 35 mm venga
abbandonata in favore di un'immagine digitale eccessivamente lavorata in
fase di post-produzione - la sovrabbondanza di paesaggi (specie albe e
tramonti) per altro non è minimamente bilanciata rispetto all'economia
della narrazione -.
Verrebbe quasi da pensare
che il film sia una provocazione nell'eseguire all'opposto i dettami del
manuale, ma la drammaturgia carente - nonostante sia di un certo
interesse la dinamica narrativa posta come naturale estensione della
dinamica interna ai personaggi, facendo un vago cenno al "Le affinità
elettive" - rende la visione oltremodo stucchevole (complice il pessimo
doppiaggio italiano) e, al momento dei titoli di coda, l'unica cosa che
resta da fare è rimpiangere i tempi di "Festen".
Antonio Romagnoli
1 commento:
Comunque nessuna pecora è stata maltrattata durante la lavorazione del film
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