22 Luglio
di Paul Greengrass
con Anders Danielsen Lie, Jonas Strand Gravli, Jon Øigarden
Norvegia, Islanda 2018
genere, drammatico
durata, 143'
Ultimo della pattuglia di film Netflix inseriti in concorso e non, “22 Luglio” è destinato a non fare meno scalpore dei precedenti, se non altro per il fatto di raccontare a uno degli episodi più tragici della Storia norvegese, rifacendosi il regista Paul Greengrass all’uccisione di 77 persone da parte dall’estremista di destra Anders Breivik”, convinto che lo sterminio compiuto in un’isola di fronte a Oslo, residenza di un campo estivo per ragazzi ispirato a posizioni progressiste nei confronti delle politiche sull’immigrazione potesse costituire il punto di svolta per un cambio in senso restrittivo delle stesse. “Le scene del massacro” d'altronde sono luoghi cinematograficamente molto frequentati perché la visione di questo tipo di violenza - desunta dal quotidiano e impresa nella memoria collettiva della comunità -oltre a soddisfare il voyeurismo del pubblico funziona come catarsi rispetto alle notizie di attentati e stragi a cui ogni giorno si deve prestare orecchio. Greengrass poi è un vero e proprio specialista del genere in questione, avendo diretto “Bloody Sunday” (2002), “United 93”(2006) e “Captain Phillips - Attacco in mare aperto” (2013), nei quali la realtà veniva romanzata quel tanto che basta per trasformare la cronaca in fiction. Nella fattispecie la carneficina dell’isola di Utøya ricordava per obiettivo e modus operandi quelle messinscena il due film memorabili come “Polytechnique” di Denis Villeneuve e “Elephant “di Gus Van Sant,
Da questo punto di vista “22 July” rappresenta una variabile tanto ai capolavori degli autori appena citati che ai lungometraggi precedenti dello stesso regista . Greengrass infatti non solo rinuncia al taglio documentaristico (soprattutto alle sgranature fotografiche) e all’impazzita suddivisione del frame che avevano caratterizzato i suoi lavori più famosi a favore di una regia quasi classica che suddivide (altra novità) la storia in due momenti differenti. Se nei titoli elencati in questa recensione la narrazione terminava con il compiersi delle strage, “Luglio 22” prevede anche un momento successivo che è quello dell’elaborazione del lutto da parte dei sopravvissuti e dell’intera nazione attraverso il processo al colpevole. Una variabile non da poco quest’ultima poiché si trattava di far coesistere l’istintività del primo segmento di racconto, imperniato sulle caratteristiche tipiche del thriller e dell’action con la razionalità e i riti della giustizia proprie del legal drama. Detto che in quest’ultima sezione a stupire - anche in virtù degli opposti reazioni mostrate nei prodotti americani - è la compostezza delle parti lese che anche di fronte alla mostruosità delle azioni commesse dall'imputato non perdono mai di vista i principi costituzionali facendo di tutto pur di assicurare a Breivik un trattamento (in cella e nelle aule di tribunale) equo, una delle parti vincenti del film sta nella scelta di utilizzare attori locali, rinunciando - come spesso invece succede - a un cast internazionale monopolizzato dalla presenza di stelle del cinema hollywoodiano. Il risultato per Greerass è un film più normale e meno sperimentale dei precedenti che, però, riesce a coinvolgere il pubblico senza retorica, ne spettacolarizzazione tenendolo fino all’ultimo sospeso sulle sorti . In attesa di sapere cosa ne penseranno Del Toro e soci che tra due giorni ci faranno conoscere le loro scelto segnaliamo che da noi Luglio 22 dovrebbe essere visibile sulla nota piattaforma e non nelle sale dei cinema.
Carlo Cerofolini
(pubblicata su ondacinema.it)
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