Aggregatore di un pubblico sempre più eterogeneo e fautore di un cinema capace di intercettare le ansie e le paure della nostra società, il TOHorror Film Fest continua il suo percorso di crescita mantenendo salda il proprio spirito indipendente. Abbiamo incontrato Massimiliano Supporta, il direttore artistico
Alla fine di ogni festival una delle questioni più ricorrenti è quella della loro funzione. Il pensiero dominante è che oggigiorno questo tipo di manifestazione incida sempre di meno sul percorso di visibilità dei film che vi partecipano. Tu che uno di questi lo dirigi cosa ne pensi?
Detto che la fruizione del cinema è cambiata e quindi anche la sua visione non so dirti se i festival aiutino i film. Di sicuro rallentano la morte di quello che il cinema è stato fino ad ora, ovverosia una liturgia collettiva. Per varie ragioni la gente frequenta meno le sale cinematografiche per cui i festival permettono di ritornare, forse in una maniera un po’ nostalgica, a quella visione collettiva e al confronto su ciò che si è visto altrimenti impossibile quando si guarda un film sulle piattaforme e con lo streaming.
Anche in considerazione della congiuntura economica non certo favorevole e in rapporto a una città in cui il cinema è nato e che presenta un evento importante come il Torino Film Festival, quanto è difficile attirare su di sé l’attenzione delle istituzioni locali e degli sponsor? E sopratutto come si fa a portare avanti un festival e a farlo crescere come avete fatto voi? Vista da fuori sembra un’impresa.
Lo è! ed è la cosa che ci rende più orgogliosi di noi. Al di là dei contenuti quello che ci piace è riuscire a realizzare ciò che vogliamo e a farlo con le nostre forze. Noi siamo davvero una realtà indipendente e auto finanziata, qualche volta auto prodotta in una realtà in cui mantenere la propria autonomia ha per forza un prezzo. Le istituzioni fino ad ora non è che le abbiamo molto cercate. Iniziano ad accorgersi di noi, sanno chi siamo ma a Torino i soldi per la cultura indipendente è sempre stato molto difficile raccoglierli. Per adesso abbiamo riscosso l’attenzione di alcune istituzioni che diventano necessarie per fare un ulteriore salto di qualità.
Restando al presente mi sembra giusto fare i nomi degli attuali e coraggiosi contributori del TOHorror Film Fest.
Quest’anno abbiamo tre sponsor privati. La prima è una giovane libreria che tratta il fantastico e che si chiama Vecchi e nuovi mondi, poi abbiamo Veco un negozio di media e dischi e Tattoo Shop, un laboratorio di tatuaggi legato alla nostra “crociata” (ride). Il resto dei finanziamenti li prendiamo dai bandi di concorso dedicati ai festival e dal ricavato dei biglietti. Inoltre quest’anno abbiamo fatto un crowfunding che è la testimonianza di un finanziamento proveniente dal basso. Ciò che ricaviamo viene reinvestito nel festival perché chi vi lavora (per circa dieci mesi l’anno) lo fa su base volontaria.
Visto da fuori in base il programma sembrate un festival di molto superiore alle possibilità di cui mi hai appena parlato.
Questo è dovuto all’impegno delle persone che lo organizzano grazie alla quali riusciamo a competere con realtà più ricche e consolidate. Noi siamo la prova che certe cose si possono fare con professionalità e senza spendere cifre impressionanti.
Anche i grandi festival si sono aperti al cinema di genere, basti pensare alla vittoria a Venezia di un film come La Forma dell’acqua. Il TOHorror Film Fest, invece, ne fa da sempre il suo territorio prediletto, contribuendo in qualche modo a sdoganarlo. Qual è il tuo punto di vista rispetto a questo processo e come lo hai vissuto dall’interno del festival? A che punto siamo?
Anche io ho notato che il cinema di genere è venuto alla ribalta, superando la fase della “cantina” in cui era stato relegato negli anni passati. E’ una cosa piacevole e divertente. Certo c’è cinema di genere e cinema di genere. Il nostro interesse è sempre stato rivolto a opere che superassero il mero intrattenimento. Per noi è stato sempre l’occasione per cogliere le ferite o le storture della società che viviamo o che vivevano gli autori dell’opera. Quando è solamente una confezione dove il genere è solo un pretesto per proporre l’ennesimo blockbuster allora risulta un’occasione sprecata.
Ma vi siete accorti di questa crescente popolarità?
In realtà non saprei risponderti. Non penso che essendoci in circolazione più film di questo tipo spinga la gente a venire al nostro festival. E un collegamento che non mi convince poichè l’esperienza del festival richiede uno sforzo maggiore. Chi ci viene vive un’esperienza globale in cui la partecipazione continuativa prevede di ritrovarsi a vedere anche filmografie sconosciute, mentre di solito si sceglie un film in base al desiderio del momento. Non sono quindi sicuro che esista davvero questo rapporto di causa effetto.
Ad ogni appuntamento i festival rinnovano il patto con lo spettatore attraverso l’indicazione di sguardi e punti di vista inediti sulla realtà. Volevo chiedervi quale avete scelto per questa edizione e, ancora, come siete riusciti a coniugare la peculiarità dell’offerta con l’intento di parlare alla società intera e non solo a una parte di essa.
In effetti ogni volta proponiamo un tema su cui ruota l’intero programma. Quest’anno abbiamo scelto una figura archetipo come quella della strega, intesa non in senso negativo bensì con l’intenzione di farne la custode del femminino che esiste in ognuno di noi e di vederla come testimone e martire del femminino nei secoli. Mi riferisco alla secolare storia di persecuzioni, torture e segregazione subite dalle donne ma anche a vicende più recenti – come quelle accadute nell’ultimo anno – che abbiamo preso come spunto per la nostra riflessione. La presenza di una giuria tutta al femminile è stato invece un modo per omaggiare la controparte femminile ma anche per corrispondere a quanto sta accadendo nel cinema, mai come quest’anno contaminato – e per fortuna! – dallo sguardo femminile. Negli ultimi anni il contributo di registe nel cinema di genere è di molto cresciuto interrompendo il monopolio maschile.
Parlando di generi cinematografici sappiamo quanto sia difficile cristallizzarli in unica forma a causa delle continue contaminazioni a cui è sottoposto. Guardando il programma ho notato che questo accade anche da voi, nel senso che non c’è solo cinema horror. È cosi?
Si, è così. In realtà è da molti anni che abbiamo rivolto lo sguardo verso un cinema fantastico in genere, quindi non solo a quello horror. E poi, proprio in virtù della ricerca di contenuti e di riflessioni di cui dicevamo che ci permettiamo di contaminare il concorso e il fuori concorso con film non propriamente horror ma comunque conformi alle paure, alle fantasie e alle stranezze tipiche di quest’ultimo.
Nel cartellone di questa 18esima edizione a risaltare è il senso di completezza che derivata dall’eterogeneità di un’offerta che oltre a lungometraggi e corti prevede incontri con gli autori, master class ed eventi extra cinematografici. A parte l’anteprima di Climax di Gaspar Noè con cui concluderemo la nostra chiacchierata, mi diresti qual è il titolo o gli eventi da non perdere?
Fuori concorso abbiamo delle vere proprie esperienze visive a partire da Dog che sarà il film di chiusura cosi come Housewife il nuovo film di Can Evrenol, giovane regista turco divenuto di diritto con il precedente Baskin una delle più belle rivelazioni dell’horror contemporaneo, Summer 84 che ricalca un po’ la moda degli anni 80 e poi Laissez Bronzer les Cadavres della coppia Hélène Cattet e Bruno Forzani, autori di un’altra esperienza visiva totalizzante. Il concorso invece si presenta eterogeneo per la nostra abitudine di unire l’alto e il basso e quindi di presentare film che riflettono sul ruolo dello spettatore nella vita e nell’arte, come fa Dogs, un film spagnolo davvero straordinario o, per continuare con un horror più classico, l’australiano Boar. Tra gli eventi off cinema invece vale la pena segnalare le presentazioni dei nuovi libri di Barbara Baraldi (Osservatore oscuro) e Cristiana Astori (Tutto quel buio), scrittrici di gialli e thriller tra le più lette in Italia. Ci sarà anche una parte dedicata ai fumetti e un’altra dedicata ai video game horror.
L’apertura invece è all’insegna del prestigio e della provocazione trattandosi di Climax, il nuovo film di Gaspar Noè.
Il film di Noè è straordinario. La scelta di aprire con quest’opera sintetizza come meglio non si potrebbe la linea del nostro festival perché l’ansia e le paure insite nella nostra società sono ben rappresentate all’interno della storia, oltre al fatto di consentirci di raggiungere un pubblico più ampio e non solo gli amanti del cinema horror. Climax non è un film horror ma una storia horror. Poterlo presentare com film d’apertura è una cosa che ci rende davvero fieri.
Carlo Cerofolini
(pubblicato su taxidrivers.it)
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