Apostolo
di Gareth Evans
con Dan Stevens, Michael Sheen, Lucy Boynton
genere, Mystery, Thriller
durata, 130'
Dato l’avvicinarsi di Halloween, Netflix mette in palinsesto il nuovo film di Gareth Evans: l’horror “Apostolo”, con protagonista Dan Stevens, nel ruolo del giovane Thomas Richardson che parte alla ricerca della sorella rapita in un’isola misteriosa nella quale dovrà affrontare non pochi ostacoli per raggiungere il suo obiettivo. Guidato da Malcolm, una sorta di profeta, o almeno così proclamatosi, Thomas scoprirà che l’isola stessa nasconde molti più segreti di quanti pensasse perché gli isolani sono legati al culto di una misteriosa divinità che vive proprio in questo luogo particolare.
Parallelamente alle vicende di Thomas, si intrecciano altri personaggi e altre dinamiche, come quelle della coppia composta dai giovani Jeremy e Ffion, i quali si vedono costretti a dover sottostare alle ferree regole del culto imposto dall’isola e che saranno la cosiddetta “goccia che fa traboccare il vaso” perché la loro sorte darà il via a malumori e malcontento all’interno di tutta la popolazione.
Definire il film di Evans solo ed esclusivamente come un horror sarebbe un errore, in quanto al suo interno esso miscela saggiamente anche elementi del thriller, del giallo e del film d’azione. Lo spettatore, così come il protagonista stesso della vicenda, si interroga costantemente sull’identità della divinità tanto osannata e tanto nominata dai vari personaggi. La spasmodica e continua ricerca della sorella spinge il pubblico verso una crescente curiosità, soprattutto per la sorte della donna, perennemente a rischio. Inevitabile, poi, il richiamo, seppur in minima parte, a quella che è la poetica di Evans in “The Raid” e, quindi, nello specifico, la presenza di azione.
Sono diversi gli elementi da analizzare e i riferimenti (anche e soprattutto alla religione in generale) dei quali il regista fa ampio uso. Uno su tutti la presenza del sovrannaturale. Specialmente nella prima parte del film lo spettatore è posto di fronte a vari elementi di natura sovrannaturale, disseminati in maniera appropriata all’interno della narrazione, per poi confluire in maniera più ravvicinata nella seconda parte.
L’altro elemento importante di “Apostolo” è, come già anticipato, il fatto che non si tratti totalmente di un horror, ma che il raggiungimento di tale definizione sia graduale. Non si tratta, infatti, del classico film spaventoso con movimenti improvvisi e bruschi, ma di qualcosa di ben congegnato che riesce a catturare l’attenzione dello spettatore fin dai primi minuti e che lo accompagna durante tutta la narrazione inserendolo all’interno di situazioni e atmosfere che disturbano e turbano. Lo spettatore è portato a provare la stessa paura e la stessa angoscia dei personaggi in maniera crescente e costante. Le situazioni descritte, ma soprattutto mostrate sono disturbanti a tal punto da provocare questo tipo di reazioni nel pubblico. Una tensione del genere è, inoltre, alimentata dalla fotografia, dalle musiche, dal ritmo e dalla luce, molto spesso quasi completamente assente. L’oscurità che accompagna l’intero film e che ben si dipinge anche nei volti dei personaggi (anche lo stesso Thomas ha perennemente uno sguardo truce, intimidatorio e scuro) è significativo delle tematiche e del genere dell’intera vicenda. Il largo utilizzo del nero e del marrone sembra anche, in qualche modo, rimandare alla decadenza dell’isola e della vita di tutti coloro che ci abitano perché entrati in contatto con un’entità superiore che li sta, in un certo qual modo, prosciugando, sotto tutti i punti di vista: naturale, umano e affettivo. La natura sembra decadere e, in contemporanea, ogni personaggio sembra perdere, a poco a poco, la propria umanità.
Veronica Ranocchi
1 commento:
La fotografia sembra di qualità.
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