A Star is Born
di Bradley Cooper
con Bradley Cooper, Lady Gaga
USA, 2018
genere, drammatico
durata,
L'esordio alla regia di Bradley Cooper è ricco di storia e di riferimenti in parte dovuti alla popolarità del testo da cui il regista, insieme a Will Fetters ed Eric Roth, ha ricavato la sceneggiatura. La storia della star del rock Jackson Maine che si innamora di Ally, aspirante cantante, di cui decide di promuovere il talento facendone una stella del firmamento musicale, affonda le radici nell'omonimo film diretto da William A. Wellman nel 1937. Quello di Cooper è il terzo remake della pellicola in parola figurando, nel computo delle versioni già realizzate, una prima, uscita nel 1954, con James Mason e Judy Garland nelle parti principali, e un'altra, datata 1976, interpretata da Kris Kristofferson e, soprattutto, da Barbra Streisand. Il rinnovato interesse mostrato dai produttori nel corso degli anni è presto detto: le vicissitudini di Ally e delle sue "colleghe", sbucate dal nulla e assurte al massimo successo risultano a dir poco paradigmatiche rispetto alla mitologia costruita attorno al sogno americano, di cui la vicenda in questione costituisce la quintessenza. Senza contare che l'importanza del format rispetto alle caratteristiche della messinscena è testimonianza del fatto che a essere ricordati non sono i nomi dei registi quanto piuttosto quegli degli attori, veri e propri custodi dell'immortalità dei personaggi e della loro performance. Da non sottovalutare è poi l'ambientazione del film, il quale, svolgendosi nell'ambito dello spettacolo e ragionando sui meccanismi dello star system, fornisce a Hollywood l'irrinunciabile opportunità di rappresentarsi in un'esaltazione virtuosa e spettacolare delle proprie peculiarità, utile ad alimentare la sua leggenda.
Per quanto lecito ai fini dell'analisi, il confronto con i lungometraggi sopra menzionati è però viziato da una matrice comune che in qualche modo favorisce un punto di vista interno e, quindi, meno efficace a rivelare la vera natura di "A Star is Born". Più utili ai fini della comprensione sono invece gli spunti forniti da un altro film presente alla scorsa Mostra del cinema di Venezia ("A Star is Born" era stato selezionato per il fuori concorso) ovvero "Vox Lux" di Brady Corbet. Come Cooper anche Corbet si serve della musica per raccontare un'esperienza fuori dal comune, mettendo al centro della propria speculazione una cantante - Celeste, nei cui panni troviamo Natalie Portman - chiamata a confrontarsi con le conseguenze del successo. Etichettati come music drama, "Vox Lux" nelle sue caratteristiche di prodotto indipendente ha un antagonismo con la materia trattata che l'altro non ha: non solo nei confronti di Celeste, della quale non ha remora di denunciare opportunismo e mancanza di talento ma anche rispetto al concetto stesso di successo, decostruito al punto tale da dimostrarne l'assenza di reali presupposti. Di tutt'altra pasta è fatto "A Star is Born" che, pur non disdegnando di flirtare con la morte (come fa in maniera ben più cupa "Vox Lux"), quando si tratta di fare i conti con l'afflizione del tormentato rocker, è pero investito di un'aura di romanticismo destinato a essere l'asse portante del film, unità di misura con cui giudicare non solo la storia d'amore tra i due protagonisti, tanto tormentata quanto impareggiabile per complicità artistica e sentimentale, ma anche il mondo che li circonda. E, se nel primo caso tale predisposizione si confà alla straordinarietà degli avvenimenti che scandiscono la relazione tra le parti in causa, basti pensare alle coincidenze che portano Jackson e Ally a incontrarsi nel locale di drag queen in cui la ragazza si esibisce (in una splendida versione de "La vie en Rose"), così non accade nel momento in cui bisogna dare conto di tutto il resto: per esempio, del prezzo da pagare alle regole dello spettacolo, al quale mondo Cooper per primo appartiene e che per questo non riesce fino in fondo a criticare, come pure del paesaggio umano con cui i protagonisti entrano in contatto, espressione di un ottimismo che è più il modo di accattivarsi i favori delle tante minoranze presenti sul territorio americano anziché il risultato di un attento studio sociologico.
D'altro canto "A Star is Born", a cominciare dalla scommessa del contemporaneo debutto - nei rispettivi settori - di Cooper e Lady Gaga, chiede al suo pubblico un atto di fede verso la morale della storia (the show must go on), dopo il quale, anche i difetti appena enunciati finiscono per fare parte del gioco. In questo senso apprezzabile è la regia, improntata a una classicità non estranea alla lezione di Clint Eastwood (mentore di Cooper e inizialmente designato a occuparsi del progetto) e quindi attenta a non andare mai sopra le righe - soprattutto nella direzione degli attori - e attraversata da un fondo di malinconia che in questo caso e, nonostante tutto, riesce a tenere il film con i piedi per terra. Senza particolari picchi (i primi minuti, in cui il ritorno alla vita di Jackson è scandito da un montaggio progressivamente meno frammentato e da long take che permettono di apprezzarne per intero la sua figura, rimangono nella memoria) ma neanche con cadute di stile, "A Star is Born" riesce a tenere desta l'attenzione per tutta la durata della visione. Le performance musicali di Cooper e Lady Gaga, così come l'alchimia della loro intesa davanti alla mdp, fanno dimenticare certe incongruenze, rendendo la passione dei personaggi alquanto credibile. Per un film d'amore è il massimo che si possa ottenere ed è per questo che non saremmo sorpresi di ritrovare "A Star is Born" tra i favoriti per i prossimi Oscar. Ai due attori una nomination non gliela toglie nessuno.
Carlo Cerofolini
(pubblicata su ondacinema.it)
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