Elegia americana
di Ron Howard
con Glenn Close, Amy
Adams, Gabriel Basso
USA, 2020
genere: drammatico,
biografico
durata: 117’
Disponibile sulla
piattaforma Netflix, “Elegia americana” è il nuovo film di Ron Howard.
Una storia non troppo
semplice e scontata quella messa sullo schermo dal regista statunitense.
Partendo dall’omonimo libro di memorie di J. D. Vance, Howard cerca di delineare
quello che per questa famiglia, ma in generale anche per molte altre, è il
sogno americano. E lo fa in una chiave moderna, attraverso uno scontro
generazionale che mette a confronto tre visioni della vita diverse, ma che si
vanno inevitabilmente ad incontrare.
J. D., ormai adulto, è un
ex marine, studente di giurisprudenza sul punto di ottenere il lavoro dei suoi
sogni. Purtroppo un problema familiare lo costringe a tornare sui suoi passi e
rimettersi in contatto con la famiglia che ha sempre voluto dimenticare. In
particolare riceve una richiesta d’aiuto dalla sorella che lo informa delle
condizioni sempre più precarie della madre che sta lottando con una dipendenza.
J. D. decide, quindi, di tornare ad aiutare quello che resta della sua famiglia
e attraverso il suo viaggio di ritorno a casa, ripercorre, nella propria
memoria, quella che è stata la sua adolescenza, soprattutto insieme alla nonna,
l’unica in grado di aiutarlo veramente facendolo crescere e portandolo, seppur
in maniera talvolta aggressiva, a compiere delle scelte in previsione di un
futuro più roseo.
Quello che era nato come
un breve viaggio con il solo scopo di dare una mano alla sorella senza dover
tornare nel turbine di emozioni nel quale ha sempre vissuto, si trasforma per
il protagonista in una sorta di viaggio di formazione, alla scoperta di sé e di
chi lo circonda. Non è più il lavoro in sé il suo più grande e importante
obiettivo, ma capire chi è veramente e cosa desidera dalla propria vita. Il
lavoro diventa, quindi, il mezzo necessario per poter aiutare qualcuno e porre
fine a una situazione che, fin da troppo tempo, è in stallo. Spesso in
contrasto, sia con la madre che con la nonna, J.D. cerca comunque di provare a
capire e accettare la propria famiglia che, come ricorda all’inizio, è disposta
a qualsiasi cosa pur di proteggere i propri membri. La situazione, però,
instabile della madre Bev mette costantemente a dura prova il figlio, sia da
giovanissimo che nel momento in cui ritorna. E pone l’accento, seppur in
maniera talvolta esagerata e tragica, sulle differenze generazionali.
Nonostante queste
premesse la storia sembra non riuscire mai a decollare veramente. La sensazione
è quella di una vicenda a tratti troppo lenta che non suscita mai un reale
interesse nello spettatore. Troppa regolarità e troppa normalità, seppur i
personaggi siano portati all’estremo, soprattutto quelli della madre e della
nonna, per una storia che avrebbe tutte le carte in regola per emergere e
differenziarsi da altre. Invece, alla fine, quella di J. D. risulta una storia
come un’altra, destinata a non essere ricordata.
Da segnalare, però, le
interpretazioni più che convincenti di due attrici incredibili che sono
riuscite a rappresentare tutte le difficoltà e tutte le sfaccettature di due
personaggi complessi. Risultare credibili (e molto somiglianti fisicamente)
rappresentando due persone che portano agli antipodi anche le loro stesse
emozioni e i modi di fare era tutt’altro che semplice. Ma loro ci sono riuscite
in maniera egregia. Arriverà una candidatura sia per Glenn Close che per Amy
Adams? Sicuramente i momenti più interessanti della pellicola sono proprio
quelli che le vedono protagoniste con monologhi o dialoghi, la maggior parte
dei quali, in contrasto, che evidenziano la versatilità di due grandi nomi
hollywoodiani che ancora non hanno ottenuto il giusto riconoscimento. Sarà la
volta buona, almeno per una di loro?
Veronica Ranocchi
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