Non è un paese per vecchiNon è un paese per vecchi
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di Joel, Ethan Coen
con Javier Bardem, Josh Brolin, Tommy Lee Jones
Usa, 2007
genere, thriller, noir, drammatico, western
durata, 122'
Per Llwelyn (Josh Brolin ancora convincente dopo il ruolo
delloo sbirro corrotto di American gangster) veterano del Vietnam la guerra non
è ancora finita:sposato ad una donna bambina che probabilmente ha smesso di
amare, deve tornare a combattere quando un pericoloso serial killer si mette
sulle sue tracce per recuperare quei soldi rubati sul luogo di un orribile
carneficina provocata da un mancato scambio di droga nel deserto texano.
L'occasione della vita si trasforma in un orgia di sangue che ha il suono
dell'arma ad aria compressa (in realtà è una bombola piena d'aria usata per
ammazzare i bambini prima della macellazione) adoperata dallo spietato
assassino ed il colore del sangue dei cadaveri seminati lungo la strada. Bell
(Tommy L.Jones,attore che sembra non recitare) uno sceriffo disilluso e
prossimo alla pensione,si mette sulle loro tracce nella speranza di fermare il
massacro.
Il ritratto della provincia americana diventa ancora una
volta allegoria di un mondo insensato e caotico in cui la morte è l'unica
certezza. Questa volta i Cohen radicalizzano il loro cinema sfrondandolo
oltrechè dai manierismi dell'ultima ora, anche di quel sorriso beffardo e
surreale (ove si eccettui l'impossibile taglio di capelli del carnefice) che da
sempre caratterizza le loro storie. La prateria infinita e disabitata è il
luogo di perdizione in cui la morte si consuma a sangue freddo, lontano dalle
leggi degli uomini e dove il male incarnato dalla figura di Anton Shigur
(Javier Bardem con la faccia da pugile suonato e lo sguardo che raggela) una
macchina di morte che ricorderemo per un bel pezzo, agisce secondo esigenze
oscure e metafisiche. Tutto il film è dominato dalla sua presenza che assume
fin da subito connotati apocalittici (quello che sta arrivando non si può fermare
dicono quelli che gli si oppongono) e metafisici (la sua apparizione all'inizio
del film così come quella che lo vede scomparire dopo l'incidente d'auto prima
dell'epilogo, come se non fosse mai esistito, porteranno con se le ragioni
della sua esistenza).
A fargli da specchio c'è un umanità che non sa più stare
insieme, divisa dall'odio razziale (in questo caso sono i messicani a pagare lo
scotto), dall'indifferenza (di questi tempi scavare delle fosse nel giardino di
casa è diventato normale dice lo sceriffo riferendosi ad una serie di omicidi
commmessi con la complicità indiretta di una comunità apatica e chiusa in se
stessa) e la mancanza d'amore (è il contesto e non i gesti a rivelarci
l'esistenza dei legami coniugali). Come animali, ed il film non manca di
sottolineare quest'analogia, gli individui si riconoscono per il marchio di
sangue inferto sui loro corpi dalle atrocità della guerra (l'americanità ha i
dati anagrafici di quella combattuta in Vietnam) e dall'assurdo della vita.
Travolto dagli eventi, incapace di scegliere (lo so che sto
mettendomi nei guai ma ormai è così è la sola spiegazione che il protagonista
riesce a trovare di fronte alla moglie spaventata dalle sue decisioni). Llwelyn
ritrova se stesso ed il suo antico vitalismo nel momento in cui decide di
guardare in faccia alla realtà e sceglie di affrontarla anche a rischio della
propria incolumità. E' la paura della fine e le ferite del suo corpo e non la
normalità dell'esistenza che lo fanno sentire vivo. I Cohen traducono queste
pulsioni in un cinema lineare e pulito che procede per accumulazione e si
carica di una tensione claustrofobica e disturbante quando la cinepresa
abbandona gradualmente gli spazi circostanti e si concentra sui protagonisti
che isola all'interno di ambienti limitati ed angusti che trovano un apoteosi
di macabra ordinarietà nella scena in cui Shigur ripreso di fronte
all'abitazione della sua ultima vittima mentre si pulisce le scarpe dal sangue
del suo lavoro, con la telecamera che lo incornicia per sempre a quelle pareti,
in un accostamento che fa della casa la tomba domestica delle nostre speranze,
e dove la notte prevale sul giorno a sottolineare il progressivo svanire di
qualsiasi punto di riferimento.
Tutto diventa a loro misura e lo sguardo si sofferma sulla
metodicità dei loro gesti, in un continuo parallelismo di metodi e movimenti
(si pensi al confronto delle posture, quello di Shigur pesante e catatonica ma
anche implacabile opposta a quella sinuosa e sfuggente figura del suo
avversario) e sulla natura delgi oggetti in continua mutazione, sempre
differenti da quello che sembrano (i paletti della tenda che diventano un
arpione,la moneta usataper il testa o croce uguale ad un vaticinio, le manette
come un nodo scorsoio, il congegno di rilevamento la materializzazione di un
araldo di morte), per arrivare ad una resa dei conticosì spettacolare ed
antiemotiva, con il corpo sul pavimento appena inquadrato e riconoscibile solo
dagli indumenti, che ribalta completamente le prospettive di chi guarda, togliendo
alla vicenda il suo ruolo di primo piano per ridurla a realtà infinitesima,
cellula di un organismo universale destinato ad irreversibile entropia. Una
presa di coscienza che ci fa abbandonare il ruolo di semplici spettatori ,
rendendoci compartecipi di una sorte che è metafora della nostra essenza.
Premiato con 4 premi Oscar "Non è un paese per vecchi" sembra
ricalcare la formula usata da Scorsese per The Departed ma in questo caso il
risultato si mantiene più vicino alle corde dei suoi autori (predilezione per
la caratterizzazione di personaggi ordinariamente eccentrici e mescolanza dei
generi cinematografici) e porta alla ribalta uno dei massimi scrittori
statunitensi contemporanei, quel C. Mac Carthy, autore dell'omonimo libro di
cui hollywood sembra decisa (è in produzione un altro film tratto dal suo
romanzo "La strada")a servirsi per rivitalizzare il suo cinema
2 commenti:
veramente un gran film
nella mia personale lista dei capolavori occupa uno dei primi posti (sicuramente il migliore di quell'anno)
Tra l'altro quella dei Coen è la migliore trasposizione cinematografica di un'opera tratta da Cormac MacCharty, il che già di per se è un valore non da poco
nickoftime
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