Hercules: La leggenda ha inizio
di Renny Harlin
con Kellan Lutz, Gaia Weiss, Scott Adkins
Usa, 2014
genere, avventura, azione, mitologico
durata, 99'
Il regista caduto in disgrazia è disposto a tutto pur di continuare a
lavorare. Se poi anche in tempi più generosi il successo era dipeso dalla combinazione di marketing
e divismo più che dalla conseguenza del suo talento si spiega in men
che non si dica la presenza di Renny Harlin, ex di Gena Davis e titolare
di due
blockbuster di largo seguito, in un b movie di scarse
pretese e molti compromessi. "Hercules: La leggenda ha inizio" infatti, a
dispetto della sua matrice mitologica e di una propensione epica
derivata dai poemi della classicità greca e latina, e' in realtà
l'occasione per rivestire di modernità un genere come quello del peplum, che si
perde nella notte dei tempi, e che ha avuto la fortuna di tornare in
auge quasi per caso, con due film come "Il gladiatore" e "300",
capaci
di sfruttare al meglio- il film di Miller - ed in anticipo sui tempi-
quello di Ridley Scott- le risorse messe a disposizione dall'innovazione
del digitale e della CG. In quei casi si era trattato di supportare un
idea altrimenti non praticabile per l'ingente quantità dei costi, qui
invece la questione diventa puramente pragmatica, e risponde alla
necessità ovviare alle magagne di un ispirazione corretta ma per nulla
ispirata.
Raccontando a modo suo la nascita del figlio di Zeus, "Hercules" saccheggia il cinema piu recente senza mezzi termini, riproposto tanto nel taglio estetico che in quello delle situazioni. Quindi partendo da una trama che vede il semidio costretto a riconquistare lignaggio ed amata, Renny Harlin trasforma le "fatiche di Ercole" in una risalita che assomiglia al percorso ad ostacoli di un comune videogame, in cui ogni progressione viene subordinata al superamento del pericolo di turno. Le battaglie la fanno da padrone così come la plastica di corpi allenati oltre il dovuto. Tra ostentati rallentì e ripetute accelerazioni, "Hercules" da il suo meglio quando si tratta di ricreare gli elementi del fantastico, formulando un immaginario che considera la fantasia come moltiplicazione di effetti scenografici: dalla pioggia distillata da invisibili contagocce, alle tempeste di fulmini e tuoni che preludono all'epifania del divino, chiamata in causa com'è da convenzione quando si tratta di ribaltare gli esiti di una sorte avversa al nostro eroe. Una sarabanda di meraviglia che alimenta il paradosso di una tecnologia diventata nel corso del tempo uno strumento per ottimizzare tempo e denaro. Non più segnale di una qualità eccezionale, ma standardizzazione di un prodotto in grado di soddisfare le richieste di mercato. Come succede ad "Hercules" l'appeal e' di certo assicurato ma di maraviglia nessuna traccia.
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