Nymphomaniac vol.2
di Lars Von Trier
con Charlotte Gainsbourg, Stellan Skarsgard, Shia Lebouf
Danimarca, Francia, Germania, Belgio 2013
genere, drammatico, erotico
durata,
Riassunto della puntata precedente. Joe ninfomane irrequieta e raminga viene raccolta ferita e sanguinante da Selingam, adulto solitario e taciturno che dopo avergli offerto riparo decide di farsi raccontare dalla ragazza la storia della sua vita e le ragioni della sua condizione. Essendo il sesso la causa di ogni disgrazia il reconto assume ben presto la forma di un kamasutra visivo e filosofico dove la morale (Selingman è chiamato da Joe a considerare i suoi comportamenti ) è sempre dietro l'angolo. Rispetto alla prima sezione il volume II aveva dei nodi da sciogliere. Il primo, quello secondo noi più importante, era di verificare la consistenza di un opera che sulle prime era apparsa monocorde e transitoria, arroccata più che altro sui tentativi di LVT di nobilitare il tema in questione con discorsi sui massimi sistemi. La seconda, non meno urgente, consisteva nel verificare la natura del rapporto tra i due personaggi, entrando nello specifico di una relazione simile a quella tra medico e paziente (il segno del film ricalcava situazioni e posture da seduta psicanalitca) e come tale in grado di creare il doppiofondo di una storia piena di ripetizioni.
Ed in effetti qualcosa succede, perchè in questa seconda puntata il film cambia marcia, arricchendosi di visioni e accadimenti capaci di dare senso all'intero ambaradan. Si inizia così con il sacro e il profano di una trasfigurazione che rimanda al primo orgasmo di Joe, paragonato per la spontaneità non indotta al fenomeno dell'immacolata concezione, per continuare ancora una volta sulla falsariga di immagini bibliche, con la presa di coscienza di una diversità, quella di Joè, perfettamente naturale, come dimostra l'accostamento della sua figura all'anomalia dell'albero in cima alla montagna, obbliguo ma perfettamente in sintonia con il sublime del paesaggio che gli fa da cornice.Visioni potenti e suggestive di un percorso di liberazione destinato a smentire le premesse della storia, ribaltando condizione e punti di vista.
Maggiormente articolato e meno frammentato del primo segmento, "Nymphomaniac vol II" fa entrare in gioco varianti sorprendenti, a cui volutamente evitiamo di riferirci per lasciare intatta la sorpresa, e che però permettono di contattare un vitalismo a cui il film aderisce in maniera più consapevole e partecipe. Non passa inosservato il gioco di specchi tra i due protagonisti, definiti su opposti ( la differente partecipazione alla vita) che finisco per coincidere nella medesima apatia emotiva. Così come la barometrica interpretazione della Gainbourg, sindone muta di un cinema che si schermisce per non soffrire. Certo il grottesco triste della sequenza finale, con la dissolvenza in nero che replicando quella che apriva il dittico equipara l'inzio con la fine, così come la gestione dell'opera, confezionata alla stregua di un qualunque prodotto cinematografico, lasciano intatti i sospetti di una programmaticità finemente ingegnata.
di Lars Von Trier
con Charlotte Gainsbourg, Stellan Skarsgard, Shia Lebouf
Danimarca, Francia, Germania, Belgio 2013
genere, drammatico, erotico
durata,
Riassunto della puntata precedente. Joe ninfomane irrequieta e raminga viene raccolta ferita e sanguinante da Selingam, adulto solitario e taciturno che dopo avergli offerto riparo decide di farsi raccontare dalla ragazza la storia della sua vita e le ragioni della sua condizione. Essendo il sesso la causa di ogni disgrazia il reconto assume ben presto la forma di un kamasutra visivo e filosofico dove la morale (Selingman è chiamato da Joe a considerare i suoi comportamenti ) è sempre dietro l'angolo. Rispetto alla prima sezione il volume II aveva dei nodi da sciogliere. Il primo, quello secondo noi più importante, era di verificare la consistenza di un opera che sulle prime era apparsa monocorde e transitoria, arroccata più che altro sui tentativi di LVT di nobilitare il tema in questione con discorsi sui massimi sistemi. La seconda, non meno urgente, consisteva nel verificare la natura del rapporto tra i due personaggi, entrando nello specifico di una relazione simile a quella tra medico e paziente (il segno del film ricalcava situazioni e posture da seduta psicanalitca) e come tale in grado di creare il doppiofondo di una storia piena di ripetizioni.
Ed in effetti qualcosa succede, perchè in questa seconda puntata il film cambia marcia, arricchendosi di visioni e accadimenti capaci di dare senso all'intero ambaradan. Si inizia così con il sacro e il profano di una trasfigurazione che rimanda al primo orgasmo di Joe, paragonato per la spontaneità non indotta al fenomeno dell'immacolata concezione, per continuare ancora una volta sulla falsariga di immagini bibliche, con la presa di coscienza di una diversità, quella di Joè, perfettamente naturale, come dimostra l'accostamento della sua figura all'anomalia dell'albero in cima alla montagna, obbliguo ma perfettamente in sintonia con il sublime del paesaggio che gli fa da cornice.Visioni potenti e suggestive di un percorso di liberazione destinato a smentire le premesse della storia, ribaltando condizione e punti di vista.
Maggiormente articolato e meno frammentato del primo segmento, "Nymphomaniac vol II" fa entrare in gioco varianti sorprendenti, a cui volutamente evitiamo di riferirci per lasciare intatta la sorpresa, e che però permettono di contattare un vitalismo a cui il film aderisce in maniera più consapevole e partecipe. Non passa inosservato il gioco di specchi tra i due protagonisti, definiti su opposti ( la differente partecipazione alla vita) che finisco per coincidere nella medesima apatia emotiva. Così come la barometrica interpretazione della Gainbourg, sindone muta di un cinema che si schermisce per non soffrire. Certo il grottesco triste della sequenza finale, con la dissolvenza in nero che replicando quella che apriva il dittico equipara l'inzio con la fine, così come la gestione dell'opera, confezionata alla stregua di un qualunque prodotto cinematografico, lasciano intatti i sospetti di una programmaticità finemente ingegnata.
2 commenti:
Riferendoti a Gainsbourg, cosa intendi con: "sindone muta di un cinema che si schermisce per non soffrire" ?
frasi come queste nn andrebbero spiegate perchè se guardi il film e conosci Von Trier apparirebbe tutto molto chiaro..comunque..il cinema di Von Trier è così, in particolare mima continuamente lo stato d'animo che ho descritto, Joe per esempio è reticente quando si tratta di andare al nocciolo delle sua emotività (da qui Sindone che è immagine di sofferenza a cui manca la parola), preferisce fare la bad girl, sentirsi cattiva, mostrarsi egoista piuttosto che far uscire il pianto e mostrarsi veramente nuda.. così come Seligman che preferisce restare apatico nei confronti della vita piuttosto che rischiare, e dico bada bene, rischiare di farsene coinvolgere..
Poi se torni alla faccia di Gainsbourg puoi notare che è attraversata da linee molto evidenti, da tratti spigolosi che rimangono evidenti come in quadro di Picasso, di Modigliani, di Marinetti..ed appunto della Sindone...che è insieme immagine ed immaginario di dolore..proprio come J in questo film...
nickoftime
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