Cop Car
di Jon Watts.
con Kevin Bacon, James Freedson-Jackson, Hays Wellford, Shea Whigham.
USA 2015
thriller
durata, 88'
Se
l'America è anche quel luogo (non solo geografico) dove magari non
vorresti essere ma non riesci a smettere d'immaginare, ciò è dovuto, con
buona approssimazione, al fatto che le numerose e spesso feroci
antinomie che lo percorrono esercitano una seduzione non meno persuasiva
delle sue altrettante e non meno feroci peculiarità. Invano, infatti,
si cercherebbe altrove il medesimo coinvolgimento che scaturisce da
una singolare commistione di naturalezza e impudenza, torpida passività e
insospettabile determinazione, ingenuità e scaltrezza, amalgama che il corpo americano secerne e diffonde come il ritmo stesso del suo enorme respiro.
Stavolta l'attenzione è catturata dall'asincrono rifiato in
sedicesimo emesso da Harrison/H.Wellford e Travis/J.Freedson-Jackson,
ragazzini più o meno decenni, occhi e mimica di chi ha già visto e
subìto troppo da non desiderar che andarsene, fosse pure a zonzo nel
niente-sempre-all'erta delle idle lands di una piccola contea del nord-est del Texas - tra grano a perdita d'occhio ed ettari residuali lasciati
a se stessi, con, in lontananza, morbidi rilievi a fungere da
involontari punti di riferimento - intaccando il silenzio a colpi di
turpiloquio alternato, almeno fino a quando, giunti ad argomentare
attorno al fatidico "fuck", ecco che un moto di perplessità ("No. Questa
è eccessiva") prelude al più strambo degl'imprevisti: l'avvistamento,
al centro di una radura ai margini di un boschetto isolato, di quella
che - almeno in apparenza - ha tutte le caratteristiche di un'auto della
Polizia abbandonata. Sembra la cuccagna. Per un volta, il gioco e la
possibilità dell'avventura hanno la meglio in un sol colpo
sull'avvilimento precoce e sul grigiore. Pia illusione, in verità.
Neanche a dirlo, l'incanto durerà poco perché, al solito, le apparenze
ingannano...
Scritto
assieme al fido C.Ford (con cui il nostro aveva già sceneggiato il
proprio esordio ad alta tensione, "Clown", del 2014), "Cop car",
di Jon Watts, ribadisce (intorno ad un intreccio che in parte strizza
l'occhio alle atmosfere stranite e capricciose di Lansdale; per altro
- sebbene in trasparenza - si affianca ai fasti archetipici dell'iniziazione alla vita a stelle e strisce che rimonta - con ben altra spensieratezza, a ben vedere - ai vagabondaggi picareschi di
Twain, per disgregarsi, via via, di disillusione in disillusione - e
per tornare al Cinema - nei modi e nelle forme delle quasi coetanee
angustie viste di recente in lavori come "Mud" di Nichols o "Joe" di
Gordon Green), un certo numero d'interessanti scremature: messinscena all'osso, in primis (spazi aperti muti quanto vigili; interstatali allusivamente sgombre; agglomerati umani devitalizzati come vesciche incongrue nella desolazione); fraseggio laconico e funzionale. E aspri e fulminei glissando ad interporsi a lentezze e momenti morti i
quali, non fosse per un'impertinente brezza di mezza stagione,
renderebbero del tutto irrecuperabile il gelo dell'unanime inerzia
emotiva, persino nel cuore di una terra calda per antonomasia.
Quadro che l'autore completa - recuperando in coerenza ciò che, per
altri versi, smarrisce in originalità - con l'apporto d'interpretazioni
intessute col filo d'un empatia tanto flebile quanto testarda nel
ribadire la propria aderenza fisica al genere sapiens (si fa per dire), insieme vittima e complice di una sorta d'ineluttabile circolarità.
Travis ed Harrison, ad esempio ed in altre parole, per l'appunto tale resilienza oppongono alla
perfida retorica dello Sceriffo Kretzer - crudele gaglioffo animato
dalla consueta asciuttezza inquieta di Kevin Bacon - anche
se, sottolinea Watts, siffatta strategia delinea solo e daccapo, con
ogni probabilità, il percorso obbligato della strada di casa, ossia la
certezza illusoria di simulacri sfiniti (famiglie distrutte o
difettose), al cospetto della quale le tanto agognate vie di fuga
svaniscono ancora, frustrate nella mediocre oscenità di un ininfluente
salvare-il-salvabile. Non c'è più Twain, allora. Sparito pure l'indomito
Thoreau. Da quel dì che 9 è tornato 6.
TFK
1 commento:
Gran bel film che si inserisce nel filone del revival anni 80 che nel 2015 è andato per la maggiore :)
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