Colonia
di, Florian Gallenberger
con, Daniel Bruhl, Emma Watson, Michael Nyqvist
Lussemburgo, Francia, Germania, 2015
genere, thriller
durata, 110'
L’assunto con il quale prende il via questa, come altre
pellicole del suo genere, comporta inevitabilmente la necessità di un duro
confronto la realtà ivi rappresentata, il “tratto da una storia vera” distintivo
del cinema che fa del narrato storico il suo impianto portante reca con sé un
marchio di adesione al reale impossibile da tradire o travisare. Per tali
motivazioni Colonia si ritrova a non
poter scavalcare l’importanza della memoria storica derivante dalla
rappresentazione visiva delle rivolte politiche avvenute nel 1973 a Santiago
del Cile, ma riesce nel mirabile intento di imbastire una storia che possa
svilupparsi sul solco di esse, percorrendone i sentieri in corso di sviluppo e lasciando
calare lo spettatore nel vissuto di quegli anni. La storia d’amore non è un
pretesto utile a mettere in scena gli eventi storici narrati quanto il suo
opposto, ovvero la realtà storica diviene funzionale alla costruzione e alla
sopravvivenza del rapporto tra i due ragazzi. Colonia mostra le vicende che occorrono ad una giovane coppia di
rivoluzionari, non offuscandone lo sfondo del golpe cileno che portò all’elezione
di Salvador Allende e al suo rovesciamento avvenuto sotto la guida di Augusto
Pinochet, ma rendendo le vicende storiche parte integranti del film. Daniel è
un fotografo, sostenitore socialista di Allende e per questo internato a Colonia Dignidad durante una rappresaglia
delle truppe di Pinochet; tale colonia, che a prima vista sembrerebbe un ente
caritatevole, si rivela essere il tetro luogo in cui gozzoviglia con severità
un capo spirituale che risponde al nome di Pius, guida di una congrega
religiosa dagli stili di vita estremamente rigidi e copertura morale delle
torture inflitte ai prigionieri politici nei sotterranei della struttura. Daniel
viene lì inserito mentre Lena, la sua compagna di vita e di battaglie, riesce
nell’intento di fingersi interessata alla vita coloniale e alla sua adesione,
entrandovi e cercando un metodo per evadere assieme al ragazzo.
Tra i molti
temi snocciolati nella pellicola, diretta con mano abile da Florian Gallenberger,
particolare importanza rivestono le fotografie, impressione su pellicola di
immagini dal forte impatto e ricolme di significato, prove indelebili degli
inumani metodi usati all’interno della colonia da esportare per poterne provare
l’esistenza. La potenza delle fotografie come ultimi baluardi della libertà in
un luogo in cui, poco alla volta, la libertà stava venendo meno, paladina di un
modo di fare opposizione insurrezionale senza spargimenti di sangue. La
narrazione suddivisa in capitoli, ognuno rappresentante un giorno a partire dall’ingresso della protagonista all’interno
dell’associazione, porta alla luce un gruppo sociale coeso nel suo anacronismo,
con Pius al vertice e donne ed uomini immediatamente al di sotto di lui, pronti
ad eseguire i suoi ordini come se derivassero direttamente dal volere divino.
Pius intercede tra la società ed il Signore, si offre come aiuto spirituale per
la comunità e tramite con il sovvertito neo-governo, risultando una figura
ambigua, viscida al primo impatto e mai tradente questa prima impressione. Se la
regia dimostra validità e professionalità da vendere, nel comparto scrittura
qualcosa sembra venir meno, lasciando talvolta il sopravvento alla storia d’amore
sulla realtà storica descritta, potendo di fatto contare su una coppia dalla
rara affinità come quella formata da Bruhl-Watson, mai eccessivamente melensi
od oltre le righe. Coscienziosa nel suo essere importante tassello di memoria
storica, Colonia narra le vicende di
Villa Baviera con efficacia, pur perdendosi quel quid che l’avrebbe sicuramente
lasciata sopraelevarsi oltre la media di produzioni simili, permettendo
ugualmente a Gallenberger di spianarsi la strada verso un futuro ricco, si
spera, di nuovi importanti tasselli.
Alessandro Sisti
Nessun commento:
Posta un commento