Segreti di famiglia
di, Joachim Trier
con. Isabelle Huppert, Jesse Eisenberg, Gabriel Byrne
Norvegia, Francia, Danimarca, Usa 2015 -
genere, drammatico
durata, 105'
Fotografia e morte, un legame stretto a doppio nodo nella
filmografia contemporanea, continuamente in bilico tra la necessità di raccontare
attraverso le istantanee e la paura di varcare i limiti del narrabile. Tale
connubio meritoriamente ha fornito materiale vario per generi differenti,
giungendo sino ad una curiosa digressione orrori fica sul tema: Shutter, pellicola thailandese dei primi
anni duemila, eviscera l’eccesso di morbosità contenuto in alcuni scatti giovanili
di un gruppo di post-adolescenti, perseguitati nel presente dallo spirito
vendicativo della ragazza vessata e ritratta nelle foto. La persecuzione si
insinua nella mente, distrugge psicologicamente ogni base morale, vanifica la propria
intenzionalità di arresto ad un passo dall’eccesso. La storia di Isabelle Reed,
reporter spesso in zone di guerra e tenace sostenitrice di un modo di fare
fotografia lontano dal comune sentire, sembra rincorrere tali psicologismi, con
la donna costantemente intenzionata ad indugiare nel contatto più stretto
possibile con la morte , cogliendone sfumature privilegiate che altri
lascerebbero cadere nel dimenticatoio cerebrale, evitandone l’impressione su
pellicola. Un’istantanea fotografica è in grado di restituire il dolore di un
padre per la perdita del proprio figlio, sul campo nemico? Gli attestati di
stima ricevuti dalla reporter sembrano propendere per una risposta affermativa,
considerati anche le mostre postume organizzate dai suoi ammiratori e gli
articoli di giornale che vengono redatti sulla sua tragica fine. Il suo
lavorare fianco a fianco con la dolce signora non può non avere ripercussioni e
ne sono consci i vari membri della famiglia costretti, nell’imminenza di una
ripubblicazione a mezzo stampa di dettagli sulla sua fine, a rivelare al figlio
più piccolo la verità sulla dipartita della madre.
Joachim Trier sfrutta la tensione altissima che viene a crearsi nel
nucleo famigliare al momento dell’annuncio, fatto in confidenza dall’articolista
al marito della donna, dell’incombenza giornalistica che porterà nuovamente alla
luce l’angosciosa storia della reporter, pronta a destabilizzare i precari
equilibri famigliari da poco stabilitisi. Il rapporto tra il padre e lo schivo
e introverso Conrad sembra difficile da rinsaldare; il ragazzo affronta la
perdita materna in maniera inedita, catalizzando involontariamente su di se l’attenzione
del padre, impedendogli tuttavia di sondare a sufficienza la propria psiche per
trovare una fenditura tramite cui penetrare e ricucire lo strappo avvenuto dopo
la scomparsa della figura matriarcale. Il ritorno del figlio maggiore, ruolo
sentito da un Jesse Eisenberg mai
così incisivo, in uno dei momenti di maggior felicità dello stesso – il periodo
seguente la nascita del primogenito, sarà il giusto metodo di fuga dalla
drammatica criticità famigliare in cui versano i Reed. Trier si scosta narrativamente viaggiando su binari differenti ma
paralleli tra loro, mostrando le storie dei tre personaggi principali dai loro
punti di vista e lasciandoli incontrare senza particolari sorprese o sconvolgimenti,
rattoppando una trama familiare forata in più punti con pezze troppo vistose,
pacchiane nella loro banalità, glissando sulla loro natura e cercando di
nasconderle dietro un’abilità registica non indifferente, una fine scaltrezza che
impedisce allo spettatore di soffermarsi troppo a lungo su di esse. Louder than bombs è un titolo ricercato
nel suo raffinato stile, forse leggermente stemperato in fase di scrittura, un
avviso sul grande schermo di come le immagini possano essere più chiassose ed
efficaci di tanti ordigni.
Alessandro Sisti
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