martedì, giugno 28, 2016

SEGRETI DI FAMIGLIA

Segreti di famiglia
di, Joachim Trier
con. Isabelle Huppert, Jesse Eisenberg, Gabriel Byrne
Norvegia, Francia, Danimarca, Usa 2015 -
genere, drammatico
durata, 105'



Fotografia e morte, un legame stretto a doppio nodo nella filmografia contemporanea, continuamente in bilico tra la necessità di raccontare attraverso le istantanee e la paura di varcare i limiti del narrabile. Tale connubio meritoriamente ha fornito materiale vario per generi differenti, giungendo sino ad una curiosa digressione orrori fica sul tema: Shutter, pellicola thailandese dei primi anni duemila, eviscera l’eccesso di morbosità contenuto in alcuni scatti giovanili di un gruppo di post-adolescenti, perseguitati nel presente dallo spirito vendicativo della ragazza vessata e ritratta nelle foto. La persecuzione si insinua nella mente, distrugge psicologicamente ogni base morale, vanifica la propria intenzionalità di arresto ad un passo dall’eccesso. La storia di Isabelle Reed, reporter spesso in zone di guerra e tenace sostenitrice di un modo di fare fotografia lontano dal comune sentire, sembra rincorrere tali psicologismi, con la donna costantemente intenzionata ad indugiare nel contatto più stretto possibile con la morte , cogliendone sfumature privilegiate che altri lascerebbero cadere nel dimenticatoio cerebrale, evitandone l’impressione su pellicola. Un’istantanea fotografica è in grado di restituire il dolore di un padre per la perdita del proprio figlio, sul campo nemico? Gli attestati di stima ricevuti dalla reporter sembrano propendere per una risposta affermativa, considerati anche le mostre postume organizzate dai suoi ammiratori e gli articoli di giornale che vengono redatti sulla sua tragica fine. Il suo lavorare fianco a fianco con la dolce signora non può non avere ripercussioni e ne sono consci i vari membri della famiglia costretti, nell’imminenza di una ripubblicazione a mezzo stampa di dettagli sulla sua fine, a rivelare al figlio più piccolo la verità sulla dipartita della madre. 


Joachim Trier sfrutta la tensione altissima che viene a crearsi nel nucleo famigliare al momento dell’annuncio, fatto in confidenza dall’articolista al marito della donna, dell’incombenza giornalistica che porterà nuovamente alla luce l’angosciosa storia della reporter, pronta a destabilizzare i precari equilibri famigliari da poco stabilitisi. Il rapporto tra il padre e lo schivo e introverso Conrad sembra difficile da rinsaldare; il ragazzo affronta la perdita materna in maniera inedita, catalizzando involontariamente su di se l’attenzione del padre, impedendogli tuttavia di sondare a sufficienza la propria psiche per trovare una fenditura tramite cui penetrare e ricucire lo strappo avvenuto dopo la scomparsa della figura matriarcale. Il ritorno del figlio maggiore, ruolo sentito da un Jesse Eisenberg mai così incisivo, in uno dei momenti di maggior felicità dello stesso – il periodo seguente la nascita del primogenito, sarà il giusto metodo di fuga dalla drammatica criticità famigliare in cui versano i Reed. Trier si scosta narrativamente viaggiando su binari differenti ma paralleli tra loro, mostrando le storie dei tre personaggi principali dai loro punti di vista e lasciandoli incontrare senza particolari sorprese o sconvolgimenti, rattoppando una trama familiare forata in più punti con pezze troppo vistose, pacchiane nella loro banalità, glissando sulla loro natura e cercando di nasconderle dietro un’abilità registica non indifferente, una fine scaltrezza che impedisce allo spettatore di soffermarsi troppo a lungo su di esse. Louder than bombs è un titolo ricercato nel suo raffinato stile, forse leggermente stemperato in fase di scrittura, un avviso sul grande schermo di come le immagini possano essere più chiassose ed efficaci di tanti ordigni.
Alessandro Sisti

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