venerdì, giugno 03, 2016

WARCRAFT


Warcraft
di Duncan Jones
con Ben Forster, Paula Patton, Travis Fimmel
USA, 2016
genere, fantasy
durata, 123'



Tra le molte suggestioni messe in circolo dall'uscita di “Warcraft” ce n’erano due che risultavano più urgenti di altre. La prima, relativa al soggetto del film che come sappiamo è tratto dai personaggi di un famoso videogame, scaturiva dalla curiosità da parte di milioni di adepti di capire se la trasposizione cinematografica realizzata da Duncan Jones fosse stata in grado di cogliere lo spirito della materia che l’aveva ispirata.  La seconda invece, riguardava proprio il regista del film che, già in odore di culto per due lungometraggi (“Moon” e “Source Code”) di fantascienza realizzati con mezzi da cinema indipendente e comunque capaci di piazzarsi ai vertici delle classifiche stilate dagli appassionati del genere in questione, era chiamato a una confermare la propria fama dimostrandosi in grado di controllare la gigantesca macchina produttiva messa in piedi dalla Universal Pictures (centocinquanta milioni di dollari di costo a fronte dei 5 e dei 30 spesi dal regista per realizzare i film precedenti) assumendosi i rischi connessi con una tipologia di format – espressione del connubio tra cinema e video giochi -  che spesso e volentieri si è rivelato (“Max Payne” e “Prince of Persia ) incapace di conquistare i favori del box-office.




Detto che anche per “Warcraft” valgono le stesse considerazioni espresse in sede di giudizio per altri blockbuster, e cioè che la mancanza dei dati relativi alla tenuta commerciale del film - gli unici in grado di giustificarne l’onerosità degli investimenti - impediscono di formularne una valutazione certa e definitiva, dobbiamo dire che per quanto ci riguarda Duncan Jones si dimostra all’altezza della situazione. In primo luogo perché, pur lavorando su un materiale già codificato, “Warcraft” riesce ad emanciparsi dalla sua fonte presentandosi con le forme di un cinema tecnologico e spettacolare che si serve della sua magnificenza visiva e delle migliori possibilità della computer grahics per supplire alla mancanza di interattività tipica del prodotto da cui prende origine. E ancora più importante perché, alle prese con un genere – il fantasy – oramai inflazionato sia in termini di fantasia (“Il signore degli anelli” e “Avatar” sono ampiamente citati) che di meraviglia, Jones punta sull’empatia del fattore umano, riconducibile in parte alla scelta di facce e di corpi quasi del tutto inediti su questo tipo di palcoscenici. Sarà forse per questo che nella strenua lotta tra il bene e il male, e quindi, tra gli abitanti del regno di Azaroth e l’orda di Orchi intenzionata a conquistarlo, a rimanere nella memoria sono più le inadeguatezze dei vari protagonisti – resa con efficacia da attori scelti per l’adattabilità al ruolo e non per il divismo - che il loro straordinario coraggio. Con i personaggi di Garona (Paula Patton) e di Lothar (Travis Fimmel) destinati a mettere d'accordo l'intero spettro del pubblico pagante.

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