Crusing
di William Friedkin
di William Friedkin
con Al Pacino, Paul Sorvino, Karen Allen
USA, 1980
genere, poliziesco, drammatico, thriller
durata, 106'
Le polveri restano bagnate quel tanto che basta per ricaricare le pile e nel giro di due anni Friedkin è di nuovo sulla ribalta con quello che si rivelerà il suo lavoro più discusso. A incendiare gli animi è la scelta di ambientare Cruising (Cruising, 1980) negli ambienti sadomaso del lower east side newyorkese, idea alla quale si oppone con prolungato dissenso la comunità omosessuale, spaventata all'idea di venire associata allo stile di vita e alle pratiche sessuali descritte nella sceneggiatura che il regista ricava mettendo insieme diverse fonti che comprendono alcuni articoli del Village Voice - dedicati alla misteriose morti di alcuni omosessuali avvenute nel West Village - e l'omonimo libro scritto da Gerald Walker utilizzato come spunto per costruire le premesse dell'indagine poliziesca che vede il poliziotto Steve Burns interpretato da Al Pacino infiltrarsi sotto falso nome nei clube nei locali dove potrebbe aggirarsi il serial killer che sta uccidendo i gay di New York. Una disapprovazione che accompagna l'intera durata delle riprese, osteggiate da dimostrazioni che disturbano la lavorazione con sit- in e lanci d'oggetti.
Se a questo aggiungiamo i tagli delle scene più scabrose e un secondo montaggio a cui Friedkin fu obbligato dalla commissione di censura per poter far uscire la pellicola nelle sale, il rischio più forte è quello di perdere di vista il reale valore, condizionato anche in sede critica, dalle divergenze tra Friedkin e Pacino, con quest'ultimo che sentendosi tradito dalla nuova versione del film si rifiutò di seguirne il lancio, evitando negli anni a venire di menzionarne persino la sua partecipazione. In realtà, le prese di posizione ideologiche e l'ondata di diniego che scaraventano Cruising nell'elenco delle pellicole da mettere al rogo, altro non sono che il risultato di quella scorrettezza politica che fin dal principio è stato il marchio di fabbrica di un cinema che mai come ora si ritrova a fare i conti con se stesso e con un senso di inadeguatezza che lo chiama in causa sia come esponente di una stagione cinematografica - quella del cosiddetto nuovo cinema americano iniziata nel 1968 con "Gangster Story"- oramai esaurita e di cui Cruising, uscito nel 1980, rappresenta una propaggine arrivata fuori tempo massimo, sia come testimone di un periodo storico su cui il film di Friedkin concorre a mettere una pietra tombale con la rappresentazione di un mondo in cui le prospettive ampie e colorate che erano state delle solari città dell'ovest durante l'epoca delle utopie sessantottine si riducono alle concentrazioni e agli intrighi oscuri delle metropoli dell'est dove le stesse vengono inghiottite in un vortice di oscurantismo pessimista e violento (No fun to hang around, feelin' the same old way. No fun to hang around, freaked out for another day - The Stooges).
Uno strappo che "Cruising" rende evidente anche a livello estetico, con le fogge comode leggere, non di rado vistose - a simboleggiare un'istintiva apertura, curiosità, disponibilità corrispondente a una visione rilassata, fiduciosa delle e nelle cose - sostituite da tessuti e linee più rigide e monocromatiche che, dagli stivaletti squadrati alle giacche di pelle più o meno borchiate ai cappellini militari utilizzati nei ritrovi frequentati da Burns, rendono gli abiti una sorta di corazza da opporre a un ambiente nel frattempo diventato insicuro e ostile. Sul piano dei contenuti, Cruising fa segnare un altro passo in avanti nella poetica del regista che infatti si arricchisce di ulteriori valenze psicanalitiche, giustificate dalla scoperta ambiguità, non solo sessuale, del protagonista e che gli permettono di mettere a segno uno dei finali più belli della sua cinematografia grazie al montaggio parallelo che nell'identificazione tra il primo piano del volto di Burns
riflesso sullo specchio e il campo lungo della fidanzata con indosso il travestimento utilizzato dal detective per camuffare la propria identità, porta a conclusione il dualismo tra la componente femminile e quella maschile, con la prima uscita vincitrice dalle pulsioni di morte con cui gli uomini avevano tentato di soffocarla nel corso della vicenda (Take a drag or two, run, run, run. Gipsy death and you. Tell you watcha do. Margherita Passion had to get her fish. She wasn't well, she was gettin' sick - The Velvet Underground). C'è poi la questione legata alla presenza di Pacino che per Friedkin, abituato a non utilizzare star hollywoodiane, potrebbe risultare ingombrante, dato il rischio, tutt'altro che ipotetico, di venire cannibalizzato nella propria ispirazione dall'immaginario dell'attore italo-americano, e che invece si rivela decisiva nel rendere la metamorfosi del personaggio attraverso un concorso di fattori che rimandano ad estetiche che in campo musicale avevano trovato qualche tempo prima una figura di riferimento nel Lou Reed di Transformer di cui lo Steve Burns di Pacino sembra una sorta di alter ego, e soprattutto in quelle tecniche d'immedesimazione tipiche dell'actor's studio che gli consentono di diventare il riflesso di quegli abissi dell'anima esplorati dal cinema friedkiniano. nel corso dell'interno decennio.
Carlo Cerofolini
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