Lady Macbeth
Di William Oldroyd
con Florence Pugh, Cosmo Jarvis, Paul Hilton
UK, 2016
genere, drammatico
durata: 89’
La giovane Katherine vive reclusa in un gelido palazzo isolato in campagna, inchiodata da
un matrimonio di convenienza, evitata dal marito, disinteressato a lei, e tormentata dal
suocero che vuole un erede. La noia e la solitudine forzata spingono Katherine, durante
una lunga assenza del marito, ad avventurarsi tra i lavoratori al loro servizio e ad avviare
una relazione appassionata con uno stalliere senza scrupoli. Decisa a non separarsi mai
da lui, folle d'amore, Katherine è pronta a liberarsi di chiunque si frapponga tra lei e la sua
libertà di amare chi vuole.
Ispirato ad un racconto del russo Nikolaj Leskov, "Una Lady Macbeth del distretto di
Mcensk", modificato radicalmente nell'ultima parte e in alcuni presupposti, e ambientato
nel nord dell'Inghilterra, il film di William Oldroyd è un debutto impressionante, tanto per la
forza del suo impianto visivo quanto per quella del carattere al centro del film.
Ritratto di una dark lady ingenua e perversa, “Lady Macbeth” ci presenta la giovane
Katherine come una donna piena di vita e di sensualità, dolorosamente ignorata dall'uomo
dal cui padre è stata comprata e costretta a reprimere il proprio desiderio fino alla soglia
della depressione. Sullo sfondo, splendido e ironico, di un maniero ottocentesco di sobria
ed affascinante eleganza, fotografato come in una serie ininterrotta di dipinti fiamminghi,
nelle più suggestive condizioni di luce naturale e di candela, la vittima si trasforma in
algida, spietata carnefice. La sua fame si fa ingordigia, la sua determinazione follia, la sua
parola recitazione.
Florence Pugh, attrice britannica di cui non potremo non sentir parlare da questo lavoro in
poi, sfrutta magnificamente l'occasione offertale dal ruolo e diventa tutt'uno con l'ambiente,
restituendone l'apparente immobilità degli interni, il coraggio spregiudicato degli esterni
ventosi, la glacialità degli spifferi.
Shakespeariana nella certezza che il fine autorizzi ogni mezzo, sostenuta, in aggiunta, dal
romanticismo di cui ha accuratamente ammantato la sua fantasia d'amore, Katherine è
cieca di fronte all'evidenza delle cose così com'è insensibile all'odore e impermeabile al
senso di colpa. Ha scelto, aggravando definitivamente il suo ritratto, di non farsi intralciare
dal lavorìo della coscienza, di rimuovere immediatamente ciò che altrimenti finirebbe per
perseguitare, ed è con questa diabolica volontà e con passo leggero e occhioni da
bambina che si avvia verso il delitto ultimo e trascina il film, e noi con lui, verso una scena
insostenibile. Il finale arriva esatto e col giusto tempismo, dietro l'angolo di quella scena, a
dire che tutto è cambiato, anche se tutto è rimasto uguale.
Nessun commento:
Posta un commento