lunedì, novembre 24, 2014
32TFF - N-CAPACE
di e con Eleonora Danco
Il vantaggio del cinema è che in un periodo molto concentrato di tempo si accede velocemente ad una conoscenza che impiegheremmo molto di più a fruire con un altro mezzo di espressione.
In questo caso specifico, davanti alla sincera urgenza di raccontare per immagini che Eleonora Danco offre mettendosi - anche letteralmente - a nudo, l’esperienza può diventare catartica: è tutto lì, a portata di anima, e si può arrivare a cogliere qualcosa di noi lungo il percorso condiviso.
Tutto questo è essenzialmente il primo lungometraggio di Eleonora Danco: poetico, commovente, terapeutico, un film che fa onore al TFF perché ne rappresenta pienamente lo spirito, da un’autrice dotata di quella passione, espressa anche disordinatamente, di quel fuoco sacro che ci si aspetta dagli autori esordienti.
E poi, volendo, che si tratta di un film sull’elaborazione del lutto, sul senso di inadeguatezza, la malinconia per chi è assente, la nostalgia dell’infanzia e dei luoghi dell’infanzia, sul tempo che passa e che cambia tutto. Sulla vita che ci chiede il conto, sui promossi e sui bocciati.
Temi che emergono lungo un viaggio fatto di interviste ad anziani ed adolescenti, dove con sfrontate domande si chiamano tutti a parlare di se, un percorso in cui Eleonora Danco coinvolge il proprio padre e il ricordo della madre scomparsa, come in una terapia di gruppo, confessioni intime che aiutano a recuperare tanti pezzi di se, per scoprire alla fine che il tempo che è passato forse non ha cambiato niente e che l’umanità ruota intorno agli stessi mutevoli principi ed alle stesse mutevoli necessità, dove i corpi sono già polvere e le lacrime bellissime.
Soprattutto, da spettatori facciamo il tifo affinché quel fuoco continui a bruciare, con l'auspicio che la scena della vasca piena di "gentilini" in cui “Anima in pena” è immersa nuda, possa diventare un cult come il barattolo di Nutella in Bianca.
Parsec
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