di: D.Michod
con: J.Frecheville, J.Edgerton, J.Waever, L.Ford, B.Mendelsohn, G.Pearce, S.Stapleton.
- AUS 2010 -
115 min
Da tempo il Cinema aussie sta raccontando la transizione attuale sbirciandola dal particolare punto di vista separato degli antipodi. Transizione tipizzata, come si sa - da quella parte del mondo come da questa - da talmente tanti tratti reiterati e interscambiabili che una sua malaugurata implosione comporterebbe scompensi su scala planetaria. Del resto, lo spartito e' questo, riporta stringate strofe ed un solo ritornello: avidità, attaccamento oramai quasi inconscio al denaro, nessun contatto o sporadico-turistico con l'ambiente naturale vissuto come mero magazzino per l'approvvigionamento di materie prime. E un quieto vivere sinistramente somigliante alla rassegnazione, spesso in conflitto con una condizione gemella ai limiti dell'esclusione sociale che a quella stessa rassegnazione, in fondo, non e' così estranea. Come pure, riduzione del dialogo a livorosa semi-afasia, frantumazione dei rapporti, ricorso alla scorciatoia della violenza, sempre più crudele - questa - sempre più insensata et...
Siffatti temi ben si sposano a narrazioni di ambientazione metropolitana o (con una certa assiduità in Australia) suburbana;
a scampoli di esistenze o fatti consumatisi sul crinale spesso rosso-sangue della cronaca (in quei meandri, a dire, che intrecciano in un viluppo non di rado letale, impotenza, rancori senza sfogo e alienazione): a circoli viziosi che irrobustiscono le spire del crimine e mettono alla prova la resistenza del cosiddetto sistema. Ad uno dei molteplici crocevia di così stringenti e contraddittorie sollecitazioni, s'incontra un film come "Animal kingdom" di David Michod (qui all'esordio nel lungometraggio, alle prese con una vicenda ispirata ad eventi realmente accaduti e il cui ultimo parto, "The rover", e' reperibile su queste pagine) e la figura del giovane protagonista Joshua Cody, detto "J" (Frecheville) - elemento di frattura sul percorso delle oscillazioni di un gigantesco pendolo esistenziale - il nostro - animato nel profondo da un perverso motu proprio entro gli opposti punti limite dell'apatia, da un lato, e della crudeltà, dall'altro - il quale, e siamo solo agli inizi, seduto sul divano di fronte ad uno show televisivo, in attesa che i paramedici si presentino e rimuovano il corpo della madre vinto dall'eroina, si prepara a condensare una manciata di parole che, da li' in avanti, terra' sempre ben presente:Michod - con un accorto uso di movimenti laterali/avvolgenti della mdp - descrive il regno animale di questo aggregato umano, alternando inquadrature (dominate dal contrasto buio/interni, chiarore radente/esterni) che privilegiano i piani ravvicinati, a quelle in cui l'agitarsi nervoso dei singoli s'impone. Lascia, quindi, che l'ansia si accumuli, risolvendola pero' spesso - sottile perfidia - non nell'esplosione cruenta degli antagonismi interni al branco bensì per il tramite della matura leonessa. Janine, madre e nonna che abbraccia e bacia la sua carne qualunque sproposito l'hybris stravolta di questa abbia portato a compimento o stia ancora progettando.
Lo zoofamiliare dei Cody percorre, in tal modo, le linee già tracciate di una stanca ripetizione, cui nemmeno la controparte sana pare davvero opporsi (la Polizia - con al centro delle indagini il determinato sbirro Nathan Leckey/G.Pearce - utilizza con cinica risolutezza metodi non meno ambigui e spietati di quelli che le vengono riservati) eternando una sorta di transumanza a perdere sui sentieri dell'indifferenza e della distruzione di se'.
TFK
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