Due giorni e una notte
di Fratelli Dardenne
con Marion Cotillard, Fabrizio Rongione
Belgio, 2014
genere, drammatico
durata, 95'
Non c'è bisogno della
fantascienza e della sue astronavi per essere visionari. Chiedete ai
fratelli Dardenne, ad esempio, come mai in tempi non sospetti
invece di incorniciare le loro storie in un quadro di pragmatico
ottimismo abbiano preferito guardare in faccia alla realtà dal suo lato
meno appetibile e
più doloroso. Parliamo de "La promesse" e di "Rosetta", girati - a
partire dalla metà degli anni 90- in un
epoca in cui nessuno poteva prevedere il mondo così come lo conosciamo
dopo i fatti dell'11 settembre. Un realismo sviluppato con coerenza e
senza
concessioni per più di un lustro, fino al loro penultimo film, "Il
ragazzo con la bicicletta" che, pur in quadro generale non certo
ottimista, ha dato segni di cambiamento nel tratteggiare la storia di un
abbandono infantile con atmosfere e soluzioni filmiche (il finale del
film per esempio) che sublimavano la pesantezza della
condizione umana con accenti da fiaba contemporanea.
Un
cambio di rotta tutt'altro che drastico ma appunto significativo
rispetto al resto di quella cinematografia, che trova ora conferma nel nuovo
lavoro dei registi belgi. "Due giorni e una notte" infatti a fronte di
una storia nerissima si rivela come una sorta di favola morale, in cui la
crisi che le fa da premessa diventa il motivo di un riscatto ancora
più significativo se prendiamo in considerazione la qualità di conseguenze che, seppur
neutre sul piano della realtà materiale, saranno in grado di aprire scenari di speranza e di nuove consapevolezze. Come si evince fin dal titolo, con la prevalenza numerica del giorno e della luce rispetto alla notte e alla sua oscurità.La trama è presto detta, perchè, come sempre, molto di quello che si compie dentro le storie dei due registi, invece di svilupparsi nelle pieghe degli snodi narrativi, si manifesta nell'evidenza di corpi che si fanno portatori di un tormento interiore espresso attraverso il movimento (ed in questo caso il pedinamento della protagonista da una parte all'altra della città è paradigmatico) e nel confronto verso e con gli altri esseri umani. Tratti che appartengono di diritto a Manu (una bravissima Marion Cotillard), sposata e madre di due figli, indebolita dalle conseguenze di una grave depressione, e prostrata dalla necessità di chiedere ai colleghi di reparto di rinunciare all'aumento contrattuale in favore della sua riassunzione. L' opzione capestro, voluta dai datori di lavoro diventa quasi subito una corsa contro il tempo che il film traduce nella cronaca delle due giornate che separano Manu dalla decisione finale; con gli esiti del conteggio dei voti favorevoli e contrari, direttamente legato agli esiti delle visite a domicilio che la donna effettuerà nell'intento di guadagnarsi l'appoggio degli uni e degli altri. Per certi versi straziante quando, in una guerra tra poveri, mette uno contro l'altro le due facce della stessa medaglia, "Due giorni, una notte" è invece perfetto nell'evitare il rischio agiografico in favore di una celebrazione laica della dignità umana e di un senso di condivisione, capace di rompere lo sterile pessimismo in cui si dibatte molto cinema d'autore. Ancora una volta in controtendenza, e, speriamo, in anticipo sui tempi.
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