Astrosamantha
di Gianluca Cerasola
con Samantha Cristoforetti
Italia, 2015
genere, documentario
durata, 83'
La felicità sul volto dei genitori nel giorno in cui i sogni
dei propri figli verranno a coronarsi. Che sia il conseguimento di una laurea,
il tanto atteso legame matrimoniale, la scoperta di una gravidanza, l’emozione
di un progetto venuto a realizzarsi, questi attimi resteranno impressi nella
memoria. Memoria che Gianluca Cerasola lascia imprimere direttamente nei bit
del file digitale che costituisce l’ossatura di Astrosamantha, un piccolo trattato documentaristico sull’auto realizzazione
di una donna, in primis, che ha perseguito il proprio sogno senza mai tradirlo,
giungendo all’agognata meta, il viaggio spaziale. Quel viaggio che tutti noi,
chi da bambino e chi in età adolescenziale, avremmo voluto avere, almeno una
volta, la possibilità di intraprendere; la Cristoforetti ci conduce all’interno
del proprio miraggio divenuto realtà, lasciandoci assaporare quei momenti di
effimera gioia che sembra sfiorare anche la nostra pelle, sottoposta a costanti
brividi durante le immagini provenienti direttamente dallo spazio, quando una
terra lontanissima dai nostri abituali standard viene ripresa in tutto il suo
immenso potere visivo, sia alla luce del giorno che al calare delle tenebre,
lasciandoci immaginare la Cristoforetti ed il suo team in continua sospensione
sulle nostre vite, aleggiante sulla nostra casa, mentre ci osserva con
crescente curiosità prima di avviarsi alle proprie ricerche. Studi che
dovrebbero essere il motivo scaturente della missione ma che, nella realtà
documentaria costruita dal filmaker, vengono sostituiti dalla continua ricerca
di meraviglia nello spettatore per i paesaggi extra-atmosferici messi in scena,
dalla ricostruzione della vita nella stazione spaziale internazionale vissuta
dal punto di vista di una novellina al primo volo, dalle costanti digressioni
in flashback sulla preparazione degli astronauti alla missione ventura.
Il
torpore che potrebbe provenire da alcuni dialoghi viene smorzato dall’ironia,
spesso involontaria, della cosmonauta italiana che, oltre a ricoprire con
perfezione il ruolo della voce narrante – rimanendo molto più impressa del
voice over di Giannini, fuori luogo e quasi più adatta ad un documentario
naturalistico, si ritrova costretta nella narrazione a simpatiche digressioni
sull’alimentazione a bordo, oltreché sull’analisi dei metodi di deiezione del
gruppo di ricerca che, in altre mani, avrebbero sicuramente scaturito effetti
di trash ai limiti del sopportabile. Il racconto è articolato a blocchi che
sembrano scomparire, tanto abilmente montati, dietro la figura della
Cristoforetti, sfuggente ad ogni tipo di idolatria o divismo, ma unica nel suo
essere contemporaneamente professionale, al servizio del documentario e ricolma
di gioia per l’occasione datale. Dietro alle interviste che si susseguono
frenetiche sulle tv nazionali, ai comunicati stampa schermati dalle vetrate per
la quarantena prima della partenza, si nasconde il volto di una ragazza solcato
da rughe di esultanza spesso contenute a forza, pronte ad esplodere nel momento
del lancio del razzo in direzione della stazione spaziale. Giochiamo con lei
durante gli esperimenti preparatori, saltiamo insieme a lei nella sala priva di
gravità, immaginiamo di levitare oltre le poltrone ed oltrepassare la linea
dell’orizzonte che si profila ai limiti del globo terrestre, partecipando con
lei di questo incredibile viaggio spaziale.
L’accompagnamento musicale sembra
suggerire un tappeto ideale sul quale scivolare solcando i continenti e le
acque terrestri, trasmettendoci l’emotività di cui è prepotentemente impregnata
quest’opera davvero originale; Cerasola non realizza un ritratto propagandistico,
non ne fascistizza l’immagine ma ne esplora ogni lato emotivo, addentrandosi
nell'intimità della donna-astronauta senza mai violarla apertamente. Il
documentario diventa qui film, si miscela nelle forme e negli intenti, emoziona
al pari di un opera volutamente finzionale, turbando anche gli animi più
irremovibili nella loro durezza, trasportando anch'essi nel toccante sogno di
ogni bambino. Anche io, da grande, volevo essere un astronauta, Samantha e Cerasola
hanno realizzato questo nostro capriccio.
Alessandro Sisti