Short Term 12
d Destin Cretton
con Brie Larson, John Gallegher Jr, Rami Malek
USA, 2013
genere, drammatico
durata, 97'
Quasi 10 minuti di applausi e pubblico tutto in piedi per celebrare l'impresa di Destin Cretton, giovane regista americano che ha provocato l'emozione più grande in un concorso iniziato un po' in sordina. Per farlo Cretton si è affidato a un cast di attori pressoché sconosciuti e a una storia di disagio giovanile; un po' dalle parti di Gus Van Sant e dei suoi "ragazzi perduti", un po' in quelle di certo cinema indipendente che utilizza la macchina da presa per sondare i lati oscuri del paesaggio americano. Per non lasciarsi confondere e per meglio tratteggiare i caratteri universali della sua vicenda "Short Terms 12" si colloca lontano dalla metropoli, in un luogo imprecisato e definito più che altro dalla casa famiglia da cui il film prende il titolo, in cui Grace e il fidanzato si prendono cura degli adolescenti che entrano nell'istituto per cercare di sconfiggere il malessere che li divora, nel tentativo di rimetterli sulle frequenze del mondo dal quale voglio scappare. Una vita quotidiana senza un attimo di tregua, espressa attraverso un flusso emotivo che non prevede vie di mezzo: la gioia così come il dolore sono facce della stessa medaglia che Grace (Brie Larson) affronta facendo i conti con un passato non dissimile da quello dei suoi giovani pazienti. L'arrivo di Jayden, quattordicenne scontrosa ma piena di talento lo farà riemergere in maniera drammatica e con sviluppi sconvolgenti.
Il soggetto che Cretton porta sullo schermo è di per sé incandescente e difficile da raccontare, perché il dolore di un'adolescenza maltrattata e ferita, pur nella sua bruciante attualità, continua ad essere oggetto di facile retorica e di una condivisione che sfocia spesso in un paternalismo che non lascia traccia. Qui, invece, a discapito di un intreccio convenzionale, incentrato sull'interazione di un gruppo di persone che cerca di convivere in un'armonia delegittimata da una serie di non detti che pesano come macigni (abusi, abbandono, indifferenza, senso di colpa, inadeguatezza) riesce ad emergere con sorprendente verità il crogiolo di opposte pulsioni che squarcia l'esistenza di un'umanità "interrotta". Cretton con sorprendente finezza psicologica e senza mai calcare la mano nella resa di situazioni che altrove, pensiamo al cinema di Larry Clark ("Marfa Girl", 2012) ma non solo, diventerebbero oggetto di ossessione voyeuristica, riesce a farci sentire la violenza e l'afflizione dei protagonisti in una continua alternanza di stati d'animo e di tensione che i volti degli attori sono capaci di esprimere senza proferir parola. Immerso in una luce delicata e a tratti crepuscolare, girato con stile controllato ma in grado di lasciare spazio ad un'improvvisazione evidente nei continui aggiustamenti della macchina da presa sulla natura recalcitrante e sfuggente dei personaggi, "Short Term 12" compie il suo capolavoro quando dimentica di essere cinema ed inizia a respirare con i battiti dell'esistenza.
Un processo non facile che Cretton riesce a realizzare guardando il mondo con gli occhi dei suoi personaggi, evitanto di scadere nell'accondiscendenza o peggio ancora nella facile sociologia. Un mix di equilibrio e spontaneità che deve molto all'immedesimazione di Brie Larson, da questo momento favorita per il premio come migliore attrice e perfetta nel delineare la lotta interiore di Grace, eroina di un quotidiano faticoso e logorante, in un'altalena di felicità e disperazione. Sviluppato dall'omonimo corto realizzato nel 2009 e vincitore del premio della giuria al Sundance Film Festival, "Short Term 12" è fortemente candidato alla vittoria finale. Al di là di ciò, speriamo lo si possa vedere presto anche in Italia.
pubblicata su ondacinema.it
d Destin Cretton
con Brie Larson, John Gallegher Jr, Rami Malek
USA, 2013
genere, drammatico
durata, 97'
Quasi 10 minuti di applausi e pubblico tutto in piedi per celebrare l'impresa di Destin Cretton, giovane regista americano che ha provocato l'emozione più grande in un concorso iniziato un po' in sordina. Per farlo Cretton si è affidato a un cast di attori pressoché sconosciuti e a una storia di disagio giovanile; un po' dalle parti di Gus Van Sant e dei suoi "ragazzi perduti", un po' in quelle di certo cinema indipendente che utilizza la macchina da presa per sondare i lati oscuri del paesaggio americano. Per non lasciarsi confondere e per meglio tratteggiare i caratteri universali della sua vicenda "Short Terms 12" si colloca lontano dalla metropoli, in un luogo imprecisato e definito più che altro dalla casa famiglia da cui il film prende il titolo, in cui Grace e il fidanzato si prendono cura degli adolescenti che entrano nell'istituto per cercare di sconfiggere il malessere che li divora, nel tentativo di rimetterli sulle frequenze del mondo dal quale voglio scappare. Una vita quotidiana senza un attimo di tregua, espressa attraverso un flusso emotivo che non prevede vie di mezzo: la gioia così come il dolore sono facce della stessa medaglia che Grace (Brie Larson) affronta facendo i conti con un passato non dissimile da quello dei suoi giovani pazienti. L'arrivo di Jayden, quattordicenne scontrosa ma piena di talento lo farà riemergere in maniera drammatica e con sviluppi sconvolgenti.
Il soggetto che Cretton porta sullo schermo è di per sé incandescente e difficile da raccontare, perché il dolore di un'adolescenza maltrattata e ferita, pur nella sua bruciante attualità, continua ad essere oggetto di facile retorica e di una condivisione che sfocia spesso in un paternalismo che non lascia traccia. Qui, invece, a discapito di un intreccio convenzionale, incentrato sull'interazione di un gruppo di persone che cerca di convivere in un'armonia delegittimata da una serie di non detti che pesano come macigni (abusi, abbandono, indifferenza, senso di colpa, inadeguatezza) riesce ad emergere con sorprendente verità il crogiolo di opposte pulsioni che squarcia l'esistenza di un'umanità "interrotta". Cretton con sorprendente finezza psicologica e senza mai calcare la mano nella resa di situazioni che altrove, pensiamo al cinema di Larry Clark ("Marfa Girl", 2012) ma non solo, diventerebbero oggetto di ossessione voyeuristica, riesce a farci sentire la violenza e l'afflizione dei protagonisti in una continua alternanza di stati d'animo e di tensione che i volti degli attori sono capaci di esprimere senza proferir parola. Immerso in una luce delicata e a tratti crepuscolare, girato con stile controllato ma in grado di lasciare spazio ad un'improvvisazione evidente nei continui aggiustamenti della macchina da presa sulla natura recalcitrante e sfuggente dei personaggi, "Short Term 12" compie il suo capolavoro quando dimentica di essere cinema ed inizia a respirare con i battiti dell'esistenza.
Un processo non facile che Cretton riesce a realizzare guardando il mondo con gli occhi dei suoi personaggi, evitanto di scadere nell'accondiscendenza o peggio ancora nella facile sociologia. Un mix di equilibrio e spontaneità che deve molto all'immedesimazione di Brie Larson, da questo momento favorita per il premio come migliore attrice e perfetta nel delineare la lotta interiore di Grace, eroina di un quotidiano faticoso e logorante, in un'altalena di felicità e disperazione. Sviluppato dall'omonimo corto realizzato nel 2009 e vincitore del premio della giuria al Sundance Film Festival, "Short Term 12" è fortemente candidato alla vittoria finale. Al di là di ciò, speriamo lo si possa vedere presto anche in Italia.
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