Party Girl
di Marie Amachoukeli-Barsacq, Claire Burger e Samuel Theis
Francia, 2014
genere, drammatico
durata, 95'
di Marie Amachoukeli-Barsacq, Claire Burger e Samuel Theis
Francia, 2014
genere, drammatico
durata, 95'
Marie Amachoukeli, Claire Burger e Samuel Thesis, giovane
trio francese formatosi presso la prestigiosa scuola di cinema parigina Fémis,
hanno addolcito la sessantasettesima edizione del Festival di Cannes con un
prodotto di rarefatta bellezza e morbida semplicita', vincendo nella categoria Un
certain regard e Camera d'or.
A dispetto di quel che il titolo potrebbe farci credere “Party
Girl” e' la storia di un'adolescente con le rughe, Angélique -l'ironia del
contrappasso- accompagnatrice di professione, che si trova ora a dover
scegliere se accettare una proposta di matrimonio che le consentirebbe di
cambiar vita, o se continuare a perdersi in notti brave con le ragazze del
night, amiche e sorelle.
Al confine -certo- fra Germania e Francia stanno il suo
locale e la sua vita: al confine non sempre cosi' chiaro della terza età' è ormai
giunta, sebbene tutto di lei, dall'aspetto di una moderna "vecchia
imbellettata" all'eloquio colorito, ne palesino la più totale assenza di
consapevolezza.
Che fare?
La pellicola, che non a caso inizia e finisce sulla strada
-ma si badi bene, sempre la stessa- si muove lungo il percorso di redenzione in
cui ci aspetteremmo di accompagnarla e lasciarla, ma solo per rigettarne tutti
i comodi porti che Angélique intravede di fronte a sé.
Forse colmi di quella sicurezza che gli occhi marini della
protagonista palesano in ogni singolo guizzo, i tre coraggiosi registi fanno
vincere l'individualità e l'inclinazione del singolo, intessendo un elogio alla
liberta' di scelta di ciascuno, anche se si tratta di onorare ciò che non e'
moralmente accettato. Notevole come la contrapposizione tra amor sacro e amor
profano obbedisca ad una pudicizia e a un candore cui non siamo certo più
abituati.
Il ritratto di questa moderna eroina che si batte contro
tutti, compresi i quattro figli che suo malgrado sono riusciti ad uscire dalla
giovinezza, e' reso particolarmente efficace e coinvolgente da una narrazione
laica che ricorda a tratti il (neo)realismo dei fratelli Dardenne: sfoggiando
un corpo vero, invecchiato e appesantito dagli anni, Angélique Litzneburger,
incantevole nella sua prima volta come attrice, interpreta se stessa sotto la
direzione del figlio Theis.
Un andamento che flirta col documentario -non a caso forma
del progetto originario- ma si arricchisce della finzione, mostrando ancora una
volta che, per dirla con Wilde, la vita imita l'arte più di quanto l'arte non
imiti la vita.
Erica Belluzzi
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