300-L'alba di un impero
di Noam Munro
con
Usa, 2104
genere, azione, drammatico
durata
Immaginiamo i sentimenti di Noam Munro alla vigilia di un debutto importante come quello che gli si prospetta davanti con l’uscita nelle sale di “300-L’alba di un impero”, seguito, si fa per dire, del seminale “300″ di Zack Snyder, lungometraggio la cui importanza va oltre la contingenze del film ma si apre a prospettive di genere e di stile, che hanno influenzato non poco il cinema che ne è seguito.
Stiamo parlando del connubio tra cinema e fumetto, altrove assorbito con una mimesi cinematografica che della fonte cartacea escludeva quasi completamente l’apporto visivo fornito dalle chine dei disegnatori, e che invece il film di Snyder ( alla pari del Rodriguez di “Sin City”) riportava in primo piano con una plasticità degli sfondi e delle figure umane che ne facevano un tableau vivents dalla doppia natura: pittorica, propria della graphic novel firmata dal grande Frank Miller, e filmica, conseguente alla peculiarità dello strumento utilizzato. Un body double artistico e concettuale che Munro ha ritrovato anche in sede di sceneggiatura, con una storia “parallela” a quella degli eroi delle termopoli. “300- L’alba di un impero” racconta infatti un altro episodio della resistenza greca che si svolge contemporaneamente al sacrificio degli eroi troiani, con la coalizione ellenica capeggiata da Temistocle, impegnata a contrastare la flotta persiana al comando del re Serse, e guidata dalla temibile Artemisia, abile guerriera mossa dal desiderio di vendicare un antico soppruso.
Stesso scenario ed identiche motivazioni che “300-L’alba di un impero” traduce con effetti speciali che saturano la vista dello spettatore disegnando la superficie dello schermo con cieli lividi di rabbia, paesaggi metafisici e contrasti di colore che riportano inevitabilmente ad un desiderio di morte e distruzione che il film nonostante i proclami di un possibile futuro (la democrazia e lo spirito di libertà da una parte, la regalità ed sogno di un impero universale dall’altra) ricerca nella moltiplicazione delle occasioni di conflitto che non riguardano solo il campo di battaglia, ma sono connaturate in un istinto primordiale e collettivo che sembra placarsi solo nello scontro con il nemico, ricercato persino nell’amplesso amoroso -tra Artemisia e Temistocle- che il film si concede deponendo per un attimo le armi. Se l’obiettivo di Munro era quello di un’identificazione che non facesse sentire lo scarto con il modello di partenza, allora il risultato è raggiunto perchè “300-L’alba di un impero” sembra davvero una costola del film di Snyder. Il problema però è che il regista non riesce ad armonizzare la razionalità di una messinscena perfettamente controllata, con la mancanza di inibizione ed il velleitarismo legato ad un impresa – quella di Temistocle e dei suoi valorosi compagni – che non prevede calcoli. Il risultato è un film bello ma privo di pathos. Il paradosso meno adatto per un film che si nutre di mito e di leggenda.
(pubblicato su dreamingcinema.it)
di Noam Munro
con
Usa, 2104
genere, azione, drammatico
durata
Immaginiamo i sentimenti di Noam Munro alla vigilia di un debutto importante come quello che gli si prospetta davanti con l’uscita nelle sale di “300-L’alba di un impero”, seguito, si fa per dire, del seminale “300″ di Zack Snyder, lungometraggio la cui importanza va oltre la contingenze del film ma si apre a prospettive di genere e di stile, che hanno influenzato non poco il cinema che ne è seguito.
Stiamo parlando del connubio tra cinema e fumetto, altrove assorbito con una mimesi cinematografica che della fonte cartacea escludeva quasi completamente l’apporto visivo fornito dalle chine dei disegnatori, e che invece il film di Snyder ( alla pari del Rodriguez di “Sin City”) riportava in primo piano con una plasticità degli sfondi e delle figure umane che ne facevano un tableau vivents dalla doppia natura: pittorica, propria della graphic novel firmata dal grande Frank Miller, e filmica, conseguente alla peculiarità dello strumento utilizzato. Un body double artistico e concettuale che Munro ha ritrovato anche in sede di sceneggiatura, con una storia “parallela” a quella degli eroi delle termopoli. “300- L’alba di un impero” racconta infatti un altro episodio della resistenza greca che si svolge contemporaneamente al sacrificio degli eroi troiani, con la coalizione ellenica capeggiata da Temistocle, impegnata a contrastare la flotta persiana al comando del re Serse, e guidata dalla temibile Artemisia, abile guerriera mossa dal desiderio di vendicare un antico soppruso.
Stesso scenario ed identiche motivazioni che “300-L’alba di un impero” traduce con effetti speciali che saturano la vista dello spettatore disegnando la superficie dello schermo con cieli lividi di rabbia, paesaggi metafisici e contrasti di colore che riportano inevitabilmente ad un desiderio di morte e distruzione che il film nonostante i proclami di un possibile futuro (la democrazia e lo spirito di libertà da una parte, la regalità ed sogno di un impero universale dall’altra) ricerca nella moltiplicazione delle occasioni di conflitto che non riguardano solo il campo di battaglia, ma sono connaturate in un istinto primordiale e collettivo che sembra placarsi solo nello scontro con il nemico, ricercato persino nell’amplesso amoroso -tra Artemisia e Temistocle- che il film si concede deponendo per un attimo le armi. Se l’obiettivo di Munro era quello di un’identificazione che non facesse sentire lo scarto con il modello di partenza, allora il risultato è raggiunto perchè “300-L’alba di un impero” sembra davvero una costola del film di Snyder. Il problema però è che il regista non riesce ad armonizzare la razionalità di una messinscena perfettamente controllata, con la mancanza di inibizione ed il velleitarismo legato ad un impresa – quella di Temistocle e dei suoi valorosi compagni – che non prevede calcoli. Il risultato è un film bello ma privo di pathos. Il paradosso meno adatto per un film che si nutre di mito e di leggenda.
(pubblicato su dreamingcinema.it)
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