Una donna per amica
di Giovanni Veronesi
con Fabio De Luigi, Laetitia Casta,
Italia, 2014
genere, commedia
durata, 90'
Gli occhi e la bocca. Non stiamo parlando di uno dei film più belli di Marco Bellocchio, ma dei dettagli fisiognomici di Laetitia Casta, e in sottordine di Fabio De Luigi, protagonisti del nuovo film di Giovanni Veronesi che il regista ci presenta in una sequenza iniziale fondamentale per comprendere le intenzioni del film. Le immagini infatti ci mostrano un puzzle di dettagli anatomici che insiste sulla bocca voluttuosa dell'attrice francese e di rimando sul viso addormentato di De Luigi che lei sta filmando con un cellulare. Il richiamo a una dimensione ancestrale, il riferimento al desiderio erotico che unisce in modo subliminale i due protagonisti, puntualmente sancito dal montaggio che fa collimare il sonno di Francesco con la bocca semichiusa di Claudia; e infine l'allusione a un voyeurismo simboleggiato dall'occhio videns della donna che fa da cornice a ciò che stiamo guardando, sono i segni di un immaginario esplicito e seducente.
Raccontato in questo modo "Una donna per amica" rischia di apparire più complesso di quello che è, perché in realtà il pacchetto confezionato da Veronesi sembra dimenticare i propositi del lavoro precedente (L'ultima ruota del carro) per assestarsi su un intrattenimento che ammicca alla complicità dello spettatore nel modo più scontato (per esempio gli omaggi maliziosi alle beltà di Valentina Lodovini), evitando accuratamente di tirare in ballo una qualunque ipotesi di analisi socio-culturale. Così, se nel film che aveva aperto il festival di Roma Veronesi ci aveva stupito per la presenza di un paesaggio vivificato da figure in qualche modo significative e da elementi - storici, culturali, addirittura politici- che riscattavano in parte la voglia di disimpegno che ha caratterizzato il cinema del regista toscano, qui siamo nuovamente di fronte al trionfo di uno strapaese vacanziero e festaiolo in cui lavorare è un optional e il disagio sociale, rappresentato dalla sorella di Claudia (una Valeria Solarino in fame chimica), tossicodipendente sulla via del recupero, è presente, ma con funzioni puramente narrative. Che, dobbiamo dire, si rifanno per filo e per segno a uno dei leit motiv del genere, immaginando l'amicizia impossibile tra due tipi umani, Francesco e Claudia, che la sceneggiatura cesella con una complementarietà destinata a combaciare solo dopo una serie di situazioni e vicissitudini monopolizzate da rapporti sentimentali all'insegna dell'incomunicabilità e del tradimento.
Puntando su un intrattenimento divertente e scanzonato, Veronesi ce la mette tutta per costruire una miscela di fascino e simpatia, con Gepy Cucciari e Virginia Raffaele a far da contraltare comico alle generosità prorompenti di Casta e Lodovini. A mancare in questo caso è però la tensione erotica provocata dal mancato soddisfacimento del piacere, quello che nei modelli più riusciti innesca situazioni brillanti e dialoghi al fulmicotone, e che qui risulta invece completamente assente. Cosi facendo Veronesi, con la complicità di Ugo Chiti, finisce per smarrire la centralità del personaggio interpretato dalla Casta, relegata ai margini da una sceneggiatura che perde tempo ad abbozzare figure femminili secondarie, e poi chiamata in causa da inserti che sembrano più una passerella glamour di abilità tecniche, sul tipo di quelle che abbiamo avuto modo di vedere a Sanremo (purtroppo anche qui la Casta conferma la sua predilezione per il ballo) che un momento di performance attoriale. A poco serve il tentativo del pur bravo Fabio De Luigi, lasciato troppo solo, e costretto a una serie di gag non memorabili, come quelle innescate dai tormentoni linguistici che il film gli propone: dapprima con il dialetto intraducibile di una portiera troppo zelante, e poi con l'idioma nervoso e ultraveloce di un'amante occasionale. Debitore di certe atmosfere che ricordano il cinema di Francesco Nuti, di cui però Veronesi non riesce a replicare la stralunata e ruspante poetica, "Una donna per amica" ne ricalca anche gli aspetti promozionali, ora come allora incentrati quasi esclusivamente sulla presenza-immagine della diva straniera. La sensazione è quella di un regista cui gioverebbe una cadenza lavorativa più ragionata e meno presenzialista. Non sempre il mestiere riesce a supplire alla mancanza di ispirazione.
(pubblicata su ondacinema.it)
di Giovanni Veronesi
con Fabio De Luigi, Laetitia Casta,
Italia, 2014
genere, commedia
durata, 90'
Gli occhi e la bocca. Non stiamo parlando di uno dei film più belli di Marco Bellocchio, ma dei dettagli fisiognomici di Laetitia Casta, e in sottordine di Fabio De Luigi, protagonisti del nuovo film di Giovanni Veronesi che il regista ci presenta in una sequenza iniziale fondamentale per comprendere le intenzioni del film. Le immagini infatti ci mostrano un puzzle di dettagli anatomici che insiste sulla bocca voluttuosa dell'attrice francese e di rimando sul viso addormentato di De Luigi che lei sta filmando con un cellulare. Il richiamo a una dimensione ancestrale, il riferimento al desiderio erotico che unisce in modo subliminale i due protagonisti, puntualmente sancito dal montaggio che fa collimare il sonno di Francesco con la bocca semichiusa di Claudia; e infine l'allusione a un voyeurismo simboleggiato dall'occhio videns della donna che fa da cornice a ciò che stiamo guardando, sono i segni di un immaginario esplicito e seducente.
Raccontato in questo modo "Una donna per amica" rischia di apparire più complesso di quello che è, perché in realtà il pacchetto confezionato da Veronesi sembra dimenticare i propositi del lavoro precedente (L'ultima ruota del carro) per assestarsi su un intrattenimento che ammicca alla complicità dello spettatore nel modo più scontato (per esempio gli omaggi maliziosi alle beltà di Valentina Lodovini), evitando accuratamente di tirare in ballo una qualunque ipotesi di analisi socio-culturale. Così, se nel film che aveva aperto il festival di Roma Veronesi ci aveva stupito per la presenza di un paesaggio vivificato da figure in qualche modo significative e da elementi - storici, culturali, addirittura politici- che riscattavano in parte la voglia di disimpegno che ha caratterizzato il cinema del regista toscano, qui siamo nuovamente di fronte al trionfo di uno strapaese vacanziero e festaiolo in cui lavorare è un optional e il disagio sociale, rappresentato dalla sorella di Claudia (una Valeria Solarino in fame chimica), tossicodipendente sulla via del recupero, è presente, ma con funzioni puramente narrative. Che, dobbiamo dire, si rifanno per filo e per segno a uno dei leit motiv del genere, immaginando l'amicizia impossibile tra due tipi umani, Francesco e Claudia, che la sceneggiatura cesella con una complementarietà destinata a combaciare solo dopo una serie di situazioni e vicissitudini monopolizzate da rapporti sentimentali all'insegna dell'incomunicabilità e del tradimento.
Puntando su un intrattenimento divertente e scanzonato, Veronesi ce la mette tutta per costruire una miscela di fascino e simpatia, con Gepy Cucciari e Virginia Raffaele a far da contraltare comico alle generosità prorompenti di Casta e Lodovini. A mancare in questo caso è però la tensione erotica provocata dal mancato soddisfacimento del piacere, quello che nei modelli più riusciti innesca situazioni brillanti e dialoghi al fulmicotone, e che qui risulta invece completamente assente. Cosi facendo Veronesi, con la complicità di Ugo Chiti, finisce per smarrire la centralità del personaggio interpretato dalla Casta, relegata ai margini da una sceneggiatura che perde tempo ad abbozzare figure femminili secondarie, e poi chiamata in causa da inserti che sembrano più una passerella glamour di abilità tecniche, sul tipo di quelle che abbiamo avuto modo di vedere a Sanremo (purtroppo anche qui la Casta conferma la sua predilezione per il ballo) che un momento di performance attoriale. A poco serve il tentativo del pur bravo Fabio De Luigi, lasciato troppo solo, e costretto a una serie di gag non memorabili, come quelle innescate dai tormentoni linguistici che il film gli propone: dapprima con il dialetto intraducibile di una portiera troppo zelante, e poi con l'idioma nervoso e ultraveloce di un'amante occasionale. Debitore di certe atmosfere che ricordano il cinema di Francesco Nuti, di cui però Veronesi non riesce a replicare la stralunata e ruspante poetica, "Una donna per amica" ne ricalca anche gli aspetti promozionali, ora come allora incentrati quasi esclusivamente sulla presenza-immagine della diva straniera. La sensazione è quella di un regista cui gioverebbe una cadenza lavorativa più ragionata e meno presenzialista. Non sempre il mestiere riesce a supplire alla mancanza di ispirazione.
(pubblicata su ondacinema.it)
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