Allacciate le cinture
di Ferzan Ozpetek
con Kasia Smutniak, Francesco Arca, Filippo Schicchitano
Italia, 2014
genere, melò
durata, 110'
L'apertura del film e' impegnativa, con il piano
sequenza che giocando sui
significati di quello che ci aspetta, avanza rasoterra, e poi si alza per
inquadrare i due protagonisti, stretti nel nugolo di persone riparate sotto la
pensilina di una stazione. La sorpresa del temporale, indicata dal
dettaglio sui passi affannanti di viandanti sorpresi dall'improvviso acquazzone, ed
alla ricerca di un
possibile ricovero, si sovrappone alla casualità dell'incontro tra Elena
ed
Antonio, due opposti che si dichiarano tali esasperando i toni della
loro discussione, e che pure, finiranno per innamorarsi senza perdere
le rispettive discrepanze. Ma non basta, perchè la violenza
verbale di quel confronto, sottolinea non solo il carattere indomabile
dei
contendenti, ma stabilisce uno segno imprescindibile del cinema di
Ozpetek che,
alla stregua di una tragedia greca, conferisce alla coralità dei
personaggi il
compito di partecipare in maniera attiva alle vicende dei suoi
protagonisti.
Come testimoniano le immagini che seguono, con il drappello pronto a
parteggiare per uno o per l'altro durante la furiosa querelle.
Dopo quell’inizio circoscritto nello spazio e nel tempo, il
film si apre repentinamente al paesaggio circostante, attraverso i movimenti di
macchina che nel seguire gli spostamenti di Elena, diventano il presagio di un metamorfosi che non tarderà a
verificarsi quando la ragazza, promessa sposa di Giorgio, si innamorerà
follemente di Antonio, nel frattempo diventato il fidanzato della sua
migliore amica. Basterebbe questo per togliere ogni dubbio sulla natura melò di
un film come “Allacciate le cinture”, se non fosse che trattandosi di un'opera
di Ferzan Ozpetek, l'enfasi drammatica si espande e si moltiplica sulle vita
degli altri, con un osmosi che, alla maniera di una famiglia allargata,
coinvolge Fabio, l'amico gay con cui Elena metterà in piedi una fiorente attività imprenditoriale, Paola, madre premurosa e discreta, impegnata in un
ondivago rapporto con una compagna stranulata ed eccentrica, ed infine Egle,
figura esile ma coraggiosa, che a dispetto dello scarso minutaggio che il film le mette a disposizione, si incarica di
rappresentare con il suo approccio positivo alle
sventure dell’esistenza, il nucleo centrale di una poetica che “Allacciate le
cinture” ribadisce in maniera clamorosa, mediante la svolta che ad un certo
cambia le prospettive sui sentimenti che la malattia di Elena aveva
fin li suscitato.
Un meccanismo drammaturgico che il regista turco conosce
alla perfezione, e che però, a differenza di altre occasioni sembra girare con
meno ispirazione. A farne le spese è l'empatia di una storia più costruita che
sentita, con personaggi e situazioni che mancano di vita propria, ed esistono
quasi sempre in funzione di qualcos'altro; e poi la qualità complessiva delle
interpretazioni che, in un quadro generale meno blindato del solito, favorisce mestiere ed
esperienza. Non si può quindi rimanere sorpresi dallo squilibrio tra la
puntualità di attori come, Carla Signoris, Elena Sofia Ricci e Paola Minaccioni
e la fragilità dubbiosa di un'atto inventato come Francesco Arca e, in parte, di Kasia Smutniak. Chi
sperava in una rilancio dopo le incertezze di "Magnifica presenza"
rimarrà deluso.
4 commenti:
e dopo la visione di questo film croce sopra ozpetek e via. dopo la visione si arriva a rivalutare persino "magnifica presenza".
intollerabilmente brutto.
d'accordo con Poison.. e siamo a tre ciofeche consecutive.
Anche io ho pensato a Magnifica presenza facendo la stessa valutazione..certo Ozpetek qui ha raggiunto il suo punto più basso..
nickoftime
IO DICO CHE SONO PERUFFO COL CIUFFO
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