The square- inside the revolution
Jehane Noujaim
Egitto, Usa 2013
durata, 108'
Dopo aver riscosso successo al Sundance Festival e a
Toronto, è approddato nelle anche nelle sale italiane The square- into the
revolution, negli stessi giorni in cui concorre per l'Oscar. Il documentario
racconta gli ultimi tre anni di rivolte in Egitto, quelle cominciate nel 2011
con i 18 giorni di occupazione di piazza Tahrir che portarono alle dimissioni
di Mubarak e poi alla destuituzione del regime militare di Morsi. La regista
Jehane Noujaim segue gli eventi nel loro farsi, racconta i fatti prima che
diventino storia, con il distacco della cronista e la partecipazione di chi ha
vissuto piazza Tahrir come fosse l'ombelico del mondo. La macchina in presa
diretta sempre puntata sulla piazza, rende perfettamente questi due diversi,
forse opposti punti di vista che sembrano completarsi e arricchirsi
vicendevolmente. Così duplice è l'effetto suscitato nello spettatore che pur
avendo l'impressione di assistere ad un telegiornale si sente inspiegabilmente
e inevitabilmente coinvolto negli eventi che vede scorrer davanti a sé, quasi
ne fosse partecipe. Il documentario non porta solo “inside the revolution” ma invita a prendervi parte, a sentire quella lotta
per la democrazia come propria, come improvvisamente urgente e necessaria.
A
moltiplicare un tale effetto di coinvolgimento contribuisce non poco la scelta
di affidare la narrazione a chi è protagonista della rivolta. Non un solo
protagonista (anche se il filo conduttore sembra tenuto da Ahmed Hassan) ma più
co-protagonisti chiamati a rappresentare le diverse anime della rivoluzione.
Punti di vista diversi, a volte contrastanti ma tutti diretti verso un'unica
meta, la democrazia: quello di cui ha bisogno l'Egitto non è una nuova guida ma
una nuova coscienza politica. L'obiettivo potrà essere raggiunto soltanto
unendo le tante menti, le centinaia di volti in “una sola mano”, quel tutto che
pur essendo molteplice si fa uno. La telecamera rende perfettamente il
conflitto tra le diverse individualità e la collettività. Si muove continuamente
tra riprese dall'alto che inquadrano la molteplicità e la varietà delle
presenze nella piazza, puntando sull'impressione che produce la quantità, e le
inquadrature sui singoli, l'attenzione sulle loro riflessioni, sui loro volti.
Le une quanto le altre testimoniano la pluralità di questa rivolta, la sua
complessa tragicità. Il punto di vista è nello stesso tempo quello di chi sta
dentro la piazza, animandola e di chi la racconta, la guardandola dall'alto.
C'è insieme il coinvolgimento e il distacco. Chi è protagonista degli eventi ne
diviene anche narratore quasi che il partecipare produca come conseguenza
necessaria l'esigenza di raccontare. Ben presto questi giovani comprendono
l'importanza di filmare tutto quello che accade per poi diffonderlo, per farlo
conoscere al mondo. Raccontare diventa un modo per riflettere sugli eventi, per
comprenderli meglio. Così i graffiti, sui quali più volte la macchina si
sofferma, diventano una sintesi icastica di quanto accaduto, un raccordo con
quanto deve ancora accadere, un vero e proprio memento, per non dimenticare.
Il documentario attraversa la lunga notte in cui sembra
immerso l'Egitto, in attesa di un'alba che quanto più diventa vicina tanto più
sembra allontanarsi per sprofondare poi nuovamente in un buio, ancor più
profondo. L’oscurità del regime militare che segue alla caduta di quello di
Mubarak. Nel corso di questi tre anni la sola vera protagonista rimane Piazza
Tahrir che simile ad una moderna agorà
rappresenta l'unica concreta possibilità di democrazia, l'unico luogo in cui la
speranza diventa realtà.
Nella piazza c'è prima l'entusiasmo, la determinazione, la
volontà di ottenere la democrazia, poi il sangue dei feriti e dei morti di una
guerra crudele perché fratricida; ed ancora il dolore, la disperazione, la
disillusione ma anche la rabbia e la speranza. Ogni centimetro di piazza
conquistato è un centimetro in più di democrazia acquistato dall'Egitto.
Senza mai essere retorico il documentario realizzato da Jehane
Noujaim ha l'urgenza di una cronaca
di guerra, la necessità della verità, la concretezza di una lotta intensa e
condivisibile, quella per la libertà e la democrazia.
Aretina Bellizzi
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