Chelsea on the Rocks
di Abel Ferrara
Usa, 2008
genere , documentario
durata, 88'
di Abel Ferrara
Usa, 2008
genere , documentario
durata, 88'
L’Hotel Chelsea, illustre alloggio di svariate celebrità -
da Mark Twain a Jimi Hendrix; da Dylan Thomas a Stanley Kubrick; da Frida Kahlo
a Jack Kerouac che, peraltro, lì scrisse
“On the road”, dai più riconosciuto come testamento della beat generation -, situato la seven
e l’eight avenue di Manhattan, viene ripreso dall’occhio dissacrante e
dissacrato di Abel Ferrara.
Barcamenandosi tra testimonianze e racconti - laddove la
realtà è più bizzarra di qualsiasi edulcorata e fittizia immaginazione - di chi
è stato al Chelsea, senza mostrare didascalie che identifichino gli
intervistati e, soprattutto, mescolando scene ricostruite a perle di repertorio
- tutto nel tentativo, sublime e raffinato, di ricreare in chi guarda un’atmosfera
simile a quella respirata da chi l’ha vissuto -, Ferrara immagina, a ragione,
le camere di quell’albergo come un crocevia della morte dal quale sono passati,
necessariamente, tutti coloro che hanno rappresentato il definitivo crepuscolo degl’idoli.
“Tutto quello che
succede nel Mondo succede a New York, tutto quello che succede a New York
succede al Chelsea”.
Luogo di culto, vero e proprio templio di artisti e bohémien - o presunti tali -, gestito da
Stanley Bard - più un mecenate che un gestore d’albergo -, il Chelsea era
effettivamente un microcosmo che viveva il/del costante frantumarsi del sogno
americano - e che, sempre grottescamente al passo coi tempi, ancora vive, vista
la nuova gestione che ne ha cancellato il passato, per quanto controverso,
dedicandosi alla più bieca speculazione -. Parimenti Ferrara, che da attento
osservatore ed analista non si ferma alla mera fascinazione estetica dei
trascorsi all’interno di quelle stanze - più che altro i classici cliché, scontati quanto inevitabili,
ricamati attorno al “sex, drug and rock ‘n’ roll: in particolare qui si
ricalcano le figure trasandate e controverse di Sid Vicious e di Janis Joplin -,
affianca le immagini, accompagnando la parabola del Chelsea parallelamente alla
storia americana contemporanea, del Vietnam e dell’attentato alle Twin Towers: il primo avvenimento che va
di pari passo con gli anni della contestazione, delle lotte per i diritti
civili, del fermento culturale ed artistico - tra i tanti, Arthur C. Clark lì
scrisse “2001-Odissea nello spazio” -; il secondo invece, definitivamente, per
forza di cose, rappresenta il crollo del castello di carte/termine dell’illusione
- come dicevamo sopra, la nuova gestione è mirata in ottica esclusivamente
speculativa, difatti gli abitanti storici che ancora risiedevano al Chelsea
sono stati tutti sfrattati; in precedenza l’Hotel, e Bard in particolar modo,
seppur con tutte le contraddizioni del caso, faceva del dare una mano agli
artisti il proprio unico intento -.
La frase scelta come titolo di quest’articolo - che, per inciso,
Ferrara pone al termine del documentario, messa in bocca ad una Joplin che la
urla camminando spaesata tra i corridoi ormai vuoti dell’albergo - sembra sancire,
quindi, la fine di un’epoca o, più semplicemente, la fine:
Dove sono finiti tutti?
Antonio Romagnoli
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