Sei mai stata sulla Luna?
di Paolo Genovese
con Roul Bova, Liz Solari, Sergio Rubini, Emilio Solfrizzi
Italia, 2015
genere, commedia
durata, 90'
Che la commedia italiana
rappresenti l'anima più commerciale del nostro cinema è un fatto
acclarato. A dirlo sono prima di tutto i numeri che riguardano non solo
l'ingente quantità di biglietti staccati al botteghino ma anche la
grande mole di capitali investiti nello specifico settore. Una tendenza
questa, che non può essere disgiunta dal valore intrinseco dei singoli
film ma che anzi deve essere tenuta in considerazione in sede di analisi
per cercare di valutare al meglio il lavoro di un autore sulla cresta
dell'onda come Paolo Genovese, e di un film, "Sei mai stata sulla
Luna?", che è paradigmatico dei pregi e dei difetti della sua categoria.
Proveniendo
dal mondo della pubblicità, Genovese è un uomo di mestiere nel senso più
stretto del termine, per il fatto di concepire il suo lavoro in
funzione del pubblico e di pensare in termini di immagini. Nel cinema questa
attitudine si è tradotta in una capacità di sintesi e in una chiarezza
di linguaggio che deve molto alla cura del comparto visuale, e in
particolare alla ricchezza di informazioni contenute all'interno della
cornice filmica. "Sei mai stata sulla luna" se ne giova quando si tratta
di caratterizzare un universo fatto di antipodi, con il lusso freddo e
sfarzoso della grande metropoli opposto al colori naif dello
strapaese meridionale e pugliese, come pure nell'enfatizzare le distanze
tra l'attivismo presenzialista e nevrotico di Guia (Liz Solari), la
manager di moda
protagonista della storia, e lo spontaneismo ruspante e un pò gaglioffo
di Tony (Raoul Bova), il fattore della masseria che la donna ha deciso
di mettere in
vendita.
Diversamente, nel momento in cui la storia prende piede, e la
favola della "bisbetica domata" si trasforma in una sorta di apologo
delle vita agreste e delle virtù contadine, con la bellona convertita al
pragmatismo cafone ma sincero del suo aitante pretendente, il film
mostra la sua debolezza, non riuscendo mai a rispondere in termini di
contenuti alla precisione dell'allestimento scenico. Stereotipi e
prevedibilità abbondano in un film che comunque riesce a intrattenere
grazue alla solidità degli attori (Da Sergio Rubini a Emilio
Solfrizzi) chiamati a dar manforte alla fotogenia delle due primedonne.
Ma il punto non è
questo, perchè qui non si tratta di mettere alla gogna un film che
nelle sue premesse popolari e generaliste si porta a casa comunque il
risultato, quanto di fare il punto sull'omologazione di un genere come
quello della commedia, costretto a svendersi per tenere testa
all'inesauribile sete di un mercato schizzofrenico e monotematico. Se
poi aggiugiamo che, sempre più spesso, i campioni d'incasso sono proprio
quei film che sacrificano la confezione all'anarchia (A parte il
fenomeno Zalone ricordiamo gli exploit di Francesco Mandelli e Maccio
Capotonda) allora è evidente che il mercato è saturo e il cambiamento,
necessario.
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