Fondazione Cineteca Italiana presenta:
Xavier Dolan-"Mommy" e 4 anteprime
Laurence Anyways
di Xavier Dolan
con Xavier Dolan,
Canada, Francia 2012
genere, drammatico
durata, 159'
"Laurence Anyways" è il terzo film di Xavier Dolan in soli quattro anni e, nonostante ciò, può essere considerato il suo opus magnum, un’opera di un’incredibile difficoltà registica e narrativa, una vera e propria summa poetica e stilistica, difficilmente conciliabile con la giovane età dell’autore e col tono melò-auto-ironico che aveva caratterizzato le due precedenti pellicole. Laurence (Melvil Poupaud), scrittore e maestro di scuola, porta un nome che in francese è convenzionalmente adatto a entrambi i sessi - da qui il titolo del film.
Dopo alcuni anni di felice convivenza con Fred (nome completo Frédérique, interpretata da Suzanne Clément), Laurence la informa che vuole diventare una donna. Lui non è gay, la rassicura. Lui ama ancora le donne. Lui ama ancora lei, Fred. La loro vita, scandita da una liturgia del quotidiano ormai consolidata e apparentemente appagante, è inquietata dalla regia di Dolan che, grazie a repentini cambi di sonoro ed improvvisi mutamenti di montaggio informa lo spettatore dell’alienazione e della felicità solo apparente in cui vive Laurence. Ancora una volta Dolan crea un linguaggio fatto di riferimenti al mondo dell’arte che da solo basterebbe a spiegare tutta la trama: se una copia della Gioconda – emblema per eccellenza dell’ambiguità – è appesa sopra il letto dei due, i riferimenti a Basquiat, Mauriac e all’omosessualità di Proust sono altrettanto significativi. Vivere nel corpo di un uomo è per Laurence la morte, uno stillicidio che si somma all’espiazione che sente gravare su di sé per il fatto di occupare un corpo che non è il suo. Fred, libera pensatrice, convinta che la sua generazione sia in grado di affrontare anche questo e che non ci sia un limite a nulla, specialmente in amore, accetta la situazione e aiuta Laurence tanto nella sua metamorfosi fisica, quanto nelle prime difficoltà che questi incontrerà sul lavoro e in famiglia. Significativamente egli decide di vestirsi da donna proprio il giorno del compleanno della madre, a cui si presenta con vestiti e trucco eccentricamente femminili. Paradossalmente sarà proprio questa esplosione di sincerità a consentire ai due di ritrovare se stessi e costruire un rapporto finalmente sincero. La parabola dell’amore di Laurance e Fred si sviluppa nell'arco di dieci anni, fra gli alti e i bassi comuni a qualsiasi relazione.
Leitmotiv della pellicola è il continuo tentativo dei protagonisti – incarnazione vivente dell’omnia vincit amor–, di sfidare le regole restando insieme contro ogni evidenza seguendo la logica del cuore e non quella dei costumi socialmente lodevoli. Può l'amore sopravvivere a una tale trasformazione? Sono forse le restrizioni fisiche e i costumi più potenti della misteriosa chimica che attrae due persone? Dolan è in grado di utilizzare una narrazione registica che da sola crea la storia, ovvero di far si che il significante sia autonomamente anche significato. In questo senso il film è un’esplosione di colori, luci, suoni, rumori, dialoghi che scorrono come fiumi in piena, di urla che denunciano la rabbia giovane dei protagonisti e di tutti coloro che vorrebbero essere compresi ma non possono esserlo perché sono racchiusi nella gabbia che madre natura ha dato loro alla nascita. Il film procede intessendo scene, dialoghi, videoclip, scatti surreali e onirici, immagini che divengono metafore dei pensieri dei protagonisti; fili che si intrecciano perfettamente l’un l’altro, fondendosi in un’euritmia narrativa e in un equilibrio registico mirabile. Abbagliante è l’utilizzo del colore che viene associato ad ogni personaggio; basti pensare che il blu – cromia della disperazione, della tristezza ma anche della gelosia- è quasi sempre presente in scena, e non manca mai di caratterizzare la persona di Fred, in opposizione al rosso fuoco dei suoi capelli. Yves Bélanger alla fotografia è in grado di raggiungere livelli di estetismo e perfezione che quasi isolano lo spettatore, incantato da una spasmodica ricerca di bellezza visiva, bombardandone i sensi e le voglie.
Di grande forza espressiva e' la sequenza finale -scandita dalla colonna sonora dei Moderator-, in cui i due protagonisti, dopo anni di lontananza, si ritrovano a Ile aux Noix, a trascorrere qualche ora di spensierata felicita' assieme. Ogni elemento del paesaggio circostante pare celebrare la loro unione, in una danza onirico-surreale in cui dal cielo cadono vesti e tessuti d'ogni sorta, quasi a evidenziare l'eccezionalita' del rapporto che li ha comunque uniti lungo tutta la vita.
Erica Belluzzi
Laurence Anyways
di Xavier Dolan
con Xavier Dolan,
Canada, Francia 2012
genere, drammatico
durata, 159'
"Laurence Anyways" è il terzo film di Xavier Dolan in soli quattro anni e, nonostante ciò, può essere considerato il suo opus magnum, un’opera di un’incredibile difficoltà registica e narrativa, una vera e propria summa poetica e stilistica, difficilmente conciliabile con la giovane età dell’autore e col tono melò-auto-ironico che aveva caratterizzato le due precedenti pellicole. Laurence (Melvil Poupaud), scrittore e maestro di scuola, porta un nome che in francese è convenzionalmente adatto a entrambi i sessi - da qui il titolo del film.
Dopo alcuni anni di felice convivenza con Fred (nome completo Frédérique, interpretata da Suzanne Clément), Laurence la informa che vuole diventare una donna. Lui non è gay, la rassicura. Lui ama ancora le donne. Lui ama ancora lei, Fred. La loro vita, scandita da una liturgia del quotidiano ormai consolidata e apparentemente appagante, è inquietata dalla regia di Dolan che, grazie a repentini cambi di sonoro ed improvvisi mutamenti di montaggio informa lo spettatore dell’alienazione e della felicità solo apparente in cui vive Laurence. Ancora una volta Dolan crea un linguaggio fatto di riferimenti al mondo dell’arte che da solo basterebbe a spiegare tutta la trama: se una copia della Gioconda – emblema per eccellenza dell’ambiguità – è appesa sopra il letto dei due, i riferimenti a Basquiat, Mauriac e all’omosessualità di Proust sono altrettanto significativi. Vivere nel corpo di un uomo è per Laurence la morte, uno stillicidio che si somma all’espiazione che sente gravare su di sé per il fatto di occupare un corpo che non è il suo. Fred, libera pensatrice, convinta che la sua generazione sia in grado di affrontare anche questo e che non ci sia un limite a nulla, specialmente in amore, accetta la situazione e aiuta Laurence tanto nella sua metamorfosi fisica, quanto nelle prime difficoltà che questi incontrerà sul lavoro e in famiglia. Significativamente egli decide di vestirsi da donna proprio il giorno del compleanno della madre, a cui si presenta con vestiti e trucco eccentricamente femminili. Paradossalmente sarà proprio questa esplosione di sincerità a consentire ai due di ritrovare se stessi e costruire un rapporto finalmente sincero. La parabola dell’amore di Laurance e Fred si sviluppa nell'arco di dieci anni, fra gli alti e i bassi comuni a qualsiasi relazione.
Leitmotiv della pellicola è il continuo tentativo dei protagonisti – incarnazione vivente dell’omnia vincit amor–, di sfidare le regole restando insieme contro ogni evidenza seguendo la logica del cuore e non quella dei costumi socialmente lodevoli. Può l'amore sopravvivere a una tale trasformazione? Sono forse le restrizioni fisiche e i costumi più potenti della misteriosa chimica che attrae due persone? Dolan è in grado di utilizzare una narrazione registica che da sola crea la storia, ovvero di far si che il significante sia autonomamente anche significato. In questo senso il film è un’esplosione di colori, luci, suoni, rumori, dialoghi che scorrono come fiumi in piena, di urla che denunciano la rabbia giovane dei protagonisti e di tutti coloro che vorrebbero essere compresi ma non possono esserlo perché sono racchiusi nella gabbia che madre natura ha dato loro alla nascita. Il film procede intessendo scene, dialoghi, videoclip, scatti surreali e onirici, immagini che divengono metafore dei pensieri dei protagonisti; fili che si intrecciano perfettamente l’un l’altro, fondendosi in un’euritmia narrativa e in un equilibrio registico mirabile. Abbagliante è l’utilizzo del colore che viene associato ad ogni personaggio; basti pensare che il blu – cromia della disperazione, della tristezza ma anche della gelosia- è quasi sempre presente in scena, e non manca mai di caratterizzare la persona di Fred, in opposizione al rosso fuoco dei suoi capelli. Yves Bélanger alla fotografia è in grado di raggiungere livelli di estetismo e perfezione che quasi isolano lo spettatore, incantato da una spasmodica ricerca di bellezza visiva, bombardandone i sensi e le voglie.
Di grande forza espressiva e' la sequenza finale -scandita dalla colonna sonora dei Moderator-, in cui i due protagonisti, dopo anni di lontananza, si ritrovano a Ile aux Noix, a trascorrere qualche ora di spensierata felicita' assieme. Ogni elemento del paesaggio circostante pare celebrare la loro unione, in una danza onirico-surreale in cui dal cielo cadono vesti e tessuti d'ogni sorta, quasi a evidenziare l'eccezionalita' del rapporto che li ha comunque uniti lungo tutta la vita.
Erica Belluzzi
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