La scomparsa di Eleanor Rigby
di Ned Benson
con Jessica Chastain, James McAvoy, William Hurt, Isabelle Huppert
Usa, 2014
genere, drammatico
durata, 123'
Di cosa parliamo quando parliamo d'amore. Se lo chiedeva Raymond Carver in uno dei suoi racconti meglio conosciuti e citati ("Birdman" di AG Inarritu si apre proprio con una frase tratta da quest'ultimo). Amare ed essere amati rimane ancora oggi una delle condizioni fondamentali dell'esistenza umana, eppure almeno nel cinema attuale il tentativo di scavare e comprendere questa dimensione emotiva non gode di grande considerazione. A meno che non si tratti di un nume tutelare - pensiamo a Truffaut ma anche a Eric Rohmer, tanto per restare in Francia - i film che ci hanno provato sono stati snobbati sia dalla critica, quasi sempre a disagio quando si tratta di scrivere di una materia che per forza di cose la mette in gioco sul piano più intimo e personale, che dal pubblico, ingolfato di feuilleton televisivi e perciò ansioso di scrollarsi di dosso il surplus ansiogeno prodotto da quel genere di storie, privilegiando i sorrisi e le risate delle nostre cinecommedie.
Solo così si può spiegare l'insuccesso di un film come "La scomparsa di Eleanor Rigby", melodramma sentimentale che viviseziona le cause di un matrimonio ormai finito, ragionando sui motivi di una separazione, quella tra Eleanor e Connor, analizzata secondo i punti di vista, distinti e separati, delle parti in causa. Se il progetto originale prevedeva due diversi lungometraggi (regolarmente presentati al festival di Cannes 67), ognuno dei quali dedicato all'esperienza del singolo personaggio, il film che il pubblico avrà modo di guardare altro non è che una combinazione di entrambi i segmenti, sintetizzati e messi insieme per favorire la distribuzione nelle sale cinematografiche.
Seppur stravolto nel suo intento originale, il film diretto da Ned Benson non manca certo di coinvolgimento, catapultandoci senza troppo tergiversare nel mezzo di un dramma già conclamato, e poi ribadito dal tentato suicidio di Eleanor, salvata per "caso" dal suo istinto di morte e quindi ricoverata presso la casa degli spaventati genitori. In attesa che il destino faccia il suo corso, il film racconta il tentativo di aggrapparsi al ricordo di un amore distrutto dalla perdità di un figlio ma soprattutto descrive "la scomparsa" di quello stato di grazia che aveva accompagnato i momenti più belli di quella relazione.
Una dimensione interiore che il debuttante Ned Benson traduce con una scrittura classica, fatta di riferimenti cinematografici espliciti ("Un uomo e una donna" di Claude Lelouch) di situazioni raccontate in modo minimale (si pensi alla scena, splendida, del tentato suicidio, gestita in un contesto di assoluta quotidianità) e di una disperazione dignitosa e muta. Di certo non possono sfuggire allo spettatore più avvezzo le conseguenze in negativo di un editing così sostanzioso (circa 60' in meno della versione originale) , come lo è per esempio il divario di spessore psicologico tra i due protagonisti e le figure familiari, la cui importanza nell'economia del film è più intuita che dimostrata. Una riduzione che non riesce a scalfiggere la cristallina interpretazione di Jessica Chastain, empatica senza enfasi nel suo ruolo di donna tradita dalla vita. A lei e al suo personaggio va il nostro cuore, e pensiamo, quello delle spettatrici.
di Ned Benson
con Jessica Chastain, James McAvoy, William Hurt, Isabelle Huppert
Usa, 2014
genere, drammatico
durata, 123'
Di cosa parliamo quando parliamo d'amore. Se lo chiedeva Raymond Carver in uno dei suoi racconti meglio conosciuti e citati ("Birdman" di AG Inarritu si apre proprio con una frase tratta da quest'ultimo). Amare ed essere amati rimane ancora oggi una delle condizioni fondamentali dell'esistenza umana, eppure almeno nel cinema attuale il tentativo di scavare e comprendere questa dimensione emotiva non gode di grande considerazione. A meno che non si tratti di un nume tutelare - pensiamo a Truffaut ma anche a Eric Rohmer, tanto per restare in Francia - i film che ci hanno provato sono stati snobbati sia dalla critica, quasi sempre a disagio quando si tratta di scrivere di una materia che per forza di cose la mette in gioco sul piano più intimo e personale, che dal pubblico, ingolfato di feuilleton televisivi e perciò ansioso di scrollarsi di dosso il surplus ansiogeno prodotto da quel genere di storie, privilegiando i sorrisi e le risate delle nostre cinecommedie.
Solo così si può spiegare l'insuccesso di un film come "La scomparsa di Eleanor Rigby", melodramma sentimentale che viviseziona le cause di un matrimonio ormai finito, ragionando sui motivi di una separazione, quella tra Eleanor e Connor, analizzata secondo i punti di vista, distinti e separati, delle parti in causa. Se il progetto originale prevedeva due diversi lungometraggi (regolarmente presentati al festival di Cannes 67), ognuno dei quali dedicato all'esperienza del singolo personaggio, il film che il pubblico avrà modo di guardare altro non è che una combinazione di entrambi i segmenti, sintetizzati e messi insieme per favorire la distribuzione nelle sale cinematografiche.
Seppur stravolto nel suo intento originale, il film diretto da Ned Benson non manca certo di coinvolgimento, catapultandoci senza troppo tergiversare nel mezzo di un dramma già conclamato, e poi ribadito dal tentato suicidio di Eleanor, salvata per "caso" dal suo istinto di morte e quindi ricoverata presso la casa degli spaventati genitori. In attesa che il destino faccia il suo corso, il film racconta il tentativo di aggrapparsi al ricordo di un amore distrutto dalla perdità di un figlio ma soprattutto descrive "la scomparsa" di quello stato di grazia che aveva accompagnato i momenti più belli di quella relazione.
Una dimensione interiore che il debuttante Ned Benson traduce con una scrittura classica, fatta di riferimenti cinematografici espliciti ("Un uomo e una donna" di Claude Lelouch) di situazioni raccontate in modo minimale (si pensi alla scena, splendida, del tentato suicidio, gestita in un contesto di assoluta quotidianità) e di una disperazione dignitosa e muta. Di certo non possono sfuggire allo spettatore più avvezzo le conseguenze in negativo di un editing così sostanzioso (circa 60' in meno della versione originale) , come lo è per esempio il divario di spessore psicologico tra i due protagonisti e le figure familiari, la cui importanza nell'economia del film è più intuita che dimostrata. Una riduzione che non riesce a scalfiggere la cristallina interpretazione di Jessica Chastain, empatica senza enfasi nel suo ruolo di donna tradita dalla vita. A lei e al suo personaggio va il nostro cuore, e pensiamo, quello delle spettatrici.
2 commenti:
Ho avuto modo di vedere i due episodi separati, "Him" ed "Her" all'ultimo Torino Film Festival, che avevo trovato interessanti, preferendo la parte "him". Quindi credo che la visione di "them", per quanto riguarda, potrà attendere...
Sono curioso di vedere l'opera originale e spero di poterlo fare il più presto possibile..
nickoftime
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