Io sto con la sposa
di Antonio Augugliaro, Gabriele Del Grande, Khaled Soliman Al Nassiry
Italia, Palestina
genere, docu-fiction
durata, 89'
Negli scorsi mesi si è fatto un gran parlare di "Io sto con la sposa", film indipendente realizzato da un gruppo di attivisti in lotta per i diritti di migranti e i richiedenti asilo politico.
Peccato che, scemata l'onda dell'entusiasmo radical-alternativo per il film, l'argomento sia praticamente già caduto nel dimenticatoio, e fra cento anni i nostri figli leggeranno sui libri di storia che migliaia di persone sono morte nella speranza di riuscire ad attraversare un mare che è di tutti.
Il 20 ottobre 2013 alla stazione Garibaldi di Milano tre amici al bar, Gabriele del Grande —giornalista e scrittore—, Khaled Soliman Al Nassiry —poeta ed editore— e Tareq Al Jabr —poeta e traduttore—, furono avvicinati da un ragazzo palestinese che chiese loro da quale binario partisse il treno per la Svezia. Dopo avergli risposto che non era previsto alcun treno con quella destinazione, lo interrogarono sulla sua storia, scoprendo così che Abdallah era uno dei pochi superstiti del naufragio di Lampedusa dell'11 ottobre, durante il quale 250 migranti persero la vita o furono dispersi in mare. Lentamente prese forma nei tre amici l'idea di inscenare un matrimonio —d'altronde, chi fermerebbe mai un corte nuziale?— e condurre così Abdallah e altri quattro palestinesi e siriani scampati a Lampedusa, in Svezia, paese che rappresenta un'eccezione europea per quanto concerne la concessione di diritto d'asilo a rifugiati politici.
Trovata la sposa, Tasmin Fared, un'attivista politica amica dei tre registi-i errori del piano, in meno di due settimane crearono una vera e propria troupe cinematografica. È estremamente difficile volere definire "Io sto con la sposa" entro i confini di un qualche genere preciso. Guardando il diario di bordo di questa strana accozzaglia di uomini e donne elegantemente vestiti che attraversano l'Europa in quattro giorni, dal 14 al 18 novembre 2013 col sogno di raggiungere la terra non promessa ma tanto desiderata, abbiamo la sensazione di avere di fronte un documentario, qualcosa di talmente vero che parlarne in germini cinematografici sembra possa macchiarne la veracità. Eppure di questo si tratta: un documentario su un esperimento antropologico, una missione di salvezza, un audace viaggio della speranza che è al contempo una messinscena, un finto corteo matrimoniale utilizzato come mezzo per raggiungere il fine sperato.
A metà strada fra il Road movie e la fiaba sociale, la realizzazione di "Io sto con la sposa" è stata possibile grazie a un capillare processo di donazione da parte di più di centomila sostenitori autonomi che sono venuti a conoscenza del progetto tramite un crowdfunding di Indiegogo.
Certo il film non spicca per brio o scioltezza narrativa, i momenti di stasi sono molti, ma considerando che questo prodotto è unico, che alcuni "attori" recitavano una parte ma al contempo rischiavano la prigione se fossero stati scoperti, che altri tecnici hanno seguito la troupe per tutta Europa, e che siamo di fronte a un prodotto inedito, è una fortuna che possiamo condividere insieme ai suoi protagonisti, questo viaggio sentimentale e di speranza verso una vita migliore.
Erica Belluzzi
di Antonio Augugliaro, Gabriele Del Grande, Khaled Soliman Al Nassiry
Italia, Palestina
genere, docu-fiction
durata, 89'
Negli scorsi mesi si è fatto un gran parlare di "Io sto con la sposa", film indipendente realizzato da un gruppo di attivisti in lotta per i diritti di migranti e i richiedenti asilo politico.
Peccato che, scemata l'onda dell'entusiasmo radical-alternativo per il film, l'argomento sia praticamente già caduto nel dimenticatoio, e fra cento anni i nostri figli leggeranno sui libri di storia che migliaia di persone sono morte nella speranza di riuscire ad attraversare un mare che è di tutti.
Il 20 ottobre 2013 alla stazione Garibaldi di Milano tre amici al bar, Gabriele del Grande —giornalista e scrittore—, Khaled Soliman Al Nassiry —poeta ed editore— e Tareq Al Jabr —poeta e traduttore—, furono avvicinati da un ragazzo palestinese che chiese loro da quale binario partisse il treno per la Svezia. Dopo avergli risposto che non era previsto alcun treno con quella destinazione, lo interrogarono sulla sua storia, scoprendo così che Abdallah era uno dei pochi superstiti del naufragio di Lampedusa dell'11 ottobre, durante il quale 250 migranti persero la vita o furono dispersi in mare. Lentamente prese forma nei tre amici l'idea di inscenare un matrimonio —d'altronde, chi fermerebbe mai un corte nuziale?— e condurre così Abdallah e altri quattro palestinesi e siriani scampati a Lampedusa, in Svezia, paese che rappresenta un'eccezione europea per quanto concerne la concessione di diritto d'asilo a rifugiati politici.
Trovata la sposa, Tasmin Fared, un'attivista politica amica dei tre registi-i errori del piano, in meno di due settimane crearono una vera e propria troupe cinematografica. È estremamente difficile volere definire "Io sto con la sposa" entro i confini di un qualche genere preciso. Guardando il diario di bordo di questa strana accozzaglia di uomini e donne elegantemente vestiti che attraversano l'Europa in quattro giorni, dal 14 al 18 novembre 2013 col sogno di raggiungere la terra non promessa ma tanto desiderata, abbiamo la sensazione di avere di fronte un documentario, qualcosa di talmente vero che parlarne in germini cinematografici sembra possa macchiarne la veracità. Eppure di questo si tratta: un documentario su un esperimento antropologico, una missione di salvezza, un audace viaggio della speranza che è al contempo una messinscena, un finto corteo matrimoniale utilizzato come mezzo per raggiungere il fine sperato.
A metà strada fra il Road movie e la fiaba sociale, la realizzazione di "Io sto con la sposa" è stata possibile grazie a un capillare processo di donazione da parte di più di centomila sostenitori autonomi che sono venuti a conoscenza del progetto tramite un crowdfunding di Indiegogo.
Certo il film non spicca per brio o scioltezza narrativa, i momenti di stasi sono molti, ma considerando che questo prodotto è unico, che alcuni "attori" recitavano una parte ma al contempo rischiavano la prigione se fossero stati scoperti, che altri tecnici hanno seguito la troupe per tutta Europa, e che siamo di fronte a un prodotto inedito, è una fortuna che possiamo condividere insieme ai suoi protagonisti, questo viaggio sentimentale e di speranza verso una vita migliore.
Erica Belluzzi
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