Abbiamo
incontrato Director Kobayashi, Giacomo Berdini e Scott Toler Collins,
rispettivamente regista, sceneggiatore e direttore della fotografia di
“Solo per il week end”.
Si
è discusso, per prima cosa, sulle scelte tecniche/fotografiche che
hanno permesso di caratterizzare visivamente il film. Girato con la red dragon,
l’immagine edulcorata ha permesso a Collins di sviluppare la fotografia
parallelamente al crescendo della sceneggiatura. Non è mancata
occasione per discutere – e concordare – con lui circa la superiorità
tecnica, ad oggi, della pellicola rispetto al mezzo digitale.
Berdini ha invece precisato il lavoro fatto sullo sviluppo dello script,
lavoro caratterizzato da due questioni fondamentali: la prima riguarda
la drammaturgia, che evita sempre uno sviluppo classico/scolastico
diventando sempre imprevedibile, con tutti i pregi ed i rischi che ne
conseguono; la seconda questione riguarda l’umorismo modellato su toni
specificatamente americani – difatti si attinge molto alla comicità
tipica, ad esempio, de “I Simpson” o de “I Griffin” -.
Con
Kobayashi – pseudonimo di Gianfranco Gaioni – il discorso parte dal
processo produttivo che, essendo lui stesso coinvolto in prima persona,
si è rivelato essere, paradossalmente, l’aspetto più semplice di tutti.
Costato meno di un milione di euro – cifra modesta se si considerano la
quantità di location,
attori e comparse – e girato in sei settimane, si pone l’accento su
quanto sia stata divertente la vita sul set, con gli attori resi parte
attiva del processo creativo – anche qui con tutti i rischi che ciò
comporta -. Kobayashi, formatosi nel mondo degli spot pubblicitari, non
nasconde la sua passione nella musica – complici le cuffie beats-solo che
porta sempre appese al collo – e ci confessa di aver ascoltato molto
spesso, prima delle riprese, i brani composti dal bravissimo Stefano
Milella; la componente audio è difatti uno dei punti di forza del film, e
Kobayashi specifica che nel mondo degli spot pubblicitari, non a caso,
l’immagine viene montata sulla musica e non viceversa. Più pessimista,
ma risolvibile in funzione di ciò che si diceva prima, l’approccio
riguardo il circuito distributivo nostrano, problematica che impedisce
ai tanti autori emergenti di avere visibilità – lo stesso film di Gaioni
soffre problemi di natura distributiva -.
Alla
domanda “Cosa fa, in sostanza, un regista?”, Kobayashi risponde che un
regista è semplicemente uno che si diverte a raccontare storie: vista
l’eccezionalità che “Solo per il week-end” rappresenta sul panorama
nazionale, speriamo che il nostro si diverta, e ci faccia divertire,
raccontando molte altre storie.
Antonio Romagnoli
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