Weekend
di Andrew Haigh
con Tom Cullen, Chris New
UK, 2011
genere, drammatico
durata, 96'
In parte per ragioni spiegabili con il successo internazionale di “45 anni”, premiato a Berlino con un doppio riconoscimento ad entrambi gli interpreti, in parte per il dibattito sui contenuti della legge che anche nel nostro paese dovrebbe assicurare parità di diritti alle cosiddette coppie di fatto, capita che l’uscita nelle sale di quello che è stato il primo film di Andrew Haigh, girato nel 2011 e meritoriamente distribuito dalla Teodora a partire dal prossimo giovedì, sembra fatta apposta per restituire il giusto significato all’argomento in questione, ingiustamente svilito dagli opportunismi della lotta politica. Raccontando il breve incontro tra Russell e Glen, conosciutisi per caso in una serata come tante, e pronti a condividere l’intimità delle rispettive esistenze in uno scambio di corpi e di parole, “Weekend” infatti non si limita a mettere in scena il delicato romanticismo d’un amore appassionato e struggente come quello che coinvolge i due ragazzi. Perchè, oltre alla miscela di fatalismo e carnalità che ci si aspetta di vedere in un’attrazione certamente fatale ma anche monca, a causa dell’imminente trasferimento di Glen negli States, “Weekend” non manca di riflettere sulla condizione di solitudine derivata dall’identità sessuale dei protagonisti.
Che, attraverso le rispettive differenze caratteriali – Russell timido e introverso, tende a soffocare i propri sentimenti a differenza di Glen che non perde occasione per esternali in maniera provocante – consentono a Haigh di inquadrare il discorso all’interno di un umanesimo che tiene conto degli aspetti pubblici e privati della questione omosessuale, e che per questo riesce a riprodurre uno spaccato esistenziale se non esaustivo quantomeno realistico del narrato. In linea con quanto distribuito nelle nostre sale, e, per esempio, infinitamente più casto di un film come “Lo sconosciuto del lago”, quello di Haigh seppur schematico nella progressione narrativa ha il pregio di anteporre le emozioni alla militanza, avendo dalla sua una regia che, nella contrapposizione tra l’anonima desolazione del paesaggio urbano e l’accogliente peculiarità degli ambienti famigliari, trova il modo di misurare la distanza dei protagonisti da quel mondo che continua a respingerli.
icinemaniaci.blogspot.com
di Andrew Haigh
con Tom Cullen, Chris New
UK, 2011
genere, drammatico
durata, 96'
In parte per ragioni spiegabili con il successo internazionale di “45 anni”, premiato a Berlino con un doppio riconoscimento ad entrambi gli interpreti, in parte per il dibattito sui contenuti della legge che anche nel nostro paese dovrebbe assicurare parità di diritti alle cosiddette coppie di fatto, capita che l’uscita nelle sale di quello che è stato il primo film di Andrew Haigh, girato nel 2011 e meritoriamente distribuito dalla Teodora a partire dal prossimo giovedì, sembra fatta apposta per restituire il giusto significato all’argomento in questione, ingiustamente svilito dagli opportunismi della lotta politica. Raccontando il breve incontro tra Russell e Glen, conosciutisi per caso in una serata come tante, e pronti a condividere l’intimità delle rispettive esistenze in uno scambio di corpi e di parole, “Weekend” infatti non si limita a mettere in scena il delicato romanticismo d’un amore appassionato e struggente come quello che coinvolge i due ragazzi. Perchè, oltre alla miscela di fatalismo e carnalità che ci si aspetta di vedere in un’attrazione certamente fatale ma anche monca, a causa dell’imminente trasferimento di Glen negli States, “Weekend” non manca di riflettere sulla condizione di solitudine derivata dall’identità sessuale dei protagonisti.
Che, attraverso le rispettive differenze caratteriali – Russell timido e introverso, tende a soffocare i propri sentimenti a differenza di Glen che non perde occasione per esternali in maniera provocante – consentono a Haigh di inquadrare il discorso all’interno di un umanesimo che tiene conto degli aspetti pubblici e privati della questione omosessuale, e che per questo riesce a riprodurre uno spaccato esistenziale se non esaustivo quantomeno realistico del narrato. In linea con quanto distribuito nelle nostre sale, e, per esempio, infinitamente più casto di un film come “Lo sconosciuto del lago”, quello di Haigh seppur schematico nella progressione narrativa ha il pregio di anteporre le emozioni alla militanza, avendo dalla sua una regia che, nella contrapposizione tra l’anonima desolazione del paesaggio urbano e l’accogliente peculiarità degli ambienti famigliari, trova il modo di misurare la distanza dei protagonisti da quel mondo che continua a respingerli.
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