Forever Young
di Fausto Brizzi
con Fabrizio Bentivoglio. Sabrina Ferilli, Teo Teocoli, Stefano Fresi
Italia, 2016
genere: commedia
durata: 95'
Giorgio
è un uomo di quasi cinquant'anni, con una fidanzata che potrebbe essere
sua figlia. Diego è un dj ultracinquantenne, dipendente di Giorgio, che
deve fare largo ad un millennial forte dei suoi milioni di "mi piace".
Angela è una 48enne divorziata che, un po' a sorpresa, si ritrova
coinvolta in una relazione con un 19enne. Franco infine è un
ultrasessantenne che pratica tutti gli sport in maniera ossessiva, in
perenne corsa contro il tempo che passa.
Il
tratto comune è evidentemente quello anagrafico e la caratteristica
dominante di questi baby boomer intorno al mezzo secolo è il loro
rifiuto di venire a patti con l'avanzare dell'età. Ci sono anche
cinquantenni in pace con se stessi, come Stefania, la fisioterapista di
cui Giorgio si innamora, ma a prevalere è la smania di eterna giovinezza
preannunciata dal titolo.
Fausto
Brizzi torna alla regia affrontando, anche da sceneggiatore, uno dei
temi più caldi della contemporaneità, in un'Italia che non fa lascia
spazio ai giovani, ma al contempo non esita a considerare troppo
vecchio chi abbia da poco superato la mezza età. In parte Brizzi riesce
nel suo obiettivo, ma troppo spesso tende a edulcorare gli aspetti più
dolorosi, evitando abilmente l'amarezza e la paura che, invece, sono
intrinseche all'argomento. Contrariamente a "Perfetti sconosciuti", che
rivoltava più e più volte il coltello nella piaga con un'ironia
tragica, "Forever Young" tratta il tema in maniera molto prudente e,
potremmo dire, politically correct. C'è
differenza fra una lettura critica, o una satira sociale, e una
rappresentazione che si accontenta di far sorridere, anziché suscitare
una risata amara.
L'unico
che ha il coraggio di rendersi consapevolmente ridicolo è Bentivoglio:
per questo, forse, l'unica trama che ha un epilogo veramente
interessante è quella che vede protagonista Giorgio. La storia più
divertente, invece, perché veramente grottesca, è la parabola di Diego,
che può contare sulla vis comica
di Lillo e sul sostegno di un cammeo straordinario: quello di Nino
Frassica nei panni di un prelato adibito a misurare la compatibilità di
Diego con un'emittente radiofonica religiosa. Le battute migliori del
film sono quelle che giocano sul contrasto fra vintage e postmoderno:
"Dove lo trovi il tempo di fare la pasta a mano?" "Non ho Facebook". E
da tempo non si sentiva un'allusione sessuale tanto delicata come: "Da
quant'è che non metti la puntina sul vinile?". Ma se il contrasto da
illustrare era quello fra il nuovo che avanza contro il vecchio che non
molla, il linguaggio del racconto avrebbe dovuto essere meno classico e
lo spazio per il nuovo, in termini di soluzioni creative e di coraggio
nell'essere scomodi e sgradevoli, più ampio.
Riccardo Supino
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