sabato, marzo 12, 2016

FOREVER YOUNG

Forever Young
di Fausto Brizzi
con Fabrizio Bentivoglio. Sabrina Ferilli, Teo Teocoli, Stefano Fresi
Italia, 2016
genere: commedia 
durata: 95'


Giorgio è un uomo di quasi cinquant'anni, con una fidanzata che potrebbe essere sua figlia. Diego è un dj ultracinquantenne, dipendente di Giorgio, che deve fare largo ad un millennial forte dei suoi milioni di "mi piace". Angela è una 48enne divorziata che, un po' a sorpresa, si ritrova coinvolta in una relazione con un 19enne. Franco infine è un ultrasessantenne che pratica tutti gli sport in maniera ossessiva, in perenne corsa contro il tempo che passa. 
Il tratto comune è evidentemente quello anagrafico e la caratteristica dominante di questi baby boomer intorno al mezzo secolo è il loro rifiuto di venire a patti con l'avanzare dell'età. Ci sono anche cinquantenni in pace con se stessi, come Stefania, la fisioterapista di cui Giorgio si innamora, ma a prevalere è la smania di eterna giovinezza preannunciata dal titolo. 
Fausto Brizzi torna alla regia affrontando, anche da sceneggiatore, uno dei temi più caldi della contemporaneità, in un'Italia che non fa lascia spazio ai giovani,  ma al contempo non esita a considerare troppo vecchio chi abbia da poco superato la mezza età. In parte Brizzi riesce nel suo obiettivo, ma troppo spesso tende a edulcorare gli aspetti più dolorosi, evitando abilmente l'amarezza e la paura che, invece, sono intrinseche all'argomento. Contrariamente a "Perfetti sconosciuti", che  rivoltava più e più volte il coltello nella piaga con un'ironia tragica, "Forever Young" tratta il tema in maniera molto prudente e, potremmo dire, politically correct. C'è differenza fra una lettura critica, o una satira sociale, e una rappresentazione che si accontenta di far sorridere, anziché suscitare una risata amara. 


L'unico che ha il coraggio di rendersi consapevolmente ridicolo è Bentivoglio: per questo, forse, l'unica trama che ha un epilogo veramente interessante è quella che vede protagonista Giorgio. La storia più divertente, invece, perché veramente grottesca, è la parabola di Diego, che può contare sulla vis comica di Lillo e sul sostegno di un cammeo straordinario: quello di Nino Frassica nei panni di un prelato adibito a misurare la compatibilità di Diego con un'emittente radiofonica religiosa. Le battute migliori del film sono quelle che giocano sul contrasto fra vintage e postmoderno: "Dove lo trovi il tempo di fare la pasta a mano?" "Non ho Facebook". E da tempo non si sentiva un'allusione sessuale tanto delicata come: "Da quant'è che non metti la puntina sul vinile?". Ma se il contrasto da illustrare era quello fra il nuovo che avanza contro il vecchio che non molla, il linguaggio del racconto avrebbe dovuto essere meno classico e lo spazio per il nuovo, in termini di soluzioni creative e di coraggio nell'essere scomodi e sgradevoli, più ampio.
Riccardo Supino

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