Wax - We Are The X
di Lorenzo Corvino
con Jacopo Maria Bicocchi, Gwendolyn Gourvenec, Davide Paganini
Italia, 2014
genere, avventura
durata, 103'
L’indefinito, vacuo sentore di non indispensabilità che
permea la generazione ora a cavallo tra i trenta e i quarant'anni sembra un
riflesso del senso d’impotenza che caratterizza le nuove generazioni, costrette
ad entrare nel mondo della maggiore età tra precarietà lavorativa, crisi
finanziarie e problematiche sentimentali. Tematiche che creano un collante tra
le differenti ondate giovanilistiche, proponendo loro una scelta inevitabile
tra alternative impensabili e lasciando terminare la loro corsa soggiogati alla
logica del servilismo. La generazione x, la vera protagonista del bellissimo
film di Corvino, è una spaurita e
sparuta minoranza che tenta di farsi largo nel marasma generale italiano,
portando avanti una lotta personale e quotidiana contro ogni ostacolo che la
società sembra gettargli lungo il percorso. Qualsiasi sia il proprio settore
d’impiego, la generazione x è costretta a subire ricatti, sotterfugi dei propri
superiori o datori, scorciatoie poco lecite che li vedrà inequivocabilmente
implicati, loro malgrado. Sacrificabili nella loro totalità, vendibili come
merce di scambio al peggior offerente, gli appartenenti a tale categoria si
barcamenano alla costante ricerca di una stabilità irraggiungibile, un lido di
pace interiore ed esteriore che sembra sempre più un’illusione, un miraggio in
un desolato deserto di infelicità. Dario e Livio sono i due esponenti di tale vizio
di forma societatis, un regista ed un factotum di produzione assoldati per
girare uno spot di una nascente azienda automobilistica italiana per conto di
una società di produzione che sembra avere, come di prassi nel cinema , il
rientro economico come unico e imprescindibile scopo. Inviati a Montecarlo per
i sopralluoghi incontreranno Joelle, addetta ai casting in loco, con la quale
legheranno un intenso rapporto e con lei affronteranno le insidie che il lavoro
sembra seminare sul loro cammino.
Corvino alla sua prima regia in un lungo si
butta a capofitto in una storia che sembra avere particolarmente a cuore, una
pagina della vita sociale contemporanea in cui è stato coinvolto lui stesso,
portando sullo schermo una vicenda amara ma tristemente reale. Immerse in una luce che vivifica ed esalta i
colori della Francia, le peripezie dei tre giovani si alternano ad un crescendo
di consapevolezza del loro reale ruolo sia sociale che lavorativo. L’unico
elemento che a tratti può sembrare debole in una struttura narrativa quanto mai
efficace è la cornice, all'interno della quale sono racchiuse le storie dei
ragazzi; il racconto fornito da un perentorio ex-avvocato ad un giornalista
d’inchiesta italiano appare, come è giusto che sia, secondario e quasi
scontato, contrariamente all'intreccio vero e proprio, avvincente pur nella sua
lunga durata. Il ritmo è ben sostenuto da uno stile registico davvero
interessante, originale nell'adozione di punti di vista inusuali ed armamentari
tecnologici di uso domestico, e da un montaggio che riesce nell'intento di non
annacquare un buono script con inutili lungaggini. L’ambientazione francofona è
visivamente appagante, offre scorci naturalistici e artificiali che permettono
alla fotografia di agire su di essi aumentandone l’efficacia in maniera
esponenziale.
Giocando in sede di missaggio, Corvino unisce presa diretta,
suoni diegetici e colonna sonora in un serrato crescendo narrativo, giungendo
al suo apice nella sequenza dell’elicottero quando il montaggio pressa lo
spettatore, intimorendolo con il suono delle eliche in avvitamento e
l’annichilimento di ogni altro sonoro, in maniera simile a quanto poi accadrà
nel pre-finale in cui anche una indicazione luminosa d’emergenza annullerà il
mondo circostante, lasciandoci soli all’interno dell’auto dei ragazzi, in balia
degli avvenimenti che stanno accadendo attorno. Se Sartoretti ed Hauer sono
attori ad utilità limitata nell’impianto filmico e Renzi assurge a deus
ex-machina della situazione, stesso non dicasi dei tre protagonisti, calati a
perfezione nei loro ruoli, pur con leggerissime sbavature, quasi
impercettibili. Il rapporto che viene a formarsi tra i giovani è costantemente
sotto il controllo di Dario, a sua volta manovratore della narrazione tramite i
suoi astrusi metodi di ripresa, e giunge a maturazione nel finale, quando le
carte vengono a scoprirsi e per il curioso trio si aprono nuove prospettive di
vita. La nostalgia che attanaglia Joelle, la sua vita circense e gli amori che
la tormentano fanno da sfondo ad una vicenda ricca di risvolti, importante nel
suo procedere critico nell’asfittica contemporaneità, priva di intenti
moraleggianti ma ammonitrice su un possibile, (s)venturo, futuro.
Alessandro Sisti
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