La macchinazione
di David Grieco
Massimo Ranieri, Libero de Rienzo, Roberto Citran, Matteo Taranto
Italia, 2016
genere, drammatico, thriller, biografico
durata, 100'
Ci
sono titoli di film più efficaci di altri. Quello utilizzato da David
Grieco per tornare a parlare dei misteri che si celano dietro l’omicidio
di Pier Paolo Pasolini appartiene di diritto a questa categoria. Sul
piano commerciale il richiamo al complotto che armò le mani dei
carnefici ha infatti il pregio di chiarire le caratteristiche di
un’offerta che nel ricostruire secondo il punto di vista del regista gli
ultimi giorni dell’intellettuale friulano si presenta nelle vesti di
una vero e proprio thriller, accumulando i pezzi del suo mosaico con il
ritmo e la tensione tipici di un percorso esistenziale – quello di
Pasolini – sospeso tra la vita e la morte. Su quello dei contenuti
invece "La macchinazione" attraverso il sostantivo in questione
sintetizza come meglio non si potrebbe la coincidenza tra l'argomento
del libro – Petrolio - di cui come vediamo nel corso del film Pasolini
si stava occupando prima di morire e che appunto riguardava la scoperta
delle manovre ordite a discapito del paese da parte di un sistema di
potere occulto e colluso e, in senso opposto, la reazione delle persone
che si sentivano minacciati da quelle rivelazioni, culminata per
l'appunto nel piano organizzato per uccidere Pasolini facendone ricadere
la colpa su Pino Pelosi, la cui colpevolezza è definitivamente smontata
dai fatti messi in scena nel film.
Sulla
complessità di una ricognizione intorno alla figura di Pasolini è
inutile dire. A testimoniarlo basterebbe la circospezione con cui il
cinema si è preso cura di rimuovere gli aspetti legati al pensiero e
alla creatività dell’artista, appena lambiti da resoconti interessati
più che altro ad approfondirne i dettagli scandalosi e cronachisti del
privato, quelli che nell’affermazione della sua libertà d’uomo e
d'artista gli costarono la vita. Oltre a questo il film di Grieco doveva
mettere in conto il rischio di arrivare fuori tempo massimo rispetto
alla rappresentazione di un periodo storico – a cavallo tra i sessanta e
i settanta - diventato nel corso degli anni uno dei paesaggi
privilegiati dal filone del crime movie nostrano.
"La macchinazione"
risponde a queste sollecitazioni nel segno di un’eccezionalità che
investe non solo la materia investigativa, mai come questa volta così
precisa nel fare nomi e cognomi della rete cospirativa che fu coinvolta
nell’uccisione di Pasolini ma anche nelle diverse componenti della
messinscena che si avvale tra l’altro dell’interpretazione mimetica di
Massimo Ranieri volutamente tradita dalla decisione di continuare a
parlare con il proprio timbro linguistico e non con quello proprio
delle zone del nord est italico e di una colonna sonora firmata dai
mitici Pink Floyd presenti tra l’altro con la celeberrima Atom Heart già
negata allo Stanley Kubrick di "Arancia Meccanica" e qui essenziale nel
restituire con la sue acide sonorità il viaggio all’inferno del
protagonista. L’opzione divulgativa operata sulla materia narrativa
sacrifica qualcosa alla profondità dei caratteri e degli ambienti ma
alla lunga la passione con cui Grieco si rivolge al suo personaggio,
ritratto in maniera più dolorosa che vitale a testimonianza della
consapevolezza che Pasolini nutriva rispetto agli orizzonti della
propria esistenza, e finanche la qualità delle singole interpretazioni
tra cui oltre a quella di Ranieri vale la pena di ricordare la
straordinaria performance di Matteo Taranto nel ruolo del ferino e
malavitoso Sergio, riescono a colmare le mancanze di un film importante e
necessario.
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