Tiramisù
di Fabio De Luigi
con Fabio De Luigi, Vittoria Puccini, Angelo Duro, Giulia Bevilacqua
Italia, 2016
genere, commedia
durata, 95'
Pensiamo che per un attore di lungo corso l'idea di passare dietro la
macchina da presa costituisca qualcosa di più di un vezzo artistico o
dell'opportunità di sfruttare un momento particolarmente favorevole dal
punto di vista lavorativo. Al contrario diventare regista in età matura e
all'apice del successo personale è il segno di una personalità che non
si accontenta e che in qualche modo sente il bisogno di mettere in
discussione il proprio status quo. In casi come questo
l'interesse dello spettatore è duplice perché oltre a verificare i
risultati di un cambiamento tutt'altro che scontato esiste la curiosità
di scoprire in che misura la nuova forma d'espressione venga influenzata
dal vecchio mestiere. Le sorprese non mancano perché più di
una volta siamo rimasti sorpresi da prove di regia capaci di ribaltare
le aspettative poste in essere dalla carriera d'attore dei novelli
cineasti. Pensiamo ad esempio a Mel Gibson e al suo L'uomo senza volto, apripista di una tetralogia tanto acclamata quanto discussa, e distante anni luce dal mainstream di "Mad Max" e di "Arma letale" oppure, tanto per citare uno dei casi più singolari, all'Edward Norton di "Tentazioni d'amore" che dopo anni di cattive frequentazioni affida
le sorti della sua direzione alla messinscena di un triangolo
sentimentale che nulla ha da spartire con il maledettismo dei suoi
personaggi. Tutto questo per spiegare al lettore i motivi che in parte
hanno reso deludente la visione di "Tiramisù" , opera prima di
Fabio De Luigi, arrivato al debutto con un'esperienza che poteva contare
su una versatilità da commediante affinata da anni di militanza nel
genere in questione - cinepanettoni inclusi - e comprensiva della
scrittura di ben tre sceneggiature.
Caratteristiche che De Luigi
utilizza per raccontare la storia di Antonio Moscati, da lui stesso
interpretato, rappresentante di prodotti farmaceutici che arrivato
sull'orlo del tracollo lavorativo vede aprirsi la strada del successo
grazie alla popolarità riscossa dai dolci della moglie Aurora di cui
l'uomo fa omaggio ai suoi interlocutori. Ora, considerando che nel film
in questione i contenuti relativi alle lusinghe del denaro e
dell'affermazione personale, inseguite dal protagonista anche a costo di
sacrificare gli affetti famigliari, si consumano tutti in superficie,
attraverso il concatenarsi di situazioni esemplari - per esempio quella
del festeggiamenti al ristorante in pieno stile cafonal oppure quella di fantozziana memoria in cui il week end
trascorso a casa del capo si risolve nell'esibizione di
un'incontrollata piaggeria - che non lasciano dubbi sul segno da
attribuire ai vari avvenimenti. E ancora tenuto conto che i ruoli di
secondo piano, monopolizzati da caratteristi di lusso del calibro di
Orso Maria Guerrini, Pippo Franco e Bepo Storti non aggiungono alcun
spessore alla storia ma servono più che altro a far da spalla alla performance
di De Luigi appare chiaro che "Tiramisù" costruisce la propria identità
su una dimensione favolistica che valorizza le movenze cartoonesche del
suo protagonista e che in parte alleggerisce certe zavorre
caricaturali scaturite dagli interventi di Angelo Duro, iena televisiva
trasformata per l'occasione in un lucignolo contemporaneo. Ma il peccato
più grosso di un film come Tiramisù è quello di non riuscire a produrre
uno scarto tra l'attore e il regista, omologati da un prodotto che non
produce sorpresa rispetto a quanto già sapevamo a proposito di Fabio De
Luigi.
pubblicato su ondacinema.it
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