La comune
di Thomas Vinterberg
con Ulrich Thomsen e Trine Dyrholm
Danimarca 2016
genere, drammatico
durata, 111'
di Thomas Vinterberg
con Ulrich Thomsen e Trine Dyrholm
Danimarca 2016
genere, drammatico
durata, 111'
Quando parliamo di un film in termini autoriali lo facciamo nella consapevolezza che
le caratteristiche dell’opera si
pongono in continuità con il resto della filmografia del suo realizzatore. E
questo non perché in qualche modo s’intenda sminuire l’unicità dei singola
esperienza ma al contrario per apprezzare dettagli e sfumature che in mancanza
dei riferimenti presenti nei lavori precedenti rischierebbero di essere compresi in maniera parziale .
Rispetto a quanto detto la carriera di Thomas Vinterberg potrebbe essere paradigmatica perché, riposte nel
cassetto le velleità stilistiche del dogma di cui il nostro fu seguace della prima ora, il danese sembra non
potersi staccare dai temi affrontati nel suo film d’esordio, tornando ogni
volta a raccontare esistenze segnate dall’appartenenza a famiglie disfunzionali
e borghesi. Un leit motiv a cui
La comune, già in concorso
Berlino, aggiunge un nuovo tassello derivato – a testimonianza
dell’identificazione tra opere e cineasti – dal fatto che le vicende raccontate
nel lungometraggio sono la trasposizione di quelle vissute dallo stesso
Vinterberg che, giovanissimo, seguì i propri genitori nell’esperienza di vita
collettiva realizzata secondo i principi sessantottini.
Con i dovuti distinguo, dovuti più che altro ad alcuni
accenni a un contesto storico che entra in campo con le notizie del conflitto
vietnamita di cui si discute all’interno della redazione giornalistica in cui
lavora uno dei protagonisti e, qua e là, da qualche affermazione che prende in
prestito alcune delle idee tipiche del periodo in questione La comune potrebbe
essere per Vinterberg un proseguimento delle puntate precedenti, in questo caso alleggerito nei suoi risvolti più drammatici da quello spirito del
tempo – il 68 - che in qualche
modo giustificava la fluidità dei legami sentimentali. Ed è proprio la
difficoltà di tener fede ai proclami di partenza nel tentativo di conciliare le
ragioni del cuore e quelle degli ideali a fare da sfondo alle vicissitudini di
Erick e Ana, i protagonisti della storia, la cui unione vacilla quando l’uomo
si innamora della sua studentessa e, d’accordo con gli altri membri, decide di
accoglierla all’interno del consesso umano. A differenza di altre volte –
Festen, Il sospetto – Vinterberg, rimasto orfano di verità da scoprire e quindi
di quei meccanismi da thriller esistenziale
che caratterizzavano le sue narrazioni, gioca a carte scoperte, arrivando solo nel finale ad elaborare una
parvenza di senso alle vicende che abbiamo appena visto proiettandole
all’interno dell’ineluttabilità dei comportamenti umani. La comune diventa
quindi un confronto di caratteri e psicologie tenute insieme dalla capacità
degli attori di rendere verosimile il gioco al massacro previsto dalla
sceneggiatura. Debole nella caratterizzazione dei personaggi di secondo piano
La comune brilla per quelle di Erick e Ana nelle quali ritroviamo due vecchie
conoscenze del cinema di Vinterberg come Ulrich Thomsen e Trine Dyrholm.
Quest’ultima meritatamente premiata a Berlino con l’orso d’argento per la
migliore interpretazione femminile.