Cavallo Denaro
di Pedro Costa
con Tito Furtado, Antonio Santos, Vitalina Varela
Portogallo, 2014
genere, drammatico
durata, 104'
Esponente di una forma di cinema "politico" sempre più rara nella costellazione cinematografica, il portoghese Pedro Costa è, nel bene e nel male, un regista fedele a se stesso, al punto da presentarsi a Locarno con un film, "Cavalo Dinheiro", che sembra, la versione lunga dell'episodio firmato dallo stesso autore nell'ambito del film collettivo "Centro Historico" (2012). Come quello, il nuovo lungometraggio racconta per immagini la storia di Ventura, immigrato dalle isole di Capo Verde per lavorare a Lisbona, proprio alla vigilia del colpo di stato militare che, a metà degli anni 70, si propose di dare una svolta democratica e anticolonialista alla politica governativa del paese. Il regista torna a quel periodo con una struttura narrativa che abolisce le logiche della normale progressione narrativa, disintegrando l'unità spazio temporale in un insieme di quadri che hanno il compito di restituirci i sentimenti ma anche le condizioni di vita di chi continua ancora adesso paga le conseguenze di quegli avvenimenti. Il personaggio di Ventura infatti più che se stesso, rappresenta l'incarnazione di una molteplicità di personaggi che individuano la moltitudine di umiliati e offesi dall'ingiustizia di un mondo assurdo.
Certo, il cinema del regista portoghese nel suo assoluto rigore non concede spiegazioni. Tutto deve essere dedotto dagli spunti di un dialogo fatto di frasi lapidarie e spesso criptiche, e da una specifica conoscenza della storia portoghese, a cui fanno riferimento i dettagli di oggetti e delle fotografie su cui la macchina da presa sporadicamente si sofferma. Ad essere evidente è la tipologia delle immagini, composte all'interno di un quadro più piccolo del normale, e caratterizzate da uno stile di ripresa che enfatizza punti di fuga e prospettive anomale, con prevalenza di ombre e recessi poco illuminati a rappresentare una metafisica da oltretomba al quale sembra, così crediamo, appartenere Ventura, Dead Man Walking resuscitato per il tempo necessario a ricordare gli orrori di un sistema che ha tolto anche il niente a chi era già povero. Teatrale e assurdo al tempo stesso, "Cavalo Dinheiro" è cinema destinato a pochi eletti. Il rispetto nei confronti del tema portato avanti da Costa non impedisce però di avanzare dei dubbi su un operazione che di fatto non aggiunge nulla a quanto visto nel medio metraggio del 2012.
di Pedro Costa
con Tito Furtado, Antonio Santos, Vitalina Varela
Portogallo, 2014
genere, drammatico
durata, 104'
Esponente di una forma di cinema "politico" sempre più rara nella costellazione cinematografica, il portoghese Pedro Costa è, nel bene e nel male, un regista fedele a se stesso, al punto da presentarsi a Locarno con un film, "Cavalo Dinheiro", che sembra, la versione lunga dell'episodio firmato dallo stesso autore nell'ambito del film collettivo "Centro Historico" (2012). Come quello, il nuovo lungometraggio racconta per immagini la storia di Ventura, immigrato dalle isole di Capo Verde per lavorare a Lisbona, proprio alla vigilia del colpo di stato militare che, a metà degli anni 70, si propose di dare una svolta democratica e anticolonialista alla politica governativa del paese. Il regista torna a quel periodo con una struttura narrativa che abolisce le logiche della normale progressione narrativa, disintegrando l'unità spazio temporale in un insieme di quadri che hanno il compito di restituirci i sentimenti ma anche le condizioni di vita di chi continua ancora adesso paga le conseguenze di quegli avvenimenti. Il personaggio di Ventura infatti più che se stesso, rappresenta l'incarnazione di una molteplicità di personaggi che individuano la moltitudine di umiliati e offesi dall'ingiustizia di un mondo assurdo.
Certo, il cinema del regista portoghese nel suo assoluto rigore non concede spiegazioni. Tutto deve essere dedotto dagli spunti di un dialogo fatto di frasi lapidarie e spesso criptiche, e da una specifica conoscenza della storia portoghese, a cui fanno riferimento i dettagli di oggetti e delle fotografie su cui la macchina da presa sporadicamente si sofferma. Ad essere evidente è la tipologia delle immagini, composte all'interno di un quadro più piccolo del normale, e caratterizzate da uno stile di ripresa che enfatizza punti di fuga e prospettive anomale, con prevalenza di ombre e recessi poco illuminati a rappresentare una metafisica da oltretomba al quale sembra, così crediamo, appartenere Ventura, Dead Man Walking resuscitato per il tempo necessario a ricordare gli orrori di un sistema che ha tolto anche il niente a chi era già povero. Teatrale e assurdo al tempo stesso, "Cavalo Dinheiro" è cinema destinato a pochi eletti. Il rispetto nei confronti del tema portato avanti da Costa non impedisce però di avanzare dei dubbi su un operazione che di fatto non aggiunge nulla a quanto visto nel medio metraggio del 2012.
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