domenica, aprile 10, 2016

VICTOR - LA STORIA SEGRETA DEL DOTT. FRANKENSTEIN

Victor
Di Paul McGuigan
Con James McAvoy, Daniel Radcliffe
Usa, 2015
genere, drammatico, orrore, fantascienza   
durata, 110’


Se nella cosiddetta contemporaneità lo sviluppo tecnico ha definitivamente preso il sopravvento sull’umana ratio, dalle parti del diciannovesimo secolo la questione era in qualche modo ancora aperta e il romanzo di Shelley aveva rappresentato un radicale punto di svolta nel processo di intendere/vedere lo stato delle cose. 

Il film di McGuigan sembra voler mantenere in parte le premesse fondamentali del romanzo nonostante il totale stravolgimento del tessuto narrativo, il cui incipit vede il dottor Victor Frankenstein liberare dal circo un fenomeno da baraccone – interpretato da un finalmente soddisfacente Daniel Radcliffe – che si dimostrerà essere un genio delle scienze mediche e quindi utilissimo al progetto. La costruzione dei personaggi, dunque, procede su un’interessante linea di ambiguità – McAvoy a tratti ricorda il Robert Downey Jr. di Sherlock Holmes – che è estesa a tutte le fasi drammaturgiche e rende accattivanti anche i momenti ritmicamente più blandi, tutto supportato dal reparto visivo – che perde troppi colpi nel momento della creazione del Mostro e della lotta con quest’ultimo, mentre è di grandissima resa nel risveglio della prima creatura, che per certi versi richiama l’ominide di “Stati di allucinazione” di Ken Russel – sempre accorto a partecipare non solo alle azioni fisiche ma anche ad i movimenti psicologici dei personaggi.


Nonostante le ottime premesse “Victor” ha come principale difetto quello di non sfruttare a proprio favore la potenzialità della materia trattata che, non a caso, aveva reso grande il romanzo originario: seppur si nota un certo tentativo di riattualizzare le questioni bioetiche – si fa addirittura cenno all’utero in affitto – nel film non si avverte quell’incombente sensazione di invasione della natura che Shelley aveva pre-annunciato e che la nostra epoca ha scelleratamente sublimato.
Antonio Romagnoli

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