Desconocido - Resa dei conti
di Dani de la Torre
di Dani de la Torre
con Luis Tosar, Javier Gutierrez, Goya Toledo
Spagna, Francia 2015 -
genere, thriller
durata, 102'
Il cinema come essere in situazione, perpetuo
tentativo di riflessione spettatoriale nel proscenio filmico, sembra
appannaggio non più unicamente del drammatico ma diviene principio
applicabile ad una vasta gamma di sfumature di generi, in grado altresì
di svilupparsi in differenti direttrici a seconda della storia presa in
esame. Desconocido preme a fondo su questo perno ed attorno ad esso
sviluppa tutta la propria carica emotiva, sprigionando un impeto tensivo
raro nel panorama attuale e giocando abilmente con i nervi dello
spettatore quasi fossero corde tese, prima accarezzandoli ed in seguito
strattonandoli, ritraendo la mano, subito dopo la scossa, quasi a
nascondersi. Il naufragio sentimentale di un uomo sembra non essere
l’unica sventura pronta a lastricarne il sentiero vitale; se da una
parte la banca per cui lavora ha navigato negli ultimi tempi in acque
non troppo chiare - costringendolo a rimanere invischiato in tali
pratiche - dall'altra un ordinario accompagnamento dei propri figli
all'istituto scolastico rivela più di una sorpresa. Alla partenza
dell’auto, l’uomo riceve una chiamata da uno sconosciuto che lo avvisa
di aver sistemato una bomba nell'auto, pronta all'esplosione qualora ve
ne fosse occorrenza; Carlos dovrà salvare l’incolumità dei bambini, la
propria, mantenere il proprio lavoro ed evitare il totale tracollo del
proprio legame matrimoniale, il tutto non lasciando mai l’abitacolo ed
impedendosi l’alzata dal proprio sedile, al cui fondo è collegato
l’ordigno. A far da sfondo alla vicenda una cittadina spagnola quasi
anonima, funzionale alla storia unicamente come contenitivo
scenografico, un fondale mobile sul quale far muovere l’azione che
febbrilmente si dipana lungo i cento minuti. El Desconocido è un
congegno ad orologeria ben costruito in sede di regia, ottimamente
coreografato nelle lunghe scorribande cittadine ed abilmente scritto
dall’italiano Alberto Marini, già autore di Bed Time, un atipico
thriller diretto dal Jaume Balaguerò di Rec ed avente tra le fila di
interpreti principali proprio il Luis Tosar qui padre di famiglia. Il
film procede ritmicamente grazie ad un montaggio che alterna alacremente
l’interno dell’auto a ciò che vi accade intorno, erigendovi un
microcosmo capace di intrappolare personaggi dalla sinergia
altalenante.
L’apparentemente tranquillo abitacolo, in cui si ritrovano
a convivere forzosamente padre e figli, si trasforma in una caotica
babele all’esplodere della tensione; qui vi si accumulano voci e
sentimenti e viene stravolta ogni gerarchia familiare precostituita. Il
padre, interpretato con trasporto da Tosar, viene scavalcato nel suo
potere decisionale dallo sconosciuto - un Javier Gutierrez reduce da una
straordinaria performance in La Isla Minima - e pur dinanzi una delle
situazioni di maggior pericolo per la propria prole si ritroverà
costretto al proprio posto guida, impedito nei movimenti e nelle
emozioni, in un immobilismo coatto di enorme impatto per la sua storia
personale. Carlos si ritrova, d’improvviso, solo, lontano dagli allori
familiari sui quali si era adagiato negli ultimi mesi, con le proprie
creature in condizioni critiche ed un legame nuziale giunto ormai al suo
culmine e significativo, nel momento della schermatura tecnologica
utilizzata dalla polizia per neutralizzare l’ordigno, è il gesto che
compie: dopo aver ascoltato le cause di ciò che gli sta accadendo, pur
essendosi assunto le proprie responsabilità, l’uomo protrae le braccia
fuori dal finestrino e lava le proprie mani con la pioggia, quasi
ripulendosi metaforicamente nella coscienza. Prossimo e distante, allo
stesso tempo, da lavori come Locke (per la sua peculiare caratteristica
di ambientazione - quasi - unica) e Io vi troverò (nello spasmodico
tentativo paterno di salvare la propria progenie, pur evirato del
divismo Neesoniano), sembra peccare di eccessiva linearità soprattutto
nella parte centrale, costringendoci ad assistere ad una ricostruzione
impeccabile ma priva di mordente in più punti, lasciandoci con l’amaro
in bocca per l’aver sfiorato l’idea di osare ancora, pur non
riuscendovi. Menzioni di merito vanno alla regia, che si muove
circolarmente ai personaggi quasi a volerne scoprire i sentimenti
reconditi, ed alla giovane figlia di Carlos, in grado di tenere testa al
padre in più punti, quasi a voler ribadire che la ferita gerarchia
familiare potrà risorgere, non a torto, anche grazie a lei.
Alessandro Sisti
1 commento:
Bella recensione! Anche secondo me un film che merita, io c'ho trovato meno difetti di te, credo, e poi quando c'è un Tosar usato così bene divento automaticamente più positivo!
Ho linkato la tua recensione sotto quella che del film ho scritto sul mio blog, spero non ti dispiaccia!
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